Il libro di Simone Arcagni Visioni digitali. Video, web e nuove tecnologie (Einaudi, 2016) è il più completo e insieme agile compendio italiano di tutte le teorie ma soprattutto di tutte le pratiche artistiche, video ludiche e di intrattenimento legate ai nuovi media e alla rivoluzione di questa infosfera, la quarta secondo Luciano Floridi.
Docente universitario, studioso atipico, eccentrico divulgatore, giornalista per Nova del Sole 24h, eclettico narratore dei new media, presente su molte piattaforme di approfondimento, Arcagni ha percorso in questo libro tutti i meandri dei nuovi format digitali, e dei loro intrecci cross mediali, li ha guardati con l’occhio dell’analista, dello scienziato ma anche del giocatore di videogames, del cinefilo 2.0, e ci offre uno spaccato su tutto quello che non avremmo mai immaginato sui media (e non avremmo mai osato chiedere…). Perché appunto, questo libro non solo libera da molti luoghi comuni sulle tecnologie (il Web e internet non sono la stessa cosa, per esempio..) ma ci spiega perché oggi usare i termine “media” è davvero fuori tempo, tanto che come suggeriva Rosalind Krauss sarebbe da “seppellire come tanti altri rifiuti tossici della critica”. Ma ricorda Manovich che il termine persiste, “nonostante l’evidente inadeguatezza del concetto di media, per descrivere la realtà artistica e culturale contemporanea. Persiste per pura inerzia”.
Prendendo spunto anche dai lungimiranti volumi di Lev Manovich, Arcagni ci fa capire cosa significa vivere in epoca di “Software culture ”, ovvero in un’epoca di “media ibridi” e di remix di contenuti, di Alternate Reality Game, di Interactive Dynamic Video tra partecipazione, gioco, interattività, di Videomapping, di Schermi 4K a 8 milioni di pixel, e persino di Web cinema.
Perché non c’è più solo il cinema ma il postcinema, ovvero una galassia in espansione di potenziali narrazioni i cui contenuti si sviluppano a partire da “data” provenienti da diverse fonti e che si declina in mille format, dai web video/web series, agli ambienti interattivi, ai games in realtà aumentata, ai comic book interattivi, amplificando le sue potenzialità comunicative, Se il web apre a nuovi formati di digital storytelling distribuendo frammenti di storie che si ricombinano sul filo dei social, i cellulari oltre a darci risoluzione a 4k, ci permettono visioni a 360° per cui gli ambienti si possono navigare in tutte le sfaccettature, inclinazioni, angolazioni dello spazio.
Nulla di strano, il linguaggio visuale si è arricchito di un repertorio ampio e complesso fatto di applicazioni digitali che chiunque può gestire con un’App: dalle immagini animate gif a quelle Glitch, il cui risultato viene riversato sui vari social in tempo reale riempiendo l’infosfera. Nel libro si parla anche di Social network che non costituiscono più solo oggetto di studio per mediologi spinti ma anche per studiosi di estetica: vale tra tutti l’interesse recente di Manovich per piattaforme come Instagram analizzate come nuove forme culturali e sociali, dai quali lo studioso russo cerca di individuare soggetti, specificità di linguaggio, identità culturale e stile: del resto le statistiche dicono che dal 2013, dopo 3 anni dal suo lancio, questa applicazione ha già avuto qualcosa come 130 milioni di utenti registrati con un numero enorme di immagini condivise in tutto il mondo.
Simone Arcagni con il libro Visioni digitali dà quindi, un quadro preciso della impressionante ragnatela formata dalle nuove forme espressive del contemporaneo tecnologico, un’utilissima mappa ragionata dei nuovi territori narrativi e delle nuove trame connettive in epoca di big data su cui vale la pena sintonizzarsi. Anzi, geolocalizzarsi.
Simone Arcagni, Visioni digitali. Video, web e nuove tecnologie, Einaudi, 2016.
Simone Arcagni è Professore associato presso l’Università di Palermo. Studioso di cinema, media, nuovi media e nuove tecnologie. Collabora con «Nòva – Il Sole 24 Ore», «Oxygen», «Technonews», «Segnocinema» e altre riviste scientifiche e di divulgazione scientifica. Tiene un suo blog (Postcinema) sul sito «Nòva100». Dirige «Screencity Journal» e «EmergingSeries Journal». Membro dell’”International Advisory Board for Web and Transmedia Strategies” del Prix Italia della Rai, è vice-presidente del LUM (Laboratorio Universitario Multimediale) di Palermo e consulente e collaboratore di festival, enti, conferenze, collane editoriali, riviste e fa parte di diversi comitati scientifici nazionali e internazionali.