Il 25 giugno inaugura la mostra di Giacomo Verde alla Spezia, Liberare Arte da Artisti. In attesa del comunicato, del logo e delle informazioni su come raggiungere il CAMeC e sapere cosa sarà allestito al primo piano del museo d’arte contemporanea, seguite l’hashtag #LiberarteArtedaArtistiSp
La mostra su e per il videomaker e artivista #GiacomoVerde alla Spezia non è ancora stata allestita ma è stato creato l’hastag con vari post e highliths e si può già seguire e anche un profilo Instagram @liberareartedaartistisp2022
Da qui è possibile vedere il lavoro in progress degli allestitori all’archivio dell’artista, depositato al Cantiere Sociale di Viareggio “Ri-Creazione”, sede del Collettivo dadaboom che prende il nome proprio da una installazione di Verde all’Officina d’arte viareggina; da questi brevi frammenti, dai video di Instragram è possibile dare uno sguardo fugace alla ricchezza di questo materiale radunato all’indomani della scomparsa dell’artista il 2 maggio 2020 e che non rappresenta solo la storia di un grande artista ma la memoria stessa della videoarte.
Sono infatti depositati nell’archivio i cataloghi U-Tape dal 1983 (l’anno della prima videoesposizione di Verde), tutti i cataloghi delle manifestazioni di videoarte e di arte virtuale dalla metà degli anni Ottanta fino al primo decennio del 2000. C’è poi tutta una libreria straordinaria, la libreria di un vero artivista che collezionava riviste cyberpunk, di politica e di arte, fumetti e grafiche e che conservava con cura i libri dell’amico Antonio Caronia con dedica.
Questo archivio troverà in parte spazio alla mostra della Spezia voluta da un numeroso gruppo di amici artisti, ex studenti, studiosi, curatori, giornalisti. Ma non sarà solo un’esposizione di archivio. La mostra sarà “atipica” come la sua arte. Vi aspettiamo <3
Trasmissione Antivirus TV. “Guardando questo video si possono assumere degli anticorpi contro i poteri negativi della televisione. ….Forse..Si tratta di un vaccino visivo contro i pericoli dell’intossicazione e avvelenamento non solo radioattivo, di immagini elettroniche”.
Così scriveva Giacomo Verde a commento della sua installazione che si componeva di una parte video su tre monitor (con l’avviso di tre pericoli: tossico, velenoso, radioattivo)a loop e di una scultura-scafandro con monitor video impilati per un’altezza di 2.80.
Nella prestigiosa cornice del MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, dal 27 al 29 aprile, oltre 35 artisti digitali nell’insolito ruolo di changemaker sperimentano nuovi processi e sinergie tra tecnologia e arte nella mostra “The power to change the world“.
Il Media Art Festival, l’iniziativa promossa dalla Fondazione Mondo Digitale per esplorare nuove frontiere della cultura e dell’arte, giunge alla sua terza edizione con il focus su “Path Toward Human Sustainability”, dedicato a una sfida cruciale del XXI secolo. Digitale, intelligenza artificiale e genetica sono i settori che stanno registrando le mutazioni più veloci e complesse, trasformando in profondità il modo di produrre e di consumare, anche a livello culturale. L’headline della scorsa edizione “L’arte in un mondo che cambia” diventa “L’arte che cambia il mondo“, grazie anche ai laboratori creativi per lo sviluppo sostenibile, realizzati con la collaborazione di ricercatori, scienziati e maker.
Si consolida la formula del multi-evento, che, oltre alla mostra, affianca a workshop con artisti-attivisti, come l’americano Joseph Delappe, per la prima volta in Italia, percorsi per scuole di ogni ordine e grado. Da settimane infatti giovani artisti italiani lavorano con gli studenti alla realizzazione di opere d’arte inedite da esporre nella tre giorni al Maxxi: un vero e proprio laboratorio di produzione diffusa per avvicinare le nuove generazioni a un uso attivo, innovativo e creativo della tecnologia.
L’evento non solo porta nella capitale artisti e ospiti di rilevanza mondiale, ma è inserito in un prestigioso “sistema di festival internazionali“, come Arctic Biennale di Stavanger e Spectra Aberdeen’s Festival of Light, sostenuti dal Programma Europa Creativa. Un progetto laboratorio unico nel suo genere che ha coinvolto nella realizzazione di opere d’arte presso la Palestra dell’Innovazione gli artisti internazionali del progetto European Light Expression Network – ENLIGHT grazie al contributo della Commissione europea Programma Europa Creativa, delle Residenze d’artista attivate con il Goethe-Institut e del progetto artistico-educativo “Carbon Footprint attraverso le digital art”, realizzato con il sostegno del Miur in collaborazione con il Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma.
Gli artisti sono stati chiamati a produrre progetti e contenuti anche attraverso gli strumenti di fabbricazione digitale della Palestra dell’innovazione della Fondazione Mondo Digitale, in collaborazione con maker, artigiani, musicisti, designer, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di nuove competenze e sinergie tra diverse professionalità.
Sin dall’edizione pilota punto di forza del Media Art Festival è la contaminazione di arti, generi, tecniche, tecnologie e soprattutto pubblici. Per la prima volta, infatti, un evento culturale coinvolge tanti pubblici diversi come protagonisti, interpretando in modo originale la sfida dell’audience development, priorità del programma Europa Creativa.
Il Media Art Festival è un’iniziativa della Fondazione Mondo Digitale realizzata con il supporto della Commissione Europea in partnership con un network “ibrido” di collaborazioni, come ambasciate, aziende ICT, accademie, istituti di cultura, università ecc.
Piemonte Share Festival, la mostra italiana d’elettronica, di arte digitale e di nuovi media annuncia il tema del 10 anno consecutivo del premio Share: Sincerità
Bruce Sterling, scrittore, giornalista, editore e critico sarà il direttore artistico della dodicesima edizione del festival.
La nostra società elettronica ha tante virtù, ma l’opacità’, l’inganno e l’oscurantismo sono tra i suoi vizi.
Per l’edizione del 2017 Share festival alza la lampada di Diogene in cerca di opere artistiche e tecniche che siano oneste.
Come fa un opera d’arte ad essere tecnicamente un successo ma nello stesso tempo lucida, chiara ed affidabile? Come fanno le opere artistiche a togliersi con grazia la mistificazione degli allori, dei fumi, degli specchi e fare di se stesse l’arte della trasparenza? Come fa l’arte tecnologica a trattare il pubblico con giustizia, equità e rispetto per la sua intelligenza coltivata? Chi ha il coraggio emotivo di privilegiare una confessione sincera del cuore rispetto alla dominazione dell’artigianato digitale?
Dal 16 Gennaio al 12 Marzo è possibile iscriversi al Premio utilizzando il form di registrazione presente al fondo.
Share Festival si svolgerà a Torino nella seconda metà di maggio 2017. Una Giuria internazionale selezionerà 6 candidati al premio, che saranno invitati a partecipare alla XII edizione del Piemonte Share Festival alla consueta mostra, che si svolgerà a Torino a fine maggio 2017.
Entro i primi di aprile 2017 saranno resi noti i nomi degli artisti finalisti selezionati dalla giuria internazionale, che sarà annunciata entro fine gennaio 2017.
26 anni di festival, 26 anni alla ricerca della migliore produzione audiovisiva sperimentale in tutto il mondo.
Oltre 3000 artisti presentati. Tendenze, nuove narrazioni, immaginari iperbolici, realismi creativi, sperimentazioni visive, riflessioni contemporanee.
Le #Seduzioni di #Invideo2016 vi aspettano dal 17 al 20 novembre allo #Spazio#Oberdan di Milano.
Volete scoprire la selezione internazionale? Visitate il sitohttp://www.mostrainvideo.com
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26 years of festival, 26 years searching for the best experimental audiovisual production worlwide.
More than 3000 artists presented. Trends, new narratives, hyperbolic imaginary imaginaries, creative realisms, visual experiments, contemporary reflections .
Join the #Seductions of the new #Invideo2016 edition from the 17th to 20th November, #Spazio #Oberdan Milan.
CONVERSAZIONI VIDEO | Edizione 2015Festival Internazionale di Documentari su Arte e Architettura
19 > 23 ottobre | Casa dell’Architettura | Roma
tutte le sere dalle ore 18.00 | INGRESSO GRATUITO
Torna per il terzo anno consecutivo Conversazioni Video – Festival Internazionale di Documentari su Arte e Architettura nella splendida cornice dell’Acquario Romano, sede della Casa dell’Architettura di Roma, dal 19 al 23 ottobre, tutte le sere dalle ore 18.00 ad ingresso gratuito.
Il Festival è organizzato dall’associazione culturale senza fini di lucro Art Doc Festival e promosso dal Comitato Tecnico Scientifico della Casa dell’Architettura.
Il Festival si svolge nell’ambito delle “Risonanze” della Festa Internazionale del Film di Roma, con i patrocini del MiBACT – Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, della Regione Lazio, di Rai Cultura e dell’Inarch/Lazio e con il sostegno di Ceramiche Appia Nuova.
Inoltre, anche quest’anno, Conversazioni Video è stato incluso da Roma Capitale all’interno dell’elenco dei Festival di particolare interesse per la vita culturale della Città di Roma.
Infine, come già accaduto per la scorsa edizione, l’Ordine degli Architetti PPC di Roma e Provincia, riconoscendo la forte componente formativa dei contenuti del Festival ha dato la possibilità di attribuire Crediti Formativi Professionali ai professionisti che assistiteranno alle proiezioni. Per ogni serata sono stati richiesti n. 3 CFP. E’ obbligatoria l’iscrizione online.
Sono quindici i documentari che saranno proiettati nel corso del Festival, scelti tra le più importanti e recenti produzioni documentaristiche cinematografiche e televisive, realizzate nel mondo dal 2012 ad oggi e divisi nelle categorie di “arte” e“architettura”. Produzioni internazionali e nazionali ma anche indipendenti, tutte di assoluta qualità filmica e contenutistica, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico al mondo del documentario in una fusione di linguaggi tra cinema, arte e architettura.
Il programma di quest’anno prevede documentari su architetti e designer come Eileen Gray, Franco Palpacelli, Tobia Scarpa e Pellegrino Tibaldi e sui complessi architettonici del Padiglione Italia per l’Expo 2015 e de l’Ex Arsenale de La Maddalena. E su artisti come Massimo Catalani, Giorgio De Chirico, Jan Fabre, Alberto Garutti, Claes Oldenburg eGiuliano Vangi, solo per citarne alcuni. Inoltre, sarà reso omaggio a Le Corbusier, nel cinquantesimo anniversario della sua morte e ad Alberto Burri nell’anno del suo centenario. Fuori concorso, saranno anche presentati quattro progetti speciali, che mostreranno modalità “altre” di fruizione degli spazi architettonici, riusi creativi di materiali di scarto, nuovi linguaggi applicati all’uso del video.
Tra i documentari in concorso sette, saranno proiettati in anteprima italiana, mentre tutti altri debutteranno per la prima volta sugli schermi romani. Tutti i documentari saranno presentati dagli stessi autori o da esperti del tema trattato dal video.
Ogni film sarà così un’occasione d’incontro e scambio tra il pubblico e gli ospiti che saranno invitati a presentare e introdurre le proiezioni.
La giuria dell’edizione 2015 è composta da Nino Bizzarri, regista, Isabella Di Chio, giornalista Rai, Alfonso Giancotti, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico della Casa dell’Architettura, Antonella Greco, Presidente di Art Doc Festival,Andrea Jemolo, fotografo, Angela Tecce, Direttore del Polo Museale Regionale della Calabria. La giuria assegnerà un premio al miglior documentario di ciascuna categoria. I documentari vincitori saranno proclamati durante l’ultima serata della manifestazione alla quale saranno invitati a partecipare i registi e i produttori delle opere vincitrici.
Per consultare il programma del Festival cliccare qui
“La nuova videoarte italiana: linee di ricerca intermediale nel mondo del software”
selezione dall’archivio del C.A.R.M.A.–Centro d’Arti e Ricerche Multimediali Applicate
a cura di Veronica D’Auria dal 25 febbraio al 1 marzo 2015
Centrale Montemartini, Roma
All’interno del Media Art Festival di Roma C.A.R.M.A. – Centro d’Arti e Ricerche Multimediali Applicate presenta, nella suggestiva location della Centrale Montemartini, “La nuova videoarte italiana: linee di ricerca intermediale nel mondo del software” a cura di Veronica D’Auria.
La selezione, avvenuta tra le opere provenienti dall’archivio del C.A.R.M.A., mostra uno sguardo sulla recente e sfaccettata produzione degli audiovisivi di ricerca in Italia. I lavori presentati, nella loro varietà linguistica, sono accomunati da un uso critico e sperimentale degli strumenti software attualmente disponibili tale da porre in evidenza le capacità di veicolazione di senso insite nei processi di alterazione di frammenti di reale registrato in video e/o di costruzione “fantastica” grazie alle varie possibilità di comporre audiovisioni di “pura” sintesi.
Le opere proposte sono la concretizzazione di ricerche che hanno cercato di interpretare in modi “originali” le nuove possibilità di produzione sorte in seno alla democratizzazione ed il contestuale potenziamento delle tecnologie digitali, quei percorsi che possano dirsi oggi sperimentali (in quanto legate a strumenti nuovi e ancora in piena fase di “scoperta”, soprattutto per quanto concerne gli usi meno standardizzati).
Come sostiene uno dei maggiori protagonisti di questo nuovo e vitale contesto artistico (Lino Strangis: artista intermediale, teorico e direttore di C.A.R.M.A.): «che una nuova serie di circostanze tecniche consegua, quantomeno nel lavoro artistico, la ricerca di “nuove” proposte linguistiche, originali visualizzazioni, inedite esperienze è di importanza fondamentale per lo sviluppo delle stesse facoltà umane ed è inoltre fondamentale che all’uso industriale di detti strumenti si “contrapponga” sempre un approccio più critico, sperimentale, non standardizzato… Questo solo gli artisti possono fare e ce n’è oggi un assoluto bisogno!» La selezione che si propone intende essere quindi una ricognizione tra gli esempi più interessanti di quanto «in questi anni anche gli italiani abbiano partecipato alla costruzione di questo nuovo immaginario», usando, ognuno in modo diverso, gli attuali software di produzione e post produzione audiovisiva. Si è cercato di tener conto esclusivamente di quegli artisti la cui ricerca abbia effettivamente trovato nelle speciali capacità di questi strumenti qualcosa di vitale.
Ci auguriamo che questa antologica possa essere una piccola “dimostrazione” del fatto che, se anche tra mille difficoltà, nel nostro paese c’è chi sta effettivamente contribuendo allo sviluppo di alcuni dei più interessanti campi di ricerca attualmente presenti sul panorama internazionale.
Il Festival presenterà l’esposizione dal titolo “From body to mind. New generation of italian media artists” costituita oltre che dalle opere provenienti dall’archivio di C.A.R.M.A., dai lavori intermediali di 11 artisti italiani (Laboratorio Aye Aye, Alessio Chierico, IOCOSE, Giacomo Lion, Giovanni Mezzedimi, Max Serradifalco, Daniele Spanò, Lino Strangis, Danilo Torre, Dehors/Audela, Simone Pappalardo).
Molte saranno le attività in programma durante la cinque giornate in cui si succederanno workshop, laboratori, tavole rotonde, presentazioni, masterclass e performance nelle tre location coinvolte: la Centrale Montemartini, l’Università Roma Tre e la Palestra dell’Innovazione.
La manifestazione “Media Art Festival. Percorsi tra arte e tecnologie per una creatività solidale”, promossa dalla Fondazione Mondo Digiltale, per la direzione artistica di Valentino Catricalà si basa su una struttura organizzativa di prestigio internazionale presieduta da Tullio De Mauro (comitato scientifico: Stephen Benians, Sean Cubitt, Marco Maria Gazzano, Michele Gerace, Oliver Grau, Sandra Lischi, Enrico Menduni, Alfonso Molina, Stephen Partridge,
Fabio Severino, Gaby Wijers).
Artisti selezione C.A.R.M.A.: Alessandro Amaducci, Alessandro Bavari, Piero Chiariello, Valeria Del Vacchio, Elisabetta Di Sopra, Francesca Fini, Maria Korporal, Igor Imhoff, Salvatore Insana, Eleonora Manca, Pinina Podestà, Arash Radpour, Mauro Rescigno, Lino Strangis.
PALAZZO RISO MUSEO D’ARTE, CORSO VITTORIO EMANUELE 365, PALERMO ORE 9,30
Il Convegno si pone come primario intento quello di proporre una visione complessiva del fenomeno così detto “videoarte” dalle origini ad oggi. Si tratta di una dimensione molto complessa, un mondo particolarmente sfaccettato che proviene da un intreccio di storie linguaggi e tecniche tutt’oggi in piena evoluzione. Partendo dagli anni sessanta saranno illustrate le prime fasi di sperimentazione dei pionieri internazionali della disciplina andando a ricercare le provenienze di questa forma d’arte nella musica, nelle esperienze Fluxus e nel cinema delle avanguardie storiche degli anni dieci e venti. Saranno analizzate le varie mutazioni estetiche che si sono susseguite dalle origini ai giorni nostri con particolare attenzione al passaggio tecnologico da elettronico a digitale e le varie conseguenze sul piano semantico, quello formale e di conseguenza su quello storico artistico. Particolare attenzione sarà data alla storia, all’evoluzione ed all’attuale stato del fenomeno italiano. Si parlerà della videoarte come fenomeno di rete globale con la nascita di festival in tutto il mondo e le esperienze di associazioni, artisti e curatori indipendenti che hanno contribuito alla sua diffusione. La trattazione sarà accompagnata dalla visione di alcune opere.
Il 7 giugno alle ore 18:30 presso VISIVA- La città delle dell’immagine si inaugurerà la mostra Lino Strangis. Pensiero volante non identificato curata da Veronica D’Auria e Valentino Catricalà e prodotta dalla società KAPPABIT S.r.l. (www.kappabit.com) e da C.A.R.M.A.-Centro d’Arti e Ricerche Multimediali Applicate (www.carmaweb.net).
La mostra, parte di un progetto omonimo ideato e realizzato dall’artista, si inserisce all’interno del più ampio contestoMedia Art in Rome (https://www.facebook.com/mediartinrome?fref=ts).
L’evento in questione sarà corredato anche da un catalogo omonimo edito dalla nuova collana CINEMA. Cinema & Media Art delle Edizioni Kappabit, con testi di Valentino Catricalà, Veronica D’Auria, lo storico dell’arte Piero Degiovanni e con un pensiero dell’esperto di arti elettroniche Marco Maria Gazzano.
Il progetto, basato sulla metafora del volo come nuova dimensione mentale, può essere definito un “concept show itinerante” – come lo definisce l’artista stesso –, il quale, inaugurato nella città di Lamezia Terme, luogo di nascita di Strangis, toccherà ora la città di Roma dove questi vive e lavora, per poi proseguire in diverse città italiane ed estere in un “tour modulare” di esposizioni/evento di volta in volta arricchite, differenziate e rimodulate a seconda dello spazio e del contesto.
La struttura del progetto si basa su un doppio intervento che intende presentare da una parte la prima antologica di opere audiovisive monocanale realizzate dall’autore tra il 2007 al 2014 (anch’essa di volta in volta arricchita e rimodulata) con le quali ha partecipato a numerose mostre e festival internazionali ottenendo importanti apprezzamenti nei 5 continenti, e dall’altra una installazione ambientale costituita da videoinstallazioni, video-sculture, stampe digitali, opere di suono e mixed media.
Strangis, oggi considerato da molti uno dei più rappresentativi artisti di ciò che si potrebbe chiamare la nuova videoarte italiana, ha sviluppato nel corso degli ultimi anni un linguaggio audiovisivo originale caratterizzato dall’attraversamento delle più diverse tecniche di composizione oggi esistenti in ambiente digitale ricercando commistioni e confluenze tra i codici “alla ricerca di un linguaggio ulteriore, elaborato tramite il computer interpretato come metamedium capace di intermediare tra arti visive, cinema e musica, praticando tra queste discipline nuove commistioni formali e semantiche nello stesso tempo”.
Perno stabile dell’installazione sarà il video omonimo del progetto, il quale sarà presentato a Roma nella sua terza e definitiva versione ufficiale, da questo e altri video Strangis ha estrapolato vari frame per realizzare dei quadri digitali caratterizzati dall’utilizzo di software di post-produzione video e animazione in 2 3D (i medesimi usati per la realizzazione delle opere audiovisive) oltre che, come afferma l’artista, un “laboratorio di opere derivate nel quale una volta intrecciatisi i vari linguaggi cerco di recupararne ancora una volta l’origine ri-avvicinando alcuni momenti del processo totale al loro stadio iniziale e riscoprendoli irrimediabilmente mutati.”
Lino Strangis. Pensiero volante non identificato
dal 7 al 13 giugno 2014 – dal Lunedì al Venerdì ore 11:00 – 19:00; Sabato e Domenica su appuntamento
Sono aperte le iscrizioni a INVIDEO – 24° Mostra internazionale di video e cinema oltre (Milano, 29 ottobre – 3 novembre 2014), riservata a opere di videoarte e cinema sperimentale prodotte tra il 2012 e il 2014, senza limiti di durata.
E per i giovani registi la possibilità di partecipare al Premio Under 35!
Questa e-mail viene inviata a tutti gli iscritti alla newsletter di A.I.A.C.E. nel rispetto dell’articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – Codice della Privacy. Se non vuoi più riceverla per favore clicca qui.
A.I.A.C.E. c/o Fabbrica del Vapore. Via Procaccini, 4. 20154 Milano – Italy
Si chiama AREAVIDEO ed è un progetto ideato dal duo di videomaker MASBEDO per promuovere l’attività di artisti video, emergenti e affermati. E’ pensato come luogo fisico e come piattaforma che crea comunicazione, offre spazi di visibilità, diffonde e mette in rete gruppi, contesti, ambiti di lavoro per contrastare -si legge nel comunicato- l’arida e superata idea di arte in Italia.
AREAVIDEO è una associazione che fa capo al curatore LUCA BRADAMANTE. Tra gli obiettivi dichiarati, c’è l’organizzazione di seminari, festival, incontri e la produzione di opere d’arte. E’ possibile iscriversi all’associazione sostenendo in questo modo, l’attività di AREAVIDEO. Un’occasione imperdibile per
La prima artista che esporrà dall’imbrunire a mezzanotte del 20 febbraio all’interno di AREAVIDEO è la giovane fotografa e videomaker svizzera ESTHER MATHIS in via Gentilino 6 a Milano
Info Luca Bradamante at +39.349.1200724
areavideo.assculturale@gmail.org
www.masbedo.org
English versions:
AreaVideo is a video art project.
AreaVideo is a container, offering space and visibility to the language of contemporaneity.
AreaVideo is a response to the outdated and provincial idea of art in Italy, according to which video is not accepted as a visual art language.
AreaVideo is a political act: by investing their personal resources, the founders are in fact replacing the institutions, denouncing their inaction, immobility and myopia in the field of artistic research.
AreaVideo is open to video artists of any generation and any origin.
AreaVideo is a space with a shop window facing the street, a movie theater open to anyone who walks by. The program begins at dusk and ends at midnight.
The creators are MASBEDO, video artists, and Luca Bradamante, curator.
AreaVideo supports video art:
– by displaying videos of established and emerging artists;
– by raising funds for the production of new videos;
– by constituting itself as a very specialized production house;
– by promoting contests and events (festivals, conferences, seminars, screenings in cinemas and other places);
– by producing works of art in limited edition;
– by developing a network of contacts and professionals.
AreaVideo is a not-for-profit company, it is a collective project that aims to involve in its developing process artists, professionals and public. With a little or more substantial contribution it is possible to join the company to support the activities of AreaVideo.
Subscribers will get a personal card, will always be informed about all the initiatives, will receive promotional material. Furthermore, based on the membership fee, members will receive for free a limited edition work of art.
C’è tempo fino al 28 febbraio per aderire a Visible White, il concorso internazionale per fotografi e videoartisti realizzato da Celeste Network e la Fondazione Studio Marangoni: in palio 3.000 euro di premi. Il tema di quest’anno è You see me. Personal Identities in the Digital Age e vuole indagare le nuove derive del ritratto contemporaneo d’artista, portato quotidianamente a confrontarsi con lo scenario visivo e a differenziarsi dal ritratto amatoriale. “Che valore ha oggi il ritratto fotografico d’artista nell’epoca del digitale e dei social network in cui tutti diventano ritrattisti fai-da-te?”
Le opere devono essere presentate aderendo online entro il 28 febbraio e devono essere elaborate sulla base del tema proposto dai curatori Paul di Felice e Marinella Paderni.
I fotografi e i video artisti possono candidare un’opera singola (20 €) o un progetto (45 €): quest’ultimo può contenere fino a 10 opere in fotografia e/o video e deve essere corredato da uno statement. Venti opere finaliste saranno selezionate da un comitato ed esporranno i propri lavori presso la Fondazione Studio Marangoni a Firenze dal 16 maggio al 16 giugno 2014. Il comitato di selezione è composto da:
– Jim Casper, LensCulture, Parigi, Francia
– Clare Grafik, Head of exhibitions, Photographers Gallery, Londra, UK
– Hripsime Visser, Curator of Photography presso lo Stedelijk Museum, Paesi Bassi
– Bas Vroege, Director of Paradox, Amsterdam, Paesi Bassi
Si intitola THE WORKERS l’ultima opera video del duo MASBEDO, acronimo dal nome dello spezzino Jacopo Bedogni e Nicolò Masazza ed è la prima copertina multimediale per l’inserto LA LETTURA del Corriere della Sera.
Un’opera intensa e senza interpreti in carne ed ossa, girato come già Glima, Kreppa Babies, Teorema di Incompletezza e Ash, in Islanda. Due tute da operai collocate dietro un furgoncino, svuotate di corpi, quindi senza contenuto, sono in balia dell’aria che viene soffiata dentro. Sullo sfondo, i monti innevati e desolanti dell’Islanda. Dura meno di tre minuti e come per altre opere di Masbedo per il MAxxi di Roma o per la Biennale di Venezia, raccontano una storia senza parole, nell’evidenza di una metafora precisa e dura. Il significato lo spiegano proprio gli autori: è l’immagine degli artisti nella precarietà degli eventi, nel dramma di trovarsi in una condizione di instabilità permanente.
Al centro dell’umanesimo tecnologico dei Masbedo tematiche universali, drammi esistenziali: atmosfere cupe e avverse avvolgono uomo e donna in eterno conflitto. Come Amleti irrequieti, vaganti nel vuoto pneumatico di una condizione tragica, evocata nella sua abissalità da una camera iperbarica o da interminabili silenzi, i protagonisti vivono distillandosi l’ossigeno per una rinascita, o almeno, per una via di fuga. Le ambientazioni dei video dei Masbedo (Schegge d’incanto in fondo al dubbio, Togliendo tempesta al mare, Distante un padre) grondano potenti metafore esistenziali: le vette impervie e le cime innevate del Monte Bianco, le grandi profondità marine, il mare in tempesta della Francia del Nord, il paesaggio glaciale e vulcanico dell’Islanda non sono altro che potenti e drammatiche istantanee interiori, un veritiero e scomodo specchio dell’anima; dentro questo panorama desolato un uomo e una donna nella solitudine più sfrenata ma anche nella resistenza più accanita, sono intenti in quella lotta quotidiana nel “gran mare dell’essere” (come scriveva Giacomo Leopardi).
Da sempre, penso, l’uomo ha avuto la necessità di costruirsi degli schermi, di limitare le misure e confinarle entro più lati, di dare cioè, una dimensione all’infinito che gli stava davanti. E’ per vincere definitivamente questo sentimento della paura, di limite che si potrebbe avere nella percezione dell’infinito che l’uomo genera il suo capolavoro: non più porre limiti dentro la realtà, ma porre la realtà dentro i limiti, reinventandola. Paolo Rosa
Spazio-limite, spazio-possibilità
Tre paracadute sono sospesi nel vuoto della stretta e lunga ex struttura industriale della Marzotto – ora sede dei Dipartimenti Scientifici dell’Università di Pisa – che limita lo sguardo e impedisce loro di spiccare il volo; all’interno e all’esterno del reticolato a velatura sottile del paracadute sono proiettate immagini messe in movimento mosse da un getto d’aria direzionato su alcune zone sensibili del telone. I corpi nudi, quasi navigando in assenza di gravità, si depositano, si avvolgono nella concavità-convessità del paracadute, ripiegandosi come in un ventre. Tre paracadute dalla trama-tela di ragno che respira e si lascia attraversare dall’aria si srotolano in sospensione: sono incatenati, trattenuti nella loro dilatazione “alare” da una barriera architettonica. Il limite svelato è il mondo e il contesto è lo spazio: è lo spazio negato, lo spazio della costrizione, della distanza e dell’assenza; il limite-cornice della struttura architettonica isola e separa da ogni contatto, nega ogni “convivenza ambientale”. L’installazione è un “osservatorio” sulle possibilità di espansione, ma non di dominio, dell’uomo: si estende dal microcosmo della tela-paracadute all’infinito dello “spazio extraplanetare” della sensibilità umana. Dal recinto architettonico che aggredisce e racchiude in gabbia il corpo colto nel suo tentativo negato di librarsi in aria (e con esso tutto il territorio dell’agire artistico e tutto il sistema dell’arte del vedere e dell’sporre) alla riappropriazione dello spazio vitale, fuori da ogni cornice-confine-schermo che rinchiude e fissa le regole dello spazio di movimento.
Cerchio, ellissi e levitazione
La calotta del paracadute avvolge in un abbraccio parabolico i corpi che, come satelliti solidali, sono in movimento orbitante di rotazione-rivoluzione intorno al proprio o altrui asse. La circolarità è il principale tema visivo, ripetuto, in un contenimento delle varianti, nei movimenti e negli oggetti – palla, ruota, anfora – e nella forma stessa del dispositivo che li ospita, da dove partono e dove rientrano. Restare nell’orbita umana significa includere le leggi del suo esistere, correggere l’errore di parallasse, cercare altre coordinate, altri centri di gravità, altri punti di osservazione, rivendicare una presenza e una posizione nel mondo. La forma del paracadute rimanda alla familiare sfera schiacciata ai poli, che ci contiene, il movimento elissoidale dei corpi-pianeti, alle leggi di Keplero. Ma soprattutto il volo del paracadute sopra la verticale dell’esistenza di ognuno, riconduce a un sollevarsi interiore, a una tensione di ascesa, al desiderio di oltrepassare ogni limite, staccare le ali da terra per ritornarvi, rivitalizzati da una nuova consapevolezza. Lo spettatore, collocato dentro il cerchio iniziatico dell’installazione, prende fiato, recupera le proprie forze e il proprio corpo, atrofizzato nella posizione rigida imposta dal sistema, si riappropria del proprio spazio vitale, sola sopra i confini di stati sovrani, stabilisce nuovi rapporti. Nella città che ospita il battaglione della Folgore, quello stesso dispositivo usato dai paracadutisti diventa il simbolo di una necessaria mutazione-trasformazione dell’esistenza. Studio azzurro ci ha abituato a operazioni di straniamento di questo tipo: i raggi infrarossi – triste ricordo di una guerra del Golfo vissuta attraverso la sua versione spettacolare televisiva – in Il giardino delle cose, bucavano e rendevano concreto il buio; i raggi X ad uso della polizia aereoportuale in Il viaggio, esploravano storie intime e private; in Kepler’s Traum le immagini satellitari del Meteo ci ricordavano la comune condizione dell’essere sospesi nel cosmo mentre due quarti del pianeta combatte per un lembo di terra.
Il fiato sospeso
L’intero atto teatrale è un rituale concepito per rinnovare la nostra vitalità, per liberarci dalla morte e ciò si compie con un respiro. Questo respiro comincia con un ansito, come quello di un bambino appena nato. Il teatro senza questo ansimare ci soffoca. Insisto sul teatro. Insisto su di esso perché lo riconosco come un rituale senza cui la nostra sopravvivenza perde terreno davanti ai confini della morte sempre invadente, la morte cala su di noi con il suo silenzio senza respiro.Lo scopo del teatro è far ansimare il pubblico. (Julian Beck)
Il soffio anima i corpi, il respiro dà loro moto, quell’impulso generativo-cardiaco di corrente senza il quale sono materia inanimata, persi e risucchiati nel vortice profondo del vuoto dell’esistenza inautentica. Nell’installazione il respiro che riporta alla vita torna a far gonfiare il diaframma e a dar voce a grida, ha la forza propulsiva del getto d’aria artificiale all’uscita del labirinto degli specchi del Luna Park, il ritmo dell’inspirazione-espirazione degli astronauti e dei subacquei in assenza di ossigeno e la qualità rigeneratrice del pranayama yoga (letteralmente respiro guaritore”). Il respiro è nuova creazione, apre a nuovi orizzonti, nuovi mondi e modi possibili del vivere e del sentire e assume nella sua funzione liberatrice e illuminante, la forma iniziatica di un rituale contenuto nella vita quotidiana: un rituale rigenerativo che si compie all’interno del “sacro recinto” del paracadute semplicemente con un respiro perché “Nulla è più naturale del cambiamento” (Julian Beck). Attraverso il respiro consapevole e un sentire collettivo che elimina ogni separazione, l’uomo recupera il significato profondo delle cose, ne scopre le intime relazioni (la trama e l’intreccio). La forza gravitazionale attrae verso l’uomo in una nuova dimensione dove i corpi danzano come in un’armonia celeste, vagano nell’etere, viaggiano sulle frequenze, sulle onde hertziane e sopra gli stati.