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Un Flauto magico da Oscar al Gran Teatre del Liceu di Barcellona. Recensione
“Impresionante” (con una sola “s” sorda) è la parola che sento pronunciare dietro di me da una signora spagnola di mezza età alla fine del secondo atto del Die Zauberflöte dellaKomische Oper di Berlino. Siamo al Gran Teatre del Liceu di Barcelona che ha anticipato di qualche mese la stagione prendendo così, anche un pubblico non proprio abituale che, vestito con camicioni e scarpe informali, decreta il successo di questa originale versione del singspiel in due atti di Mozart. Come è noto, si tratta dell’ultima sua opera dalle infinite sfaccettature che, dietro la favola del trionfo dell’amore, nasconde un profondo simbolismo esoterico e massonico.
Certo è che se questo spettacolo, per certi versi molto estremo sul piano visuale e per altri molto semplice sul piano tecnologico, ha suscitato tale effetto di stupita ammirazione nella signora, (in qualche modo “lo spettatore tipo” dell’opera, e che in quanto tale per il luogo comune della critica operistica dovrebbe osteggiare le innovazioni) qualche tabù è stato rimosso. Se fossimo in televisione si potrebbe dire che “la tecnologia è stata sdoganata”, ma a noi piace dire che la tecnologia è ritornata ad essere un linguaggio dell’arte che accompagna, invita, include, raccoglie il canto, la musica, l’azione e mette in forma visiva quell’immaginario evocato dal libretto e dalla partitura. La tecnologia nell’opera, e questa versione lo dimostra benissimo, non è evidentemente più un azzardo sperimentale ma parte integrante di una drammaturgia complessiva e agevole supporto scenografico.
Merito del successo va alla direzione musicale di Antonello Manacorda, ai cantanti tutti (tra cui spicca una superbaOlga Pudova, straordinaria regina della notte e un’applauditissima Adela Zaharia nelle vesti della giovane Pamina), all’orchestra sinfonica e al coro del Gran Teatre del Liceu, e soprattutto alla doppia direzione artistica di Paul Barrit e Suzanne Andrade (fondatori del gruppo multidisciplinare inglese 1927) in collaborazione con Barrie Kosky, direttore della Komische Oper di Berlino. Insieme hanno azzeccato la chiave giusta per proporre un Flauto magico così fantasioso, allegro e colorato (e universalmente godibile) come non si ricordava in Spagna dai tempi degli Els Comediants. Il mix esplosivo di video proiezioni, graphic art, slipstick comedy e cinema espressionista, tra Murnau e Buster Keaton, ha creato la giusta atmosfera insieme di sogno, incubo e favola. Se la cupa regina della notte diventa nella fantasia di Kosky, una spaventosa Vedova nera, Pamina è chiaramente ispirata all’attrice degli anni Venti Louise Brooks che trascina nel personaggio un’inconsapevole nota sensuale, provocante ma anche infantile e innocente.
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