Sabato 24 e domenica 25, al Napoli Teatro Festival Italia, le prove aperte del laboratorio
THEATRE BRIDGES a cura di EIMUNTAS NEKROSIUS
Al Teatro Trianon Viviani in scena i 20 allievi al lavoro su testi del premio Nobel Svetlana Aleksievic
Il regista lituano Eimuntas Nekrosius, tra i più famosi ed affermati registi teatrali a livello internazionale, è tra i Maestri della sezione dedicata alla Formazione del Napoli Teatro Festival Italia. Impegnato in questi giorni al Teatro Trianon Viviani nel laboratorio riservato a venti attori professionisti (provenienti da tutta Italia e di età compresa tra i 23 e i 36 anni), il regista ha deciso di lavorare con loro su delle tecniche di improvvisazione partendo da delle sollecitazioni letterarie.
Il primo spunto è tratto dagli scritti della giornalista e scrittrice Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la letteratura nel 2015, nello specifico Preghiera per Cernobyl, Ragazzi di zinco e Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo.
Svetlana Aleksievic, scrittrice nata in Ucraina nel 1948 da padre bielorusso e madre ucraina, è considerata una delle maggiori scrittrici e giornaliste contemporanee e le sue opere sono state tradotte in più di quaranta lingue. Giornalista e scrittrice, è nota ai connazionali soprattutto per essere cronista dei principali eventi dell’Unione Sovietica della seconda metà del ventesimo secolo. Fortemente critica nei confronti del regime dittatoriale in Bielorussia, è stata perseguitata dal regime del presidente Aleksandr Lukashenko e i suoi libri sono stati banditi dal paese. Dopo dodici anni all’estero, ora è tornata a Minsk. Nella sua letteratura Aleksievic ha narrato l’incantamento e la disillusione e parlato delle vittime e dei carnefici e raccontato attraverso un coro di voci illusioni e disillusioni di un’epoca.
In Theatre Bridges, le due “prove aperte” al pubblico in programma al Trianon Viviani di Napoli, sabato 24 e domenica 25 (ore 21, durata 1 h. 30 min.) Eimuntas Nekrosius mostrerà al pubblico il lavoro che sta realizzando sui libri di denuncia della scrittrice che ha raccontato l’Unione Sovietica, la guerra in Afghanistan, Chernobyl e le vittime del disastro nucleare.
In Preghiera per Cernobyl (2004) ha dato voce, con decine e decine di interviste, a quel “popolo di Chernobyl” fatto di persone di professioni, destini, generazioni e temperamenti diversi, donne, uomini, bambini e soldati, contadini e intellettuali, credenti e non, colpiti dalla tragedia nucleare. Il libro è stato premiato dal prestigioso U.S. National Book Critics Circle Notification Award.
In Ragazzi di zinco (2015) narra invece la guerra russa in Afghanistan tra il 1979 e il 1989 vista con gli occhi dei reduci sovietici e delle madri dei caduti. Un milione di ragazzi e ragazze partiti per sostenere la grande causa internazionalista e patriottica. Quattordicimila di loro sono stati rimpatriati in casse di zinco e sepolti di nascosto; cinquantamila feriti e mezzo milione di vittime afgane, distrutti da torture, droga, atrocità e malattie.
Il libro Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo (2013) costituisce il coronamento ideale di un lavoro di trent’anni: qui sono decine i protagonisti che raccontano cos’è stata l’epocale svolta tuttora in atto: contadini, operai, studenti, intellettuali, funzionari statali, ma anche misconosciuti eroi sovietici che non sanno rassegnarsi al tramonto degli ideali e alle mediocri servitù di un’esistenza che, rispettando solo successo e denaro, esclude i deboli e gli ultimi. Un altro testo di riferimento per il lavoro di Nekrosius a Napoli (“una città dinamica – così ha dichiarato il maestro durante un incontro – che visito per la prima volta ed in cui mi sto trovando molto bene”) sarà il Don Chisciotte di Cervantes. Ai giovani attori è stato chiesto di leggere solo qualche capitolo. Il lavoro laboratoriale che sta conducendo il Maestro è infatti soprattutto centrato sull’improvvisazione fisica degli attori, un principio fondante del modus operandi del regista lituano.
In scena, guidati da Eimuntas Nekrošius, gli allievi: Giulia Vecchio, Diane Patierno, Cristina Cappelli, Angela Bertamino, Giulia Modica, Lucia Rocco, Federica Sandrini, Silvia Corona, Ida Alessandra Vinella, Paola de Crescenzo, Elena d’Agnolo, Camillo Marcello Ciorciaro, Fabrizio Nevola, Alessandro Meringolo, Giorgio Pinto, Maurizio Capuano, Emanuele Marchetti, Pietro Piva, Alessandro Marini, Giacomo Vigentini.
Info: www.napoliteatrofestival.it
Ejmuntas Nekrošius, lituano (classe 1952) è, a livello internazionale, tra i più famosi ed affermati registi teatrali. Nei suoi spettacoli, espressivi e visuali, dedica particolare attenzione non solamente all’interpretazione emozionale degli attori, ma anche all’utilizzo degli oggetti sul palcoscenico che si trasformano quasi in un racconto autonomo. Diplomato presso l’Istituto d’arte Lunačarski di Mosca, si è messo in luce come direttore e regista del Teatro dei giovani di Vilnius e quindi al Teatro drammatico di Kaũnas. Nel 1993 è stato nominato regista del Festival internazionale di teatro lituano (LIFE) e nel 1998 ha fondato il centro artistico indipendente Meno fortas. Gli spettacoli di Nekrosius hanno partecipato con successo di pubblico e critica a molti festival teatrali internazionali e hanno ottenuto importanti riconoscimenti. Già pluripremiato in Lituania, l’artista ottiene successivamente riconoscimenti come il Premio UBU ( a lui assegnato per ben quattro volte), il Premio Europa Nuove Realtà Teatrali, il Premio K.S. Stanislavskij.
Artefice di un teatro visionario e antinaturalistico, ha creato spettacoli di inconsueta ricchezza vitalistica e varietà d’invenzione che, fondati su una metaforica e talvolta vorticosa stratificazione espressiva, combinano la logica ipnotica dei sogni, della poesia ma anche le gags ludiche del circo: Sapore di miele di S. Delaney (1976), Ivanov di A. P. Čechov (1978), Pirosmani, Pirosmani di Vadim Korostylëv (1981), Un giorno come un secolo di Č. Ajtmatov (1983), Zio Vanja (1986), Il naso di N. V. Gogol´ (1990), Mozart e Salieri. Don Giovanni. Peste di A. S. Puškin (1994), Tre sorelle (1995). La scarnificazione del testo, la scenografia barbarica, arcaica ed essenziale, e la valorizzazione simbolica e rituale di pochi elementi scenici e testuali (il ghiaccio, la terra, l’acqua) caratterizzano la sua interpretazione della trilogia shakespeariana (Amleto 1997; Macbeth, 1999; Otello, 2000). Nel 2000 ha diretto anche Žuvėdra di A. P. Čechov. Nel 2005 ha invece realizzato l’opera di L. Desjatnikov The children of Rozental e nel 2007 La Valchiria di R. Wagner. Tra le sue regie teatrali, in cui ha rinnovato la potenza dell’elemento visivo (punto nodale della sua pratica teatrale), passano alla Storia del Teatro: Faust di J. W. Goethe (2006), testo che ha tradotto in uno spettacolo realizzato con scene di forte impatto abitate da oggetti simbolici e immagini essenziali e folgoranti;Anna Karenina di L. Tolstoj (2008), dove l’immagine, il gesto, il paesaggio sonoro riducono l’importanza della parola recitata nella creazione di un mondo verosimile, in cui, tra atmosfere dense e sospese, il tempo si dilata per accogliere le azioni nel suo moltiplicarsi visionario.