All’Accademia di Belle Arti di Lecce il 24 maggio si è tenuto un evento davvero speciale.
In occasione della mostra TUTORIALS (sull’arte video e multimediale cinese dell’ultima generazione) a Polignano a mare
(Fondazione PINO PASCALI, 21 maggio 6 giugno) il professor Roberto Lacarbonara, docente di Storia dell’arte in Accademia, ha chiesto ai curatori Antonio Frugis e a Mariagrazia Costantino
di venire a presentare alcune delle opere più significative e inquadrarle nel contesto dell’arte contemporanea.
Hanno introdotto la giornata di studi il prof. Antonio Basile docente di Antropologia che ha messo in luce l’esperienza cinese dell’arte contemporanea anche nell’ambito di un’arte tecnologica
e il prof. Giacomo Toriano, vicedirettore e docente di Regia che ha ricordato l’importanza dell’arte orientale
e nello specifico cinese (a cui l’Accademia ha dedicato anche un incontro sul teatro d’opera tradizionale di Shangai),
e la necessità da parte della cultura occidentale di un confronto con quella cultura per “vederci allo specchio”.
Antonio Frugis ha spiegato che la Fondazione PASCALI ancora prima della sua istituzione ha seguito una vocazione
di intercultura, guardando a Paesi i cui fermenti artistici sono sempre più caratterizzati da forme di eclettismo
e per questo hanno a che fare direttamente e indirettamente, con l’artista Pascali
La Fondazione aveva già inaugurato nel 2007 la mostra CHI HA PAURA DELLA CINA; questa mostra
si intitola TUTORIALS e coinvolge tredici artisti e altrettanti modi di inquadrare il quotidiano:
Guan Xiao, Fang Lu, Li Ming, Li Ran, Lin Ke, Liu Chuang, Liu Shiyuan, Lu Yang, Ma Qiusha,
Tao Hui, Ye Linghan, Yu Honglei e Xu Zhen (MadeIn Company).
Maria Grazia Costantino la curatrice, ha vissuto in Cina dal 2000, dove è tornata più volte lavorando in un centro
d’arte contemporanea no profit; come direttrice artistica ha curato diversi progetti di artisti multimediali e video
nello spazio di Shangai OCT (Contemporary Art Terminal).
Nella mostra è possibile vedere opere di tredici artisti cinesi nati dalla metà degli anni Ottanta in poi che usano
dispositivi e supporti multimediali differenti. Sono artisti che hanno presentato opere in vari spazi ome la
Fondazione Vuitton a Parigi e i loro lavori per la Fondazione Pascali sono recenti: il più datato è del 2011.
E’ una generazione diversa dalle precedenti -spiega Mariagrazia Costantino in dialogo con Roberto Lacarbonara- la prima generazione esposta alla cultura POP, alla cultura dei mass media che sono entrati in Cina nei primi anni 80.
Il titolo della mostra ironizza sul concetto di “tutorial”, una sorta di “lezione on line” che è diventata un nuovo modo
di apprendimento per i giovani: ci sono tutorial per imparare a cucinare, a farsi il make up, a padroneggiare
un software, a suonare uno strumento musicale.
Potenzialmente le guide on line ci conducono in un universo video
e blog fatto di “istruzioni per l’uso” dove al discente digitale non occorre altro che diventare
“seguace”, “follower”.
Dice la Costantino:
“I più bizzarri “tutorial” online spiegano “Come tornare a essere bambini; come essere graziosamente folli;
come essere carine e popolari alle scuole medie; come mangiare molto velocemente;
come essere “quella ragazza”; come far credere alle persone che sei un alieno;
come farsi ossessionare da qualcosa” e così via”.
Nei lavori video mostrati il concetto di tutorial è un pretesto, un modo (e un format) per interrogarsi
(anche ironicamente) su come viene prodotta e trasferita la conoscenza, dalla sapienza tecnologica
all’apprendimento “basic” per principianti assoluti, del Confucianesimo.
“L’interrogativo -ricorda la Costantino – è: cosa è il contenuto e cosa è il contenitore?
E soprattutto come avviene la comunicazione?”
Alcune opere hanno una dimensione narrativa, altre performativa, ma tutte
“operano un’astrazione sui temi proposti, con una elaborazione di un linguaggio artistico raffinato”. La conversazione con la Costantino e la Carbonara ha toccato vari temi che riguardano il mercato dell’arte, la relazione
degli artisti dell’ultima generazione con Ai Weiwei e i suoi contenuti politici, le ultime tendenze in atto visibili
nelle grandi fiere internazionali (quella di utilizzare qualsiasi materiale occidentale e rielaborarlo con tecniche
come l’air brush e la animazione grafica computerizzata).
Tra gli artisti proposti alla mostra e all’incontro in Accademia segnaliamo Li Ming, autore di un video tutorial che esamina una pellicola che protegge il vetro del cellulare (di cui precedentemente
ha spiegato l’uso..) e le impronte digitali che vi sono depositate sulla sua superficie, raccolte in maniera rigorosa
e scientifica, con polvere magnetica come fosse un’operazione di investigazione.
La scritta rossa sul cellulare I watch there I Am su fondo nero ricorda in maniera quasi diretta i messaggi-opere d’arte
di Barbara Kruger (e la sua critica alla società dei consumi e agli stereotipi di massa).
Il video, disarmante nella sua semplicità, utilizza nella prima parte frasi banali che illustrano come usare e toccare
lo schermo del cellulare, nella seconda passa a una dimensione quasi sacrale di “aura” nei confronti dell’oggetto, in cui
le impronte digitali diventano testimonianza del gesto del fedele che tocca l’ icona, la “sacra Sindone”.
L’impronta, per l’uso comune degli oggetti, viene preservata da pellicole come schermo che diventano una tela.
Siamo noi estensioni della tecnologia più che il contrario.
Un altro artista è LIN KE che nel video Sorry Derek Paul Boyle (3’40’’)
Utilizza come spazio artistico o luogo di una “netperformance” la schermata tipica di un software di uso comune
(come photoshop) con i livelli che consentono la composizione di immagini multiple.
Il desktop ha più di 2000 livelli e questo permette
la performance dell’artista cinese che si inserisce (in modo quasi “parassitario) nelle opere di Derek Paul Boyle testimoniate
nella homepage del suo sito.Il tutto con la telecamera integrata nel laptop che riprende l’azione sul desktop
mentre LinKe gioca col cursore del mouse.
Nella mancanza di “spazi per l’arte”, l’area dello schermo del proprio computer diventa il “terreno di gioco” dell’artista,
e il contenuto sono i video, gli screenshop realizzati in tempo reale. Performance come photoshop.