Mysteries o della poesia dei cinque sensi a teatro Appunti sullo spettacolo del Living Theatre, dedicato a Julian Beck di Anna Maria Monteverdi |
Mysteries and Smaller Pieces venne allestito per la prima volta dal Living Theatre il 26 ottobre 1964; il testo verrà trascritto soltanto nel 1969. Mysteries and Smaller Pieces, The Chord. L’occasione per un nuovo spettacolo che partisse dalle esercitazioni tecniche quotidiane della compagnia, dopo il successo di The Brig, l’allontanamento forzato dal loro teatro per inadempienze economiche e l’approdo in Europa come “esiliati”, è data dalla richiesta di una nuova creazione a opera dell’American Centre for Students and Artists di Parigi. The Brig (foto di Riccardo Orsini). Lo spettacolo è articolato in nove scene che coinvolgono i corpi e i cinque sensi di attori e spettatori: The Brig Dollar; il Raga; l’Incenso; Street Songs; il Coro; il Respiro; Tableaux vivant; Suoni e movimento; la Peste. La trama insegue sottilmente ma senza dialoghi o finzioni narrative, il tema dell’individuo incatenato in una società retta da rigidità militari, violenza e denaro, all’eterna ricerca di una trasformazione interiore. Mysteries and Smaller Pieces (Rufus). Mysteries dalla première di Parigi del 1964, durata tre ore e terminata con un pezzo di free jazz, è anche l’unico spettacolo rimasto ininterrottamente in repertorio sino a oggi, con riprese “parziali e non ortodosse” e con modifiche anche sostanziali quali l’introduzione dell’apporto diretto del pubblico a partire dalla versione di Bruxelles (1965), secondo la testimonianza di Cathy Marchand, membro del Living Theatre dal 1980. Concepito inizialmente non come spettacolo ispirato a un testo ma come semplice visualizzazione di esercizi tecnici teatrali e per la meditazione e come montaggio di scene da spettacoli precedenti, Mysteries è attualmente utilizzato dal gruppo per seminari e dimostrazioni di lavoro attoriale: viene usato infatti come riferimento per la tecnica dell’improvvisazione e per l’addestramento all’ensemble, il cosiddetto “passaggio del movimento” presente nella sezione centrale dello spettacolo, che ha come riferimento una tecnica artistica ideata da Lee Worley e Joe Chaikin – quest’ultimo ex membro del Living Theatre e fondatore dell’Open Theatre – che ne avevano insegnato la tecnica ai Beck. Certamente ogni ripresa dello spettacolo equivale a una sua modificazione di senso, o meglio a una sua attualizzazione e ridefinizione nel tempo storico: nella versione del 1991 ad opera di Serena Urbani in occasione della Prima Guerra del Golfo, per esempio, lo slogan Stop the War! assunse le caratteristiche di una rivolta antimilitarista fondamentalmente antiamericana. Mysteries and Smaller Pieces. Centrale nel lungo percorso biografico e artistico del gruppo la data di nascita dello spettacolo, cronologicamente collocato tra l’incarcerazione dei fondatori Julian Beck e Judith Malina al Passaic County Jail del New Jersey per debiti fiscali, l’allestimento di The Brig, ispirato ai principi del teatro della crudeltà artaudiana – e di cui rimarrà significativa memoria nella prima delle nove sezioni dello spettacolo – e l’allestimento del Frankenstein, inno anarchico alla creazione dell’Uomo Nuovo. Fondamentale per la storia del teatro il rivoluzionario principio formale fondativo appena inaugurato (la creazione collettiva rispondente alle esigenze della neo nata formazione del numeroso gruppo in comune anarco-pacifista ispirata agli ideali enunciati in Communitas da Paul Goodman) e potente il motivo ispiratore (la rigidità del sistema equivalente alla rigidità cadaverica del teatro-peste di Artaud). Il Living Theatre sarà in Italia – diventata loro terra di adoazione – quasi stabilmente a partire proprio dal 1964: Mysteries verrà rappresentato tra il 1964 e il 1966 in numerose città italiane: Roma, Trieste (dove diversi membri del gruppo verranno arrestati per oscenità), Napoli, Firenze, Venezia (all’interno della Biennale del 1965, dove proporranno anche la prima di Frankenstein), Parma, Catania, Bologna, Reggio Emilia, Trento, Milano, Torino, Bari, Genova, Rimini, Lecco. Mysteries and Smaller Pieces (foto di Riccardo Orsini). Si parlerà per Mysteries come di un brillante esempio di “spettacolo-che dura” secondo una bella espressione di Ruffini, di “teatro totale”, di “spettacolo-manifesto” (P. Biner, Il Living Theatre, Bari, De Donato, 1969, p. 115). Antigone. Ma quale spettacolo del Living non è stato un manifesto? Antigone, manifesto del pacifismo; The Brig, manifesto del teatro della crudeltà artaudiano, Paradise Now, la Rivoluzione a teatro. Paradise Now (Judith Malina). Mysteries non ha un vero testo, così come non ci sono ruoli, ma oltre ai famosi slogan pacifisti, al suono del raga indiano, al contagio endemico da attore a spettatore della peste – immagine dell’invivibilità della società contemporanea secondo Artaud – e ai Tableaux vivants degni di un teatro-immagine, contiene alcune presenze poetiche: il poema The Brig Dollar (che enuncia le parole contenute nella banconota da un dollaro scritta da John Harriman) e le Street Songs di Jackson MacLow. Forse vale la pena ricordare che la prima sede del Living Theatre, quella del magazzino della 101a strada (marzo 1954-novembre 1955), era caratterizzata proprio dalla presenza di serate poetiche di cui erano protagonisti come autori, lo stesso Jackson MacLow o William Carlos Williams. MacLow, tra i principali artisti Fluxus statunitensi, è di fatto, una presenza importante nella vita e negli spettacoli del Living, come autore e come amico nelle lunghe discussioni sull’anarchismo a partire dal 1950, anno molto significativo per la formazione politica e ideologica dei Beck perché a seguito della lettura di articoli e testi dalla rivista “Resistance” sposeranno definitivamente le tesi libertarie. Paul Goodman, filosofo e scrittore anarchico (autore di libri tra cui Autorità e individuo che molto influenzerà i Beck) era chiamato da Julian Beck “il nostro poeta in sede” (J. Malina, Diaries, p. 25). Un periodo decisamente ricco di collaborazioni, di connubbi artistici e umani, poco conosciuto ma riccamente documentato dai Diari della Malina datati 1947-1957 e dai primi scritti di Beck. L’amicizia con i poeti della Beat Generation, soprattutto Allen Ginsberg, Gregory Corso, Jack Kerouac, Michael McClure e John Giorno, aveva creato successivamente intorno alla seconda (e mitica) sede del Living, quella della 14a strada inaugurata nel 1957, un clima davvero creativo e “underground”, soprattutto se pensiamo che era collocato nel Greenwich Village, adiacente a vari locali storici della nascente cultura alternativa. Dunque Mysteries mantiene con la prima fase del teatro del Living, il cosiddetto “teatro di poesia” (De Marinis, 1995), un primo significativo legame; mentre la folgorazione dei Beck dal libro di Antonin Artaud tradotto in America da M.L. Richards (che sarà una degli artisti presenti al famoso Untitled event del 1952 ideato da John Cage alla Columbia University) produrrà la memorabile scena della peste descritta da Artaud non in un testo teatrale ma all’interno del saggio Il teatro e il suo doppio. Bernando Bertolucci sul set di Amore e rabbia. Il regista Bernardo Bertolucci assistette alla prima di Mysteries a Parigi nel 1964 e il suo incontro con Julian Beck fu importante: chiese agli attori del Living di interpretare, con la tecnica di improvvisazione vista proprio in Mysteries, Agonia, episodio del film collettivo Il fico infruttuoso che parlava degli ultimi attimi di vita di un santone con i tentativi da parte dei suoi adepti di riportarlo in vita. Questo il ricordo di Bertolucci: Volevo lavorare con il Living Theatre sin da quando fui abbastanza fortunato da essere presente alla prima di Mysteries nel 1964 che, ricordo, produsse in me la più profonda e forse l’unica emozione reale che io abbia mai provato a teatro. Quando incontrai Julian Beck fui immediatamente e irresistibilmente sedotto dalla sua straordinaria intelligenza come da una specie di spiritualità che egli trasudava fisicamente. Questo lo schema dei seminari che il Living Theatre propone ancor oggi in tutte le parti del mondo a partire da Mysteries: MYSTERIESI direttori del Living, Judith Malina e Hanon Reznikov, annunciano la creazione di un laboratorio di cinque giorni che offre ai partecipanti la possibilità di studiare diverse forme di espressione teatrale per poi poter recitare per un pubblico uno spettacolo “classico” della compagnia. Mysteries and Smaller Pieces, che esplose sui palcoscenici dell’Europa nel 1964, fu il primo spettacolo visto al mondo che eliminò tutti gli elementi tradizionali del teatro. Si tratta di uno spettacolo essenziale, senza personaggi fittizi, senza trama, senza scenografie, senza costumi, senza effetti luci. Invece, gli attori del Living presentarono una serie di riti drammatici, creata dal gruppo in maniera collettiva, sotto la direzione della stessa Malina e di Julian Beck, il co-fondatore del gruppo, che scomparve nel 1985. Mysteries and Smaller Pieces: “The Body Pile”. Il laboratorio, condotto da Malina e Reznikov, propone Mysteries come un ottimo veicolo per insegnare la pratica del teatro di ricerca a quelli che desiderano un’esperienza diretta nel campo. Lungo l’arco dei cinque giorni di lavoro (per quattro ore al giorno), i partecipanti impareranno l’improvvisazione, l’espressionismo artaudiano, il teatro politico di Brecht e di Piscator, l’uso dello yoga in scena e l’importanza primaria dell’ensemble nella recitazione. E siccome è sempre stato il parere del Living Theatre che non si può arrivare a capire il significato fondamentale del teatro senza l’incontro esistenziale con il pubblico, il laboratorio finisce con una vera e propria rappresentazione dello spettacolo, recitato nella sua forma originale e integrale dai partecipanti stessi. Il programma di lavoro è il seguente: giorno 1 – introduzione al Living Theatre – il respiro yoga – l’improvvisazione giorno 2 – l’espressione corporale – tableaux vivants – i cinque sensi nel teatro giorno 3 – il teatro politico – l’addestramento dell’ensemble vivente – il canto indiano giorno 4 – il teatro e la peste – l’incontro diretto con il pubblico – il mistero del silenzio giorno 5 – prova generale e spettacolo Mysteries come Misteri medioevali, come la ritualità dei Misteri cristiani senza la liturgia della parola ma unicamente del corpo. Corpo collettivo, corpo sociale. Di Mysteries abbiamo alcune documentazioni con firme “eccellenti”, tra cui quelle del filmaker e critico lituano Jonas Mekas, regista indipendente, fondatore del Filmakers’ cooperative e già regista di The Brig e di altre registrazioni, alcune delle quali mai riversate in forma di film. Il film Street Songs girato in 16 mm (del 1966, ma montato soltanto nel 1983) documenta brevemente la sezione più poetica dello spettacolo; quella – su stessa ammissione di Mekas – che lui più aveva amato nella rappresentazione del 4 agosto 1966 al Festival di Cassis: Street Songs è la registrazione realizzata in Francia di una sezione dello spettacolo Mysteries and Smaller Pieces del Living Theatre. Basata su uno scenario determinatamente cambiato scritto da J. McLow nel 1961, Street Songs, mischia canti politico-militanti attraverso suoni mantra. Julian siede a gambe conserte in mezzo ad un palco vuoto; le frasi che ripete: ‘Liberate tutti gli uomini! Bandite le bombe! Fermate la guerra! Liberate i neri! Cambiate il mondo!’ sono sia meditazioni sia richiami all’azione, come una folla di voci che rispondono a ogni frase mentre gli attori salgono sul palco e si mettono in cerchio, battendosi uno con l’altro la schiena e intonando collettivamente ‘Om’… L’insieme dell’urgenza politica con la misticità umana è data dalle immagini drammatiche in bianco e nero di Mekas che pulsano in modo vitale date dal movimento e dagli zoom della cinepresa che si alterna nel mostrare sia la parte più sociale – il gruppo – sia quella più personale – una faccia, una mano. (Sally Banes, “The Village Voice”, 18 ottobre 1983, traduzione di Patrizia Daturi) Recentemente Jonas Mekas ha montato in film nuovi materiali d’archivio sullo spettacolo accompagnandoli con la musica originale di Philip Glass: Mysteries 1966-2002. La fondazione del New American Cinema a opera di Mekas e di cui farà parte John Cassavetes (autore di Shadows uno dei massimi successi underground, e soprattutto Shirle Clarke autrice di The Connection ispirato all’omonimo spettacolo del Living Theatre), il nascente clima underground, i film-diaries e i documentari di Mekas e compagni su tematiche di disagio spesso senza sceneggiatura e a basso costo, ben si adattavano all’ideologia politica e artistica del Living, che spesso ne era addirittura protagonista o soggetto ispiratore. La posizione di rifiuto di Julian Beck rispetto al teatro commerciale di Broadway, come si legge dal suo libro La vita nel teatro, ha evidenti analogie con i proclami anti-hollywoodiani presenti nei quattro saggi pubblicati da Mekas su “Film culture” agli inizi degli anni Cinquanta, che inneggiavano a una nuova generazione sperimentale di filmaker indipendenti. Una nuova linea artistica produttrice di istanze rivoluzionarie contrarie alle logiche mercantili dell’arte accomuna il cinema e il teatro di questi anni: dal free theatre al free cinema. Così Mekas: Oggi, il bisogno di una approfondita ricerca riguardo gli standard estetici che raggiunga sia i film-makers che il pubblico per una completa revisione delle attitudini delle funzioni del cinema, ha assunto proporzioni più che mai di sfida. Le creazioni cinematografiche tendono ad essere avvicinate primariamente come merce, e gran parte del pubblico – per il quale andare al cinema è ancora semplicemente un passatempo – rimane spogliato del pieno significato dell’arte filmica. (“Film culture”, gennaio 1955; sul cinema underground, vedi A. Leonardi, Occhio mio Dio, Milano, Feltrinelli 2003 (nuova edizione); e inoltre http://web.tiscali.it/cinema_underground/) In Meditazione I, 1962 Julian Beck sostiene la nascita di un nuovo teatro che rompa con la letteratura e con la produzione di beni per piaceri effimeri: La falsità degli ideali. Morte da Broadway. Abiti ideali, conversazione ideale. Morte da compromesso. Morte sicura da lusso e da mancanza dello stesso. Aspetti della scena che non rappresentano il mondo ma vanità. E’ contro questa vanità della scena che ci siamo trinceratti, ancora senza sapere che utensili usare, né come usarli, insicuri, senza spirito, armata scalza di sbandati. Il teatro di Broadway non mi piace perché non sa come dire Ciao. Il tono della voce è falso, i manierismi sono falsi, il sesso è falso, ideale, il mondo hollywoodiano della perfezione, l’immagine asettica, i vestiti bel stirati. Il culo ben strofinato, inodore, inumano, dell’attore di Hollywood, della star di Broadway. E’ il terribile falso sporco di Broadway, i bassifondi di uno sporco, imitato, impreciso. Una testimonianza di Mysteries è presente anche nel film Se l’inconscio si ribella di Alfredo Leonardi, regista e protagonista della stagione del cinema sperimentale romano degli anni Sessanta e Settanta. Mysteries è una presenza emblematica all’interno del film, che testimonia l’interesse e l’affetto di Leonardi (come già in Living and Glorious) per una comunità di artisti che hanno rivoluzionato il linguaggio teatrale con un nuovo approccio che tentava di coinvolgere gli spettatori nel modo più intenso, diretto e autentico possibile. |
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