Il 2018 si è rivelato un anno d’oro per il compositore e fisarmonicista GABRIELE MARANGONI: presente con ben due progetti musicali al prestigioso Festival di Linz ARS electronica2018 SIlent e Red Noise, Poi agli Uffizi con la partitura per voce ed elettronica per il concerto di Francesca Della Monica voluta dal direttore Dott. Schmidt per la sala del Caravaggio;
poi è stato invitato come ospite d’onore al Pomezia Light Festival con un evento live electronics affiancato da Angela di Tomaso aka Aiditi. A Cagliari dove insegna al Conservatorio e dove abita, ha ideato un concerto elettronico in cuffia per il paesaggio delle Saline in collaborazione col FAI e a breve debutterà con le nuove musiche per lo spettacolo tratto dal testo teatrale Hypocrites di Jeton Neziraj, uno dei più noti e controversi autori dei nuovi Balcani. E ancora.. la tournée di SIlent in Svizzera e in Sardegna e un’ antologica dedicata alle sue composizioni per Tempo Reale di Firenze.
Incontriamo il musicista per farci raccontare il poderoso progetto che ha dato vita a SILENT, che prevede artisti non udenti in scena e debuttato al Festival musicale di Reggio Emilia la scorsa primavera. Il mezzo con cui comunicare ai non udenti la partitura è un oggetto artistico capace di generare suono o vibrazione. Ai fan della seconda avanguardia musicale ed elettronica non sfuggirà il riferimento al mitico «Handphone Table» o “Tavolo monofonico” (1978) di Laurie Anderson, un semplice tavolo di legno attraverso il quale lo spettatore sente musica appoggiando i gomiti su di esso e le mani alle orecchie, perché il suono vibrando sul legno, passa sul corpo umano e sulle ossa. Agli storici del teatro non sfuggirà invece il riferimento allo spettacolo con cui Bob Wilson debuttò nell’avanguardia americana nel 1972 offrendo uno “sguardo” intenso e rallentato sul mondo della diversità: The deafman’s glance, Lo sguardo del sordo.
Silent è un progetto prezioso, un distillato di cura teatrale e musicale, una partitura che disintegra il suono rendendolo contemporaneamente molto concreto; è un congegno musicale che sarebbe piaciuto sia a Cage che a Pierre Schaeffer . Due voci soliste una femminile (Francesca Della Monica) e una maschile si intrecciano a un ensemble di 12 artisti non udenti che producono suoni a partire da un feedback reso visibile da dispositivi vibranti.
A.M.Monteverdi: Parliamo di SILENT. Forse il tuo progetto più ardito e complesso in collaborazione con Tempo reale ma che ti sta dando enormi soddisfazioni: presentato alla Cavallerizza di Reggio Emilia, addirittura ad Ars electronica nell’Opening night e poi in Svizzera al Lac di Lugano anche se in versioni con moduli diversi. Musica in cui viene prevista la performance di artisti non udenti. Puoi raccontare come è nata l’idea della composizione?
Gabriele Marangoni: L’importanza principale per me del progetto Silent è data dalla disabilità, dalla presenza di artisti non udenti. Questo è un punto delicato. Silent non ha voluto associare questa presenza a un valore sociale che oggettivamente ha e lo riconosciamo. Questo accade spesso in progetti di questo tipo. ma Silent non ha mai avuto questo punto di partenza, è una risposta a una esigenza artistica ed estetica di una ricerca. Era una mia riflessione: volevo cercare di spingermi lontano dalla mia esperienza, cioè annientare il più possibile i limiti che avevo come persona, come musicista cresciuto con una formazione musicale all’ascolto, con le molte sovrastrutture dettate dallo studio e da un percorso formativo come concertista, come compositore, dallo studio della storia della musica, Volevo annientare tutto questo, volevo spingermi in una regione del suono diversa, annientare le “sovrastrutture” intorno al suono, quelle che arrivano da una buona educazione armonica, melodica e sperimentale ma che comunque, sono tutte figlie di un percorso.
Anna Monteverdi E quindi quale è stato il punto di partenza?
Gabriele Marangoni: Mi sono chiesto, Come immagina il suono una persona che non ha accesso a tutto questo universo? E’ risaputo che non sentire con l’udito non preclude il fatto di percepire il suono. Sono voluto entrare in contatto con una esperienza extra personale, quella cioè di andare in una regione dove non sarebbe possibile arrivare perché lontanissima da noi e dalla nostra esperienza e dimensione, come è la sordità. Se una persona non sente un suono con l’udito, questo non vuol dire che non percepisca o che non viva il suono, l’aspetto di ascolto, uditivo, possiamo considerarlo “un aspetto collaterale”. Volevo entrare in questa dimensione.
Anna Monteverdi: Che tipo di suono hai utilizzato?
Gabriele Marangoni: In Silent ci sono grandi suoni, cioè frequenze importanti, la composizione è un po’ come pensata in forme d’onda, che altro non sono che spostamenti di aria, che si possono percepire in parte con l’orecchio ma soprattutto con il corpo, perché entrano nel corpo e risuonano nel corpo. Ci sono frequenze gravi In SIlent,che sono potenti, più è grave il suono più il cambiamento di pressione all’interno di un’area come un teatro è grande, più la vibrazione è grande. Il suono viene percepito in maniera quasi tribale, primitiva tramite i legni e tramite le ossa del corpo, quindi ci concentriamo sul suo aspetto fisico e non su quello storico o storicizzato come è la musica.
Anna Monteverdi: Quale è la grammatica con cui articolare la composizione?
Gabriele Marangoni Innanzitutto il progetto è partito da elementi molto basici; ho fatto una grande sintesi, una composizione di un’ora basata su archetipi, il punto, la linea, il ritmo constante, il ritmo in accelerato , in diminuendo e in glissando che è il passaggio continuo da una frequenza acuta o grave e che è come un gesto grafico. Questo era la base di tutta la sintassi. A ognuna di queste articolazioni possiamo attribuire un significato espressivo, emotivo o di comunicazione e che ha un effetto controllabile, conosciuto e a priori su un interlocutore, interprete e pubblico. Su questo si è costruita come una struttura, un edificio, un progetto architettonico, con travi, archi e pilastri su Silent e su questo scheletro poi sono intervenuti altre articolazioni, altri suoni che hanno riempito e hanno costruito la struttura della composizione.
Anna Monteverdi: Come hai individuato i tuoi attori cantori
Gabriele Marangoni Ho voluto chiamare un ensemble di 12 persone sorde e li ho chiamati per arricchire la composizione, loro con me creano pagine nuove per il mio vocabolario musicale. Ho ricercato con loro le articolazioni, quelle possibilità che erano espressioni sonore,o fisiche che loro potevano vivere, riconoscere e controllare come il respiro. Loro non sentono il suono del respiro ma ne hanno una percezione a livello fisico più raffinata e distillata di noi e questa loro gestualità del respiro che porta con sé un suono, loro la potevano controllare dal punto di vista musicale tramite una partecipazione fisica. Dare loro dei riferimenti in partitura su come respirare, per esempio fare un respiro veloce, non poter più inspirare, ma solo espirare diventava una esperienza, una percezione interna, Ho cambiato il tuo stato d’essere per un attimo facendoti vivere una esperienza di musicalità, stando dentro una forma musicale.
Anna Monteverdi Cerchi una maschera sonora? UN elemento in cui trasformare il loro essere?
Gabriele Marangoni Ho avuto contatto con loro attraverso la fisicità, io ho dovuto trasformare la mia idea concettuale in un’idea fisica, e loro hanno lavorato con me sull’imitazione. Più che creare la maschera, era creare un feedback per loro, il dispositivo è ciò che mi ha permesso questo. Le superfici vibranti rendono concreto ciò che loro fanno. All’inizio loro non sapevano controllare i suoni ma quando si sono accorti che qualsiasi azione che compivano aveva un feedback in vibrazione che gli tornava nel corpo, la prima domanda inevitabile dal punto di vista umano è stata Ma anche il pubblico sentirà questo? Le articolazioni che farai diventano vibrazioni trasformate in tempo reale e quindi si, il pubblico percepisce questo. Il minimo gesto va nell’ambiente esterno e poi il suono si trasforma in vibrazione. La meditazione, l’OM è un suono che diventa vibrazione, la preghiera, la litania…ritorniamo a quello, a quelle tradizioni sacre e tribali insieme.
Anna Monteverdi Questa musica dà una forte esperienza prima di tutto a chi esegue, poi cosa rimane di tutto questo?
Gabriele Marangoni Resta un aspetto sociale, inevitabilmente ed è quello che ho avuto nel rapporto coi sordi. Per la prima volta per molti di lor, hanno capito che possono produrre e percepire musica con qualsiasi cosa. Una di loro mi ha detto: “Ma allora qualsiasi cosa, per esempio se batto i denti, quella è musica?” Io ho detto “Si, certo”.
Anna Monteverdi: E loro di fronte a questa risposta anti accademica?
Gabriele Marangoni Sono rimasti colpiti perché loro erano da sempre esclusi dalla musica, la differenza che dobbiamo ricordare è tra musica e musicalità. Cage è storia, nel 2018 è un classico, io lo metto insieme a Frescobaldi! Fa parte della storia.
Anna Monteverdi: Quindi il suggerimento è: Vai oltre i tuoi limiti.
Gabriele Marangoni Era tutto un azzardo, nasce tutto dalla mia immaginazione e mi sono buttato senza rete di protezione, non avevo alcuna esperienza di lavoro con non udenti, ho voluto usare il loro “parlato”, perché in modo diverso ma loro parlano con una voce sillabica, frammentata che da compositore mi sembra bellissima. C’è un non controllo meraviglioso..
Anna Monteverdi Non controllo che riguarda le altezze?
Gabriele Marangoni No su quello si può lavorare, parlo di controllo ritmico, testuale, loro cercano di dire delle parole ma poi non le dicono veramente, le vocali per loro sono difficili, e si crea un grammelot bellissimo che a scriverlo e poi trovare un soprano o una voce che lo interpreti sarebbe un’impresa ardua. Finita una sessione di prove un uomo mi ha detto che quello che produceva era brutto perciò non parlava; voleva accertarsi della mia buona fede e mi ha detto “Tutti mi dicono che ciò che produco con la voce non va bene, allora ho smesso di parlare con mia figlia, allora perché tu mi dici che la mia voce è bella?”
Anna Monteverdi Perché non hai sentito la necessità del drammaturgo anche per raccontare queste storie?
Gabriele Marangoni Perché nell’idea iniziale c’era un’idea di suono totalitaria, mi sono concentrato solo su quello; è vero non c’è drammaturgia, mi interessava solo una indagine legata al suono, era un work in progress sulla fune a un’altezza vertiginosa. Dopo aver visto la prima a Reggio Emilia sto pensando di svilupparlo ulteriormente. Ma prima era un salto nel buio.
Anna Monteverdi Wilson traduceva questa diversità in un rallentamento esasperato che ti fa precipitare in una dimensione completamente altra. Ti senti soddisfatto della forma del tuo “differente” teatro musicale?
Gabriele Marangoni Sono estremamente soddisfatto e contento e in taluni aspetti il risultato finale ha sorpassato l’aspetto che avevo ideato, sono estremamente contento. Ora che ci sarà una ripresa a Lugano il progetto verrà ampliato. Una specie in “Silent reload” il 29 gennaio 2019 a Lugano al LAC.
Anna Monteverdi: Francesca Della Monica non è solo un’esecutrice ma una inventrice di partiture e trame, interpreta straordinariamente Sylvano Bussotti, Cage…è davvero una certezza.
Gabriele Marangoni Francesca la chiami perché vuoi la sua voce, non solo una soprano, lei ti porta non solo quello che tu hai scritto ma anche quello che lei ha dentro. Conoscevo la natura musicale di Francesca che adoravo, ci accomuna un approccio di rispettosa “anarchia” della partitura. Lei doveva essere un elemento controllabile. La prassi era quella di definire una parte al dettaglio senza vie di fuga, ma con un po’ di mestiere alcune parti che erano difficilissime, necessitavano di qualche soluzione più vicina alle sue corde.. Lei ha dato un apporto personale importante. Nel duetto con la voce maschile ho lasciato 3’27” liberi, improvvisando.
Anna Monteverdi: Parliamo della scena.
Gabriele Marangoni La complessità di questo è anche una complessità tecnologica. Sembra un palco molto semplice ma dietro ci sono due giorni di cablaggio e un giorno interno di sound test. Usando queste frequenze e suoni così particolari non si può prescindere dall’ambiente, dallo spazio dalla dissonanza del luogo, ogni volta bisogna calcolare la traiettoria di propagazione delle onde in base alle distanze, in base ai materiali che costituiscono la sala, ai soffitti agli elementi architettonici, Bisogna riprogettare uno schema acustico; fare un progetto acustico e poi gestirlo in tempo reale è estremamente difficile e delicato perché sono suoni fragili, distruttibili, microsuoni, onde sonore che possono anche far saltare l’impianto di amplificazione. Una gestione veramente complessa; ci sono “quintalate” di dati per secondo che si codificano e decodificano. Questo aspetto tecnologico non poteva che essere affidato a una delle realtà più preparate Tempo reale che ha coprodotto il progetto con il quale in un anno ho progettato tutta la parte elettronica live sia la diffusione che la regia del suono.
Ringrazio Francesco Giomi che ha subito aderito al progetto, e poi Damiano Meacci e Francesco Caciago con cui ho collaborato per la realizzazione del progetto e che sono presenti in scena.
SILENT – visioni dal limite della percezione
ideazione e composizione: Gabriele Marangoni
direttore: Dario Garegnani
SECRET THEATER ENSEMBLE
soprano : Francesca Della Monica
voce maschile con tecniche estese : David W.Benini
percussioni : Gabriele Genta
progettazione installativa : Micol Riva
preparatrice e coordinatrice ensemble sordi : Aurora Cogliandro
TEMPO REALE
Sound design: Francesco Casciaro
Live electronics : Damiano Meacci
Regia e proiezione del suono : Francesco Casciaro
interprete LIS : Francesca Fantauzzi
coordinatrice e assistente di produzione : Giulia Soravia
in coproduzione con Tempo Reale
in collaborazione Ente Nazionale Sordi Reggio Emilia