Chi avrebbe mai immaginato l’esistenza di un Teatro nel Kosovo? Chi avrebbe mai speso gli ultimi due anni a promuovere il Teatro di un paese, uscito da una guerra fratricida e da pochissimo tempo resosi indipendente? Una studiosa, fascinosamente attratta dai nuovi media e dalla tecnologia, lo ha fatto affidandosi ad un genere come il documentario. Con la “scrittura collettiva” del video, anticipata da una serie di corrispondenze da Pristina e dalla curatela di “La distruzione della Torre Eiffel“, Anna Maria Monteverdi così ha completato la sua scoperta del Teatro in Kosovo e soprattutto del drammaturgo e capocomico Jeton Neziraj, uno degli intellettuali più pungenti e militanti di quest’Europa: sempre più Fortezza, sempre meno accogliente e tollerante.
Queste le parole di Fabio Francione, critico teatrale e cinematografico de Il Manifesto sul film di Anna Monteverdi sul Teatro in Kosovo che si apre con un’immagine di una violenza simulata in teatro da parte di terroristi ai danni di un francese reo di aver cercato la propria fidanzata diventata invisibile dietro al velo integrale della religione islamica.Si tratta di un passaggio dello spettacoloLa distruzione della Torre Eiffel del drammaturgo Jeton Neziraj per la regia di Blerta Rrustemi Neziraj e musiche originali di Gabriele Marangoni che ha debuttato a Prishtina capitale del Kosovo alla fine del 2013 e che sembra profetizzare i recenti fatti tragici di Parigi alla redazione Charlie Hebdo.
Neziraj, brillante drammaturgo kosovaro si fa beffa in questo spettacolo, del fondamentalismo religioso così come della paura generalizzata verso l’Islam delle democrazie europee: è lui il protagonista del documentario di Anna Monteverdi che spiega i dietro le quinte del lavoro teatrale attraverso le immagini delle prove e della generale, e ricorda le molte difficoltà delle compagnie teatrali ad avere sovvenzioni e relazioni con le istituzioni pubbliche. E ricorda anche il tragico periodo del regime di Milosevic, quando fu proibito lo studio della lingua e della cultura albanese e anche al teatro fu tagliata la lingua. Si continuò a fare resistenza nelle cantine e nelle scuole “parallele” dove il giovane Jeton, drammaturgo politico e per questo scomodo, ha studiato ed è diventato una delle personalità di spicco del nuovo Kosovo. Commissioni teatrali che provengono dal Teatro Nazionale del Montenegro, dalla Germania, recentemente anche dall’Italia, traduzioni dei suoi testi in moltissime lingue e allestimenti in tutta Europa fanno di Neziraj una figura chiave da cui è impossibile prescindere occupandosi dei Balcani e della loro rinascita dopo il 1999.
Dice Anna Monteverdi:
“Appena ho conosciuto Neziraj nel novembre 2012, in occasione del mio primo viaggio in Kosovo, ho pensato subito a un documentario su di lui ma mi sono data tutto il tempo.
Avevo bisogno di compagni di avventura con cui condividere questa esperienza video, che ho trovato in Alessandro Di Naro, fotografo e Giancarla Carboni, studiosa di teatro; loro hanno concretamente impostato il lavoro di registrazione dietro mie indicazioni ma anche autonomamente e si sono avventurati in situazioni cittadine talvolta scomode. Non volevo che nel film fosse rappresentato solo il teatro, al contrario: volevo che il teatro raccontasse e simboleggiasse le contraddizioni e la precarietà della società kosovara, il difficile processo di ricostruzione e di integrazione, l’aumento di frange terroriste, le difficoltà nei rapporti con la Serbia. Fortunatamente ci siamo trovati a fare le riprese in occasione delle prove di uno spettacolo La distruzione della Torre Eiffelche sintetizzava al meglio tutte queste tematiche in una scrittura ironica e surreale quale è la cifra stilistica di Neziraj il cui lavoro è spesso censurato e ostacolato dal Governo.
Non è un caso che all’indomani dei fatti di Charlie Hebdo, questo spettacolo sia stato considerato in qualche misura, tragicamente profetico, data l’area da cui proviene Neziraj, il Kosovo, oggi sempre più al centro dell’attenzione per l’allarme terrorismo a causa dell’aumento di combattenti jihadisti fondamentalisti che partono da qui per Iraq e Siria, come denunciava l’Espresso nei mesi scorsi. Ci sono voluti sei viaggi per mettere a fuoco quello che volevo dire; alcuni passaggi del film per me fotografano esattamente l’immagine a contrasti netti del Kosovo: i sontuosi edifici del Boulevard Madre Teresa e i quartieri popolari limitrofi semidistrutti, il teatro come luogo “protetto” ma anche luogo “abbandonato” a se stesso, sede di eventi istituzionali ma privo di riscaldamento e talvolta di elettricità, territorio pieno di macchine di polizia internazionale ma con la corruzione ai massimi livelli. Il montaggio professionale di Luca Saggin e la supervisione della spezzina Sara Fgaier ha fatto il resto”.
Il documentario è stato co-prodotto dalla Mediateca Regionale Ligure.
Per info: anna.monteverdi@gmail.com