Ariane Mnouchkine “sforna” il suo ennesimo capolavoro. Da strenua difenditrice dei valori umani più alti, quali la libertà, l’uguaglianza, la pace, nel suo ultimo spettacolo alla Cartoucherie di Parigi, ripercorre quegli ideali che hanno dato forma e identità a un teatro che quei principi li ha incarnati da sempre.
L’isola d’oro è quello spazio immaginario dove trovano riparo tutte le utopie, tutti i sogni di democrazia che hanno animato il Théatre du soleil e la vita stessa della Mnouchkine: lì si parla giapponese, con riferimento al primo viaggio della Mnouchkine nel 1963 alla ricerca delle radici teatrali. Inutile dire che questo spettacolo ha il segno se non del commiato, del passaggio di memorie dell’ottantaduenne Mnouchkine.
Qual è il luogo dove far crescere gli ideali del socialismo? Non nella lontana terra ghiacciata raccontata da Julius Verne dove era ambientato Les Naufragés du Fol Espoir perché neanche lì gli uomini riescono a vivere in armonia, accecati come sono dal denaro, dal potere, dalla vendetta.
Quell’isola- arca- rifugio però, esiste davvero, ed è proprio la Cartoucherie, che ospita dal 1964 il suo teatro e che ha dimostrato che si può vivere in comunità, condividendo vita, ideali e utopie dentro e fuori il teatro. Ariane Mnouchkine ha da sempre usato la scena per portare alla luce i problemi concreti del mondo, non sottraendosi dunque, a quel dovere del teatro, a cui spesso le compagnie si fanno latitanti, di ficcare gli occhi in faccia alla vita: la tragedia dei profughi, le violenze, le persecuzioni, le emarginazioni, la mancanza dei diritti civili nei paesi totalitari, le torture, le discriminazioni, le guerre. La Cartoucherie è veramente il luogo (l’isola d’oro..) dove tutti hanno diritto di cittadinanza, dove è possibile incontrare il teatro degli oppressi, il teatro d’Oriente, quello di Baghdad e dove conoscere altre culture, altre lingue.
Rimaniamo sorpresi che non sia la Mnouchkine ad aprirci la porta del suo Teatro e a staccare i biglietti: apparirà più tardi, visibilmente stanca, accompagnata da un attore della compagnia ma senza trattenersi a lungo. In bella vista appena si entra, una cassetta per la raccolta di fondi per l’Ucraina. Ne usufruirà un Teatro con cui il Soleil è in contatto, e nel frattempo veniamo avvisati che per il bene del Pianeta e del portamonete della Compagnia, la temperatura rimarrà a 16 gradi, e vengono così distribuite delle coperte con la raccomandazione di “condividerle”. Helen Cixous firma come sempre, il testo dello spettacolo che vede la luce nel marzo 2021. Il teatro è ricoperto di colori e arredi giapponesi, e mentre la troupe si prepara, possiamo mangiare nei tavoli comuni, una minestra orientale e riscaldarci. La numerosa famiglia del Soleil ha attori provenienti da 31 Paesi diversi: solo in questa produzione ci sono 35 attori in scena di diverse nazionalità (anche se i tratti giapponesi vengono simulati con una calza indossata nel viso). Il Soleil ospita rifugiati politici, stranieri sans papier. Per capire il suo teatro rimandiamo all’enorme archivio video reso disponibile durante il terribile 2020 e a differenza degli altri teatri, rimasto libero. Ecco qua il link
Anche se L’ISOLA D’ORO non è uno spettacolo sul confinamento forzato, il Covid si presenta subito come protagonista, insieme a quei cellulari che continuano a squillare per tutto lo spettacolo, con i video e le comunicazioni istantanee che hanno permesso a molti di noi di essere vicini pur a distanza, ai nostri cari: la dedica al medico cinese Li Wenliang che per primo in un ospedale a Wuhan tentò invano, di avvisare dei primi segni di una malattia sconosciuta che poi sarebbe stata il Sars Covid 2 di cui lui stesso morì, è un’anticipazione di quello che si vedrà. Eroe per molti ma non per tutti.
Una donna è in un letto di ospedale; si chiama Cornelia (una specie di alter ego della Mnouchkine, anche lei ammalatasi di Covid nel 2020) e sogna o ricorda, di essere in Giappone. Così tra continui passaggi spazio-temporali tra Europa e Giappone si apre un intrigante e visionario racconto reso dinamico dalla costruzione in diretta di palchi e ambienti grazie a servi di scena incappucciati di nero, come da tradizione giapponese. Non si riesce a seguire linearmente la storia perché in realtà, ce ne sono almeno 4 o 5 che vengono continuamente interrotte e riprese. Si parla di un’isola d’oro (con riferimento non casuale all’isola di Sado, luogo di esilio per politici e intellettuali sgraditi al governo ) dove si terrà un festival di teatro, una grande festa “del presente luminoso”; questa è un’isola rifugio per quegli artisti che “resistono alle forze del male”. Il Festival ha come nemici degli speculatori che intravedono ben altri guadagni nel trasformare l’area incontaminata per costruirvi un casinò. Tra apparizioni di scenografie, squarci di vedute del vulcano Fuji e del porticciolo con i suoi pescherecci, il sogno si affolla di altre visioni: la rivolta democratica di Hong Kong, gli esuli afghani, il conflitto senza fine arabo-israeliano. Troviamo pezzi di racconto e modalità di costruire la scena già viste, in una consuetudine rassicurante e in una libertà totale dell’autore e degli attori: un numero incredibile di pedane mobili sono mosse da repousseur, come già ai tempi di Le Dernier Caravansérail. Va in scena il Giappone con le sue millenarie tradizioni teatrali, con le sue maschere e le marionette, con il teatro nô e con la sua forma comica, il kyôgen in una festa di colori e di trucchi.L’oro dell’isola è quello dell’ospitalità, dell’amicizia, della fedeltà.
Questa non è una favola.
L’Ile d’Or esiste davvero? Dov’è lei ? Questa volta è in acque giapponesi. Sì, esiste. Non è la prima volta. È già esistita (ed esisterà ancora) più di una volta nella lunga cronaca delle nostre Stelle e dei nostri Disastri. Ogni volta che il mondo è vicino all’autodistruzione, molti allegri difensori dell’onore della speranza, per niente pazzi, si affrettano a trovare l’arca o la nave. Andiamo sull’Isola, sembra un esilio, è un rifugio e un nuovo inizio.
Ricordi Utopia, ovviamente. Un’isola quasi incredibile: in risposta a un re tiranno violento, crudele e reale che ha scosso il pianeta e decapitato come argomento, il coraggioso studioso Thomas More è venuto a scoprire quest’isola promessa. E già, negli anni Trenta del Cinquecento, era la cultura del cuore contro le Potenze Brutali, assassine della mente.
Una maledetta nebbia si è diffusa in tutta la città?
Velocemente ! un’isola. E tutto il necessario per creare il paradiso, l’uguaglianza tra i sessi, la cultura delle arti, la creazione di un linguaggio, l’utopico, liberato dai suoni rochi delle volgarità cosiddette “moderne”. Di questo di cosa parleremo sulla nostra isola? Senza dubbio il melodioso Aureus (oro in latino) del teatro. HELENE CIXOUS
L’ÎLE D’OR
Kanemu-Jima
du 13 janvier au 5 mars 2023
les 24 dernières représentations
Une création collective du Théâtre du Soleil
en harmonie avec Hélène Cixous
dirigée par Ariane Mnouchkine