Siamo nel cuore di Roma, in un palazzo che era un tempo un pastificio, dalla terrazza lo sguardo vaga, ammirato, sul Palatino ed il Circo Massimo che sono lì ad un passo. Eppure l’incanto non passa neanche se entriamo nell’ edificio, dove ha sede l’atelier di scenografia del Teatro dell’Opera di Roma. Ci introduce e ci guida in quello che oggi si direbbe un grande open space, realizzato nella ristrutturazione degli anni ’30 del secolo scorso, Danilo Mancini che quel laboratorio di scenografia dirige. E qui sembra di immergersi nel passato, perché non incontriamo semplicemente degli abilissimi pittori di scenografie ma tecniche artigianali che si tramandano, a volte da secoli, e di cui qui sono fedeli custodi, alla faccia di tanta moderna tecnologia. Si resta ammirati nel vedere come si dipingono a mano le scene teatrali cioè “si svolge il lavoro di pittura di scenografia all’ italiana, che significa dipingere in piedi con dei lunghi pennelli e con delle tavolozze che sono dei carrelli con sopra i colori”. Ed è davvero affascinante vedere, magari dalla “capriate” in cemento armato, una delle prime realizzate, lavorare Mancini e i suoi collaboratori, oppure entrare nella stanza delle “terre di scenografia”, dei pigmenti colorati che vengono poi miscelati con delle colle viniliche o animali, come ad esempio la colla di coniglio, per produrre la pasta colorata con la stessa tecnica che si usava nel Cinquecento. Quasi un viaggio nel tempo, che vi invitiamo a fare con noi, sulle orme di tanti celebri artisti del Novecento che in questo luogo davvero magico hanno lavorato, da Picasso a Manzù, da Turcato a Luzzati.
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