Articolo di Vincenzo Sansone
ROMA – Per il quinto anno consecutivo il Roma Europa Festival scommette sulle tecnologie digitali e sulla loro capacità di trasmutarsi in arte. Dal 9 ottobre al 30 novembre 2014 si svolge infatti Digital Life, l’evento che ospita diverse installazioni in cui le tecnologie si coniugano con l’arte. Il filo che lega quest’anno tutte le installazioni e che le rende parte di un più grande evento performativo sono il suono e la musica. Dieci installazioni fisse accompagnate da diversi eventi performativi scandiscono il periodo di questa mostra.
Si sono osservate e sperimentate in prima persona le installazioni presenti presso La Pelanda (ex mattatoio Testaccio Roma) e complessivamente però si può dire che non mostrano nulla di così innovativo, di così sorprendente se pensate nell’ottica delle tecnologie digitali, anzi sono innocue e molte utilizzano delle tecnologie già abbastanza sperimentate. Infatti, molte delle installazioni sono abbastanza datate (2004-2005) ed è noto a tutti come nel campo delle tecnologie un semplice anno trascorso trasforma tutto e rendo obsoleto quello che qualche mese prima era strabiliante. Ciononostante la mostra, se non permette di accostarsi totalmente alle nuove tecnologie digitali, immette lo spettatore, o meglio l’ascoltatore, in un cammino fatto di melodie e musiche, suoni primordiali e suoni futuristici. Ma analizziamo nel dettaglio le dieci installazioni.
1. Kingsley NG – Métier à tisser musical. Si tratta di una installazione sonora interattiva del 2005. È composta da un antico telaio che può essere agito dall’osservatore. Tramite il solo movimento delle mani le corde del telaio si animano rispondendo con variazioni sonore e luminose. La tecnologia meccanica dell’età industriale del XIX secolo, diviene qui interattiva, da agire senza l’ingente sforzo fisico che un telaio richiedeva quando veniva utilizzato per tessere stoffe. Kingsley NG, attraverso un processo di rimediazione, ha trasformato quel faticoso lavoro fisico in un lavoro da agire senza il minimo sforzo, agitando soltanto una mano o sfiorando leggermente i fili e i prodotti materici e fisici che il telaio creava in prodotti evanescenti e impalpabili per le possibilità umane: suoni e luci.
2. Veaceslav Druta – Balançoire. Installazione sonora interattiva del 2004. Lo spettatore si trova davanti una grande altalena composta da due ruote meccaniche, che muovendosi fanno vibrare delle corde di chitarra, producendo dei suoni. L’interattività consiste nella facoltà dello spettatore di sedersi sull’altalena e improvvisare tramite la sua oscillazione una serie di armonie, che cambiano in relazione al peso del corpo e alla velocità di oscillazione. Di sicuro un’opera di grande impatto visivo quando ce la si trova di fronte, che suscita curiosità, tanto che per tutta la visita di Digital Life era sempre occupata, ma che di digitale non sembra aver nulla, piuttosto si tratta di un grande congegno meccanico che ricorda le grandi fabbriche di primo Novecento, che alla vista suscita le ambientazioni di Modern Times di Charlie Chaplin. La stessa interazione dello spettatore con l’opera non ha nulla di digitale, non vi sono sensori, software che processano i suoni, meccanismi di motion capture. È un’interazione meccanica perché tutto dipende da parametri fisici. Quindi più che essere proiettata in un mondo digitale, fatto di leggerezza ed effimero, sembra ricollegarsi a quella fisica newtoniana che tratta di masse, pesi, forza di gravità.
3. Léonore Mercier – Le Damassama. Installazione sonora interattiva del 2011. Di più ampio respiro e di grande pertinenza all’interno di un’esposizione digitale, l’opera della Mercier è composta da una serie di campane tibetane disposte ad emiciclo e da suonare come se fossero diversi elementi di un’orchestra. A dirigere tale concerto è lo spettatore, che con i suoi movimenti fa vibrare le diverse campane. L’interazione avviene mediante dei sensori, che riconoscendo i movimenti dell’uomo posto all’interno dell’emiciclo fanno scattare dei dispositivi che sfiorando le campane, producono una composizione sonora avvolgente. La relazione tra lo spettatore e le campane è una relazione alla pari, dove non c’è un dominatore e un dominato. Infatti, le vibrazioni prodotte dal corpo umano sono trasformate in impulsi che si ripercuotono sulle campane. Queste, suonando, producono a loro volta delle vibrazioni che ritornano sullo spettatore, creando uno scambio equo.
4. Zahra Poonawala – Tutti. Installazione sonora del 2012. Dello stesso respiro dell’installazione della Mercier, l’installazione di Poonawala produce suono in relazione al movimento dello spettatore. A differenza dell’opera della Mercier però dove il suono prodotto è casuale, in questa installazione sono presenti dei suoni e delle armonie pre-registrate. L’interazione dello spettatore con questo materiale registrato genera un mixaggio da cui prendono vita nuove armonie. Nello specifico l’installazione è composta da dei dispositivi che riproducono un suono di sottofondo e da una serie di diffusori di suono che reagiscono al movimento dello spettatore sulla pedana. L’opera dunque prevede un ascolto, che però viene costantemente disturbato e modificato dai movimenti di colui che è preposto proprio all’ascolto. Un’orchestra di nuova generazione dove l’armonia è sì un continuum, che però è costantemente alterato da note dissonanti.
5. Douglas Henderson – Babel V: Dream Man. Installazione sonora del 2012, non presenta nulla di interattivo, né di digitale. È piuttosto un’opera, che sfruttando la potenza degli altoparlanti e della diffusione del suono, si interroga, insieme alle altre installazioni Babel, sul significato delle lingue, sostenendo che il moltiplicarsi delle stesse, in seguito all’episodio della Torre di Babele, non sia un evento negativo, ma piuttosto la creazione di una nuova fonte di bellezza, perché il significante si slega dal significato, divenendo importante per sé, suono puro. In Babel V, la poesia Dream Man di Russel Edson viene spezzata parola per parola e riprodotta dagli altoparlanti di questa struttura elicoidale realizzata in vetroresina, acciaio inox e legno. Non conta il contenuto della poesia ma il suono che le sue parole producono.
6. Heewon Lee – 108. Installazione video-sonora del 2010. Ci si trova davanti a un film composto esclusivamente da lettere; ogni carattere corrisponde a una diversa nota musicale che viene riprodotta dai 108 carillon che si trovano disposti ai piedi dello schermo di proiezione. Il tema dell’opera è di tutto rispetto: porre l’attenzione sul tema dei bambini abbandonati e orfani. Ciononostante l’opera a livello tecnologico non presenta nulla di eccezionale. Non si tratta di un’opera interattiva e sebbene il suono e l’immagine siano connessi da dispositivi informatici, più che appartenere a un’installazione del nuovo millennio, sembra raccordarsi alle sperimentazioni della video arte degli anni Settanta.
7. Alexandre Burton_Artificiel – Impacts. Si tratta di un’installazione del 2012 composta da una serie di elementi, ognuno dei quali è costituito da una lastra di vetro e da una bobina Tesla. L’opera è interattiva, perché prende vita quando ci si avvicina ai suoi elementi. Quando ci si trova in prossimità dell’opera, la bobina genera dei fasci energetici che, impattando sulle lastre di vetro, generano diverse creazioni visive e sonore. Bellezza e pericolo sono i temi di quest’installazione. La bellezza delle immagini provocate dalle scariche e il pericolo delle stesse scariche. L’invito ad avvicinarsi all’opera è dunque un invito ad avvicinarsi alla bellezza, allo stesso tempo l’avvicinarsi alle scariche può anche essere pericoloso. L’impatto della bellezza dunque è pericoloso. La bellezza è pericolo, ciononostante tutti siamo travolti dal desiderio di raggiungerla, non curandoci dei rischi che si corrono.
8. Cod.Act, André & Michel Décosterd – Cycloïd-E. Si tratta di un’installazione cinetica e sonora del 2009, composta da diversi segmenti metallici provvisti di speaker che producono suoni in base ai movimenti di rotazione. Ogni segmento dell’installazione è un pendolo e l’unione di un numero elevato di tali oggetti aumenta la varietà visiva e sonora. I vari segmenti sono sfalsati l’uno con l’altro di modo che possano sovrapporsi tra di loro durante la rotazione. Il braccio, che compie un movimento rotatorio su un piano orizzontale, è legato a un’asse verticale che permette di annullare l’effetto della gravità. Un motore centrale dà l’impulso per il movimento che, anche se determinato, è allo stesso tempo caotico. Il moto di questo pendolo varia costantemente sia nella traiettoria che nella velocità. Le variazioni sono dunque provocate sia dall’impulso casuale del motore che dal trasferimento di energia cinetica tra i segmenti.
9. Donato Piccolo – Orchestra Stocastica. Una serie di installazioni immette l’osservatore dentro un universo sonoro composto dall’accostamento e dalla sovrapposizione di tutti i suoni che ciascun oggetto produce singolarmente: una scarpa azionata da un braccio meccanico che scalcia colpendo la lastra che la racchiude, una lattina percorsa da una scarica elettrica, un tubo oscillante stracolmo di palline. Un insieme di rumori comuni che generano una strana partitura da ascoltare.
10. Pietro Pirelli, Gianpietro Grossi – Arpa di luce. Si tratta di una installazione interattiva e strumentale e allo stesso tempo è una performance multisensoriale. Realizzata nel 2010 e adattata nei diversi luoghi dove viene ospitata, l’opera colpisce subito, perché alzando gli occhi si notano dei fasci di luce verdi che percorrono l’intera stanza. Sono le corde di un’illusoria arpa, che possono realmente essere suonate sia con le dita, che muovendo un pendolo presente al centro della stanza, che colpendo le corde genera una melodia infinita e uno straordinario gioco di luci. L’opera in questione è pienamente digitale e pienamente interattiva.
A conclusione di questo percorso si può dire che le opere pienamente digitali son davvero poche e più che le tecnologie digitali, a far da padrone in Digital Life 2014 è il suono e i diversi modi in cui può essere agito, realizzato, ascoltato. Un suono che può essere meccanico, realizzato per contatto fisico tra due oggetti, come nel caso di Donato Piccolo, un suono cinetico, realizzato dalle variazioni di velocità come nell’opera Cycloid-E, fino al suono evanescente e misterioso creato dalle corde di luce tesa, in cui un software dialogando con i raggi laser emette i suoni ad essi associati. Un’esperienza sensoriale che mette in risalto il senso dell’udito, riportandoci a una fase pre-rinascimentale, pre-vista, un mondo in cui ancora vi era una reale forma di socialità, dove i racconti si raccontavano sul serio a voce alta tra amici e non si scrivevano sui libri relegando l’uomo all’isolamento con se stesso. In Digital Life 2014 si può rivivere, insieme agli altri partecipanti, questo percorso tutto sonoro dove noi osservatori contribuiamo con il nostro esserci, con il nostro interagire, allo sviluppo di un racconto orale dove a contare è il suono e non il significato.
Digital Life 2014
Roma Europa Festival
La Pelanda (ex mattatoio Testaccio)
In mostra dal 9 ottobre al 30 novembre 2014 dalle 16 alle 20 escluso il lunedì
Biglietto: 7 €