Qualcuno dirà che sono proprio indietro se faccio oggi una recensione a uno spettacolo del 2016. Ma io seguo la rotta dei Teatri, in particolare ho voluto vedere questo magnifico spettacolo BIRDIE! in quel luogo prezioso e necessario che è il Teatro sociale di Gualtieri che lo ha ospitato a luglio in una programmazione che significativamente è iniziata il 25 aprile. Inutile dire che oggi più che mai questo spettacolo sull’immigrazione su cui è stato già scritto moltissimo, ha una sua forza e un suo significato in questi giorni di sbarchi (o di divieti di sbarchi) di clandestini in Italia, cosa di cui peraltro gli artisti sono ben consapevoli. Bravi i programmatori ad aver voluto un tipo di teatro che lascia il segno, un messaggio forte e chiaro per centinaia di persone di ogni età che affollano questo spazio così ben curato e tenuto che è il Teatro di Gualtieri. La riflessione non è sulla tecnologia in scena che usano questi artisti spagnoli ma sui contenuti che veicolano: seduti in platea siamo trafitti dallo sguardo della vita.
Tutto inizia da una fotografia. Una fotografia che mostra il lato disumano dell’evoluzione della specie. Da una parte, una sorta di oasi protetta, un prato che sembra finto, due giocatori di golf in un mondo insonorizzato alla Truman show e dall’altra, o meglio in mezzo, nel tentativo di uscire da quella che è la parte “sbagliata” della Storia, alcuni clandestini in cima a una alta palizzata, appollaiati e in bilico da molte ore. Uccellacci? No, uomini che fuggono dal loro destino qualunque esso sia. Siamo in Marocco nella città-enclave spagnola di Melilla, e la fotografia di Palazon del 2014, ha fatto il giro del mondo, suscitando la solita inutile indignazione post prandiale.
Il gruppo teatrale spagnolo Agrupacion Senor Serrao (Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2015) decide di farci sopra uno spettacolo, amplificando quel concetto che sta dietro la fotografia, creando una lente di ingrandimento come simbolo di quelle migliaia di importanti testimonianze sul fenomeno dell’immigrazione (fotografie, reportage, interviste) che ci passano veloci sotto il naso, neanche più dalla tv o dai giornali ma da tutte le piattaforme, destando la nostra attenzione per meno di un secondo e che non hanno più la capacità di attirarci. Quindi il gruppo indaga sulla fotografia, sul potere dell’immagine (con riferimenti a Hitchcock, alla storia dell’arte, al cinema) su ciò che di davvero violento e osceno ha questa fotografia, e lo fa con argomenti che ricordano quelli di Roland Barthes in Camera chiara: cosa suscita la nostra curiosità, cioè cosa ci colpisce e cosa ci fa pensare. In questo teatro-cinema, i tre artisti in scena sono a servizio della macchina, ovvero del video che riprende in macro oggetti piccolissimi, una quantità enorme di animali e persone in miniatura che, come in una specie di Arca di Noé, sono in fila alla ricerca di un punto di salvezza, un approdo, un’imbarcazione.
Questo lavoro teatrale ha la stessa forza dello spettacolo Le dernier caravanserraille di Ariane Mnouchkine, potentissimo affresco sulla tragedia dei profughi del 2005 ma usa altri strumenti: è significativo che l’uso in diretta del video in macro sia simbolico e insieme letterale, ed è sicuramente un atto politico (ingrandire i problemi reali, ingigantire ciò che è piccolissimo e ha scarso valore nella società). Da qua l’uso metaforico della tecnologia, altrove usata per fare documentazioni televisive fintamente realistiche ad uso di un giornalismo per lo più a servizio della politica di turno. Certamente uno spettacolo di parte, quella parte in cui molti di noi si riconoscono, ma il teatro in questo caso non rappresenta tanto lo “sfogatoio” o il luogo della “espiazione collettiva”, quanto la messa in mostra della nostra inadeguatezza, della nostra incapacità a farci ascoltare dai governi, a determinare la conclusione delle ostilità uomo contro uomo. Siamo davvero alla fine della Storia. Quella che termina non con un boato, o con una esplosione ma con una piacevole musica di sottofondo, scarpe da golf e un tiro ben assestato.
Un birdie appunto
Birdie (Wikipedia).
Si dice birdie (in inglese, uccellino) il risultato di -1 sul par. Nonostante i birdie siano comuni per i giocatori professionisti, nessuno è stato in grado finora di completare il cosiddetto “giro perfetto” con 54 colpi su un par 72, equivalenti a 18 birdie.
Estranearsi dalla realtà per renderla più vera. Intervista a Alex Serrano
Partiamo dal tema della realtà e delle sue appendici: se il vostro teatro va in questa direzione, quale è la realtà che andate a smascherare a teatro?
Il nostro non è un vero teatro documentario ma è un teatro documentato, è un teatro che parla della realtà , di qualcosa realmente contemporaneo, che è realmente successo ma non parla direttamente di ciò che è successo. Noi preferiamo questo percorso un po’ più lungo che è quello di parlare della realtà attraverso un’altra cosa, una cosa diversa. Per esempio, parlare dell’immigrazione umana parlando degli uccelli in questo spettacolo o di capitalismo selvaggio usando King Kong nel nuovo spettacolo (Kingdom). Come si costruisce la realtà è il tema del prossimo spettacolo La montagna ma prendiamo come riferimento il testo La guerra dei mondi di HG Wells. Prendiamo questa scusa per parlare della realtà che è di per sé molto difficile da comprendere, molto complicata. Non vogliamo parlare della realtà con la stessa realtà. George Bernard Shaw scrisse una cosa che mi piace: “Ogni problema complicato ha una soluzione semplice. Che è sbagliata”. Ed è vero. La realtà ora è molto complicata e non possiamo capirla solo con una risposta semplice.
Il video e la bassa risoluzione: servono per amplificare il messaggio o servono ad accentuare il gioco teatrale?
Si è anche per un gioco teatrale ma la usiamo perché è una Tecnologia semplice, molto diretta, molto semplice. Pina Bausch in Café Muller usava sedie, sono solamente sedie, ma il loro significato dipende dal contesto, da come le usi.
La fotografia che usate in scena produce un effetto straneante. Puoi spiegarci la genesi dello spettacolo a partire dall’immagine?
Birdie è stato uno spettacolo molto complicato, abbiamo avuto bisogno di 2 anni lavorando ogni giorno, i primi 9 mesi sono stati di studio, di scrittura, sono serviti per pensare e trovare l’immagine e dopo abbiamo avuto residenze teatrali all’estero, all’inizio per una settimana in Belgio, e in quel periodo abbiamo lavorato alla creazione di una piccola drammaturgia di 20 minuti. Ala fine della residenza abbiamo presentato il risultato del lavoro a un pubblico solo di professionisti di teatro. Dopo la residenza siamo ritornati a casa e per tre mesi abbiamo ripensato al feedback degli spettatori e a come modificare la drammaturgia; poi siamo tornati a una nuova residenza. Lo abbiamo fatto per 4 residenze diverse. E’ accaduto poi che tutto il materiale della prima residenza sia sparito, cioè non andava bene e non lo abbiamo usato perché nel maggio-giugno 2015 quando abbiamo lavorato a Birdie c’è stata la più grande crisi migratoria nel Mediterraneo. Ci siamo resi conto che il materiale che avevamo prodotto fino a quel momento non era valido perchè stavamo raccontando la storia dei migranti con la stessa storia dei migranti, stavamo raccontando il problema di queste persone direttamente con queste persone, stavamo raccontando l’immagine con la stessa immagine. Abbiamo dovuto eliminare tutto, cominciare a lavorare con una sola immagine non per parlare del dramma che questa immagine rappresentava, ma semplicemente per far ragionare sull’immagine, sul piano compositivo e astratto, a partire dagli elementi formali, cromatici, dalle linee verticali e orizzontali, abbiamo dato una visione molto analitica senza emozione perché questo passaggio lo deve fare lo spettatore. Noi dobbiamo prendere questa distanza…..Utilizzare una metafora, una distanza che dobbiamo prendere per raccontare quello che accade. Abbiamo affrontato un anno di lavoro duro per questo.
C’è bisogno di parlare di questi argomenti. Lo spettacolo a tuo avviso può aprire questo fronte di discussione politico, rispetto alla tematica?
No,zero. Perché tutta la gente che viene a teatro è più o meno della stessa nostra idea sul conflitto, non arriva Salvini a vedere lo spettacolo, noi lavoriamo all’estero tanto e non vediamo altro che persone ideologicamente allineate a noi, ed è pericolosissimo, è una bolla chiusa.
E’ un problema del teatro, della società il fatto che questo tipo di spettacoli non arrivino alle persone che non sono d’accordo, e che potrebbero essere cambiate sulla loro visione del mondo?
Non lo so, è un problema complesso.
Chi sono i vostri compagni di viaggio? I vostri riferimenti.
La maggior parte dei nostri riferimenti non sono teatrali ma sono legati alla letteratura o alla grafica pubblicitaria al cinema, al multimedia.
SCHEDA DI BIRDIE
Creazione: Àlex Serrano, Pau Palacios e Ferran Dordal / Performance: Àlex Serrano, Pau Palacios e David Muñiz / Voce: Simone Milsdochter / Project manager: Barbara Bloin / Light design e videoprogrammazione: Alberto Barberá / Sound design e colonna sonora: Roger Costa Vendrell / Videocreazione: Vicenç Viaplana / Modelli in scala: Saray Ledesma e Nuria Manzano / Costumi: Nuria Manzano / Assistente alla produzione: Marta Baran / Consulente scientifica: Irene Lapuente. La Mandarina de Newton / Consulente del progetto: Víctor Molina / Consulente legale: Cristina Soler / Management: Art Republic.
Una produzione di
GREC 2016 Festival de Barcelona, Agrupación Señor Serrano, Fabrique de Théâtre – Service des Arts de la Scène de la Province de Hainaut, Festival TNT – Terrassa Noves Tendències, Monty Kultuurfaktorij e Festival Konfrontacje Teatralne.
Con il sostegno di
Oficina de Cultura de la Embajada de España en Bruselas, Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya, Centre International de Formation en Arts du Spectacle de Bruxelles, Instituto Nacional de las Artes Escénicas y la Música (INAEM), Institut Ramon Llull.
Sponsor degli animali in miniatura: Safari Ltd.
Sponsor degli effetti speciali: Nasa FX
Premi
Premio dei Critici di Barcellona 2016 al miglior spettacolo di nuove tendenze.
Premio Butaca 2017, Premi di Teatro di Catalogna, Nuove drammaturgie.