Il film di Olivier Stone Snowden uscito il 24 novembre nelle sale italiane, tratto dalla vera storia di Edward Snowden, analista informatico che scelse di denunciare gli abusi della NSA e che potremo definire un eroe dei nostri tempi, mette in luce la questione della sicurezza informatica e l’illegale sistema d’intercettazioni del governo americano prima e durante la presidenza Obama.
La raccolta indiscriminata di informazioni prese dai cellulari o dai contatti dei privati cittadini è diventata una rete infinita nelle mani dei governi che così facendo, ledono le libertà fondamentali sancite dalla stessa Costituzione degli Stati Uniti. Snowden denuncia questo sistema di cui lui stesso era parte per alcuni anni della sua vita di brillantissimo informatico e geniale hacker. La denuncia che avviene attraverso i media (Washington post e The guardian), la rocambolesca fuga dal Giappone che finisce a Mosca quando gli viene revocato il passaporto in volo ed è accolto da Putin, ricorda la vicenda di Assange di Wikileaks che non a caso entra in questa storia fornendo a Snowden aiuto nella fuga e avvocati.
IL TEATRO E LA SORVEGLIANZA: In teatro se ne è occupata una compagnia statunitense, The Builders Association diretta da Marianne Weems specializzata in allestimenti teatrali riccamente dotati di tecnologia digitale e schermi panoramici e che nel 2003 ha portato a RomaEuropa il pluripremiato Alladeen, storia non così fiabesca di dipendenti di un call center di Bangalore.
Supervision è la loro produzione ispirata alla sorevglianza: ha avuto una prima tournée tra l’Inghilterra, l’Australia e gli Stati Uniti. Sono tre storie che parlano della violazione della privacy e del controllo e monitoraggio in tempo reale di liberi cittadini senza la loro autorizzazione: vite che diventano trasparenti a cominciare dalle transazioni economiche e dagli spostamenti da loro effettuati, dallo stipendio che arriva loro in banca, dalla spesa quotidiana, dai loro incontri negli spazi pubblici sorvegliati. Marianne Weems mette in scena storie di ordinario pirataggio dati in epoca post-privata , legate al filo (o file …) comune della propria identità personale diventata informazione ramificata, incontrollabile, separata dal corpo fisico e che viaggia dentro migliaia di processori in uno spazio-dati invisibile.
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Persone che vivono nel white noise della costante connessione remota, viaggiatori bloccati alla frontiera a causa di controlli che incrociano informazioni strettamente personali con quelle dell’ AIDC (Automatic Identification and Data Capture). Marianne Weems (che ha lavorato come dramaturg e assistente alla regia di Elizabeth LeCompte e Richard Foreman) ha dato visibilità e concretezza palpabile a questi databodies , a questa infosfera immateriale attraverso un’imponente architettura fatta di uno schermo panoramico, proiezioni video multiple real time, animazioni computerizzate e un sistema di motion capture.
E’ ormai prassi ricevere telefonate al nostro cellulare da parte di ditte in possesso del nostro numero che non fanno mistero di sapere a quale gestore telefonico siamo abbonati e che si dimostrano pronti a offrirci un miglior abbonamento. Le carte di credito, i telepass personali, le tessere magnetiche, le schede SIM dei cellulari, le e-mail, la navigazione su Internet, la frequentazioni di siti web: la prima schedatura personale comincia da qua, attraverso programmi studiati per carpirci password, login, ID, codici di accesso.
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Telecamere di sorveglianza, cimici web (sorta di invisibili cookies usati dalle aziende pubblicitarie per tenere traccia degli spostamenti dei visitatori, analizzarne le abitudini, e rivendere le informazioni a società commerciali), tecniche biometriche che consentono il riconoscimento dell’individuo attraverso l’identificazione di particolari caratteristiche del corpo, tecnologia RFID (Identificazione a Radio Frequenza) per il tracciamento di oggetti e persone attraverso un microchip.
Oggi esistono rilevatori delle dimensioni di un chicco di riso, tali da poter essere inseriti sotto pelle e da farci diventare dei localizzatori viventi. Clamorosa fu la campagna negli Stati Uniti di boicottaggio contro la Benetton che aveva annunciato l’introduzione dei TAG RFID nei capi d’abbigliamento per finalità di logistica e per nuove strategie di marketing (la qual cosa avrebbe avuto come conseguenza il tracciamento indesiderato non solo dei golfini United Colors ma anche di chi li indossava…). Tra gli artisti che lavorano sui sistemi telematici di sorveglianza vanno ricordati i Preemptive Media, gruppo di media artist statunitensi cui si è aggiunta Beatriz De Costa, fuoriuscita dai Critical Art Ensemble.
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In Zapped! promuovono workshop specifici per conoscere la tecnologia RFID e imparare a costruirsi il proprio detector artigianale visivo o sonoro (in forma di portachiave o braccialetto) per individuare la presenza di TAG. Infine i Surveillance Camera Player: sin dal 1996 realizzano un teatro contestativo fatto di performance silenziose con cartelli-slogan e azioni davanti a videocamere di sorveglianza dislocate nelle diverse città, per smascherarne la presenza e denunciare la realtà del controllo sociale.
Il gruppo ha redatto una vera e propria mappa regolarmente aggiornata e pubblicata su Internet e ha creato un applicativo web I-see , che permette a chiunque di calcolare i propri percorsi evitando l’occhio vigile del video.