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Circolarità e verticalità: intervista a Lepage di Giancarla Carboni e Anna Monteverdi
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Incastrato dentro una scena video-frontale, mi sono ritrovato come un’immagine “all’egiziana” 

Negli anni Novanta il teatro comincia ad integrare sempre più spesso le immagini. La tecnologia era più disponibile, più malleabile, più accessibile. Si usava il video, si lavorava col bidimensionale e gli spettacoli erano diventati col tempo, prigionieri di questa forma. Anche io sono tornato a quello schema frontale di scena e mi sono ritrovato “come un’immagine all’egiziana”.
Tutto questo era molto interessante e divertente, certamente si stava creando un nuovo vocabolario ma io mi sono sentito imprigionato in questa nuova dimensione. L’idea iniziale infatti, era quella di liberare la scena grazie al video, ma la cosa poi, è ricaduta in una sorta di immobilismo. Nei primi spettacoli, come La Trilogie des dragons, che era bi-frontale (le azioni si svolgevano di fronte e dietro uno schermo ndr), non ci si preoccupava necessariamente di quello che la gente vedeva o non vedeva, sentiva o non sentiva ma si cercava di trovare una chiave di recitazione che facesse arrivare la storia agli spettatori. Così mi sono ritrovato invece, nei miei spettacoli alla fine degli anni Novanta schiacciato come in una sorta di sandwich.

Lepage “walk like an Egyptian”

La rottura della frontalità: il teatro degli anni Sessanta 

L’idea di lavorare in uno spazio circolare mi interessava. Ho ripensato al teatro gli anni Sessanta, Settanta sino agli anni Ottanta. In quel periodo il teatro provava a rompere la quarta parete e la scena tradizionale lavorando anche in spazi circolari oppure faccia a faccia col pubblico. Si recitava spesso in luoghi industriali, insomma il teatro voleva liberarsi. Si era consolidato un vocabolario legato al vecchio teatro tradizionale all’italiana dal quale ci si voleva liberare: stile di recitazione, messa in scena, tutto era messo in discussione. Era in atto una rivoluzione che avrebbe cambiato le cose.

La scena a cerchio con Peter Gabriel: il ritorno alla teatralità
Nel 2001 ho collaborato, per la seconda volta, con Peter Gabriel per il suo tour Growing up Live. Il palco era circolare e molto simile a quello di questo spettacolo. Nonostante non fosse uno show perfetto, mi aveva fatto ripensare all’idea di liberarmi del quadrato. Il solo modo di superare il problema di lavorare in un’area circolare, è quello di reinventarne il vocabolario. Quando c’è un gruppo che suona, si pongono dei problemi legati alla gestione dello spazio: per esempio, il chitarrista per chi deve suonare? Deve guardare il pubblico o altrove? Non era certo la prima volta che un gruppo rock suonava in uno spazio del genere, ma per me era la prima volta. Mi ponevo anche il problema del video: se non c’è uno sfondo o uno schermo, come si fa?

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Mi piaceva molto l’idea del cerchio, il fatto che lo spettatore vedesse lo spettacolo e allo stesso tempo vedesse se stesso. Il pubblico guarda lo spettacolo, cerca di capire quello che succede ma allo stesso tempo vede l’eco della sua stessa reazione, si è consapevoli di far parte di una sorta di comunità. Mi sembrava che tutto ciò avesse una teatralità che io avevo perso nei miei spettacoli e avevo voglia di tornare a questo.
Ho iniziato Jeux des cartes consapevole che sarebbe stato molto problematico lavorare in uno spazio circolare: trovare il livello di recitazione, decidere di recitare di fronte a solo una parte del pubblico ma necessariamente di spalle a qualcun altro, fare attenzione che il dettaglio sia visibile, che arrivi un’immagine molto precisa perché tutti la vedano e capiscano. Ma allo stesso tempo è questa la bellezza delle cose. E’ necessario mettersi in pericolo soprattutto a teatro, bisogna rischiare.
C’è una cosa che ho riscoperto dopo lo show di Gabriel e ancor più col Cirque du Soleil, (parlo dello spettacolo nel tendone dove non c’è uno spazio esattamente a 360° ma semicircolare, un po’ elisabettiano): l’idea che mi ha subito affascinato è che il pubblico vede la performance ma allo stesso tempo gli spettatori. Questo fa sì che il pubblico sia consapevole che si racconta una storia ma allo stesso tempo si crea anche una distanza.

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Cirque du soleil, KA


Circolarità e verticalità: il circo, il teatro medioevale
L’elemento che hanno in comune tutte queste esperienze è l’idea della verticalità. Quando il direttore del Cirque du Soleil mi chiese di collaborare con loro, mi disse che potevo fare ciò che volevo ma dovevo necessariamente sviluppare l’azione coprendo tutti i livelli dal suolo al soffitto. Mi disse che questa linea immaginaria verticale doveva essere il mio riferimento costante. Mi ha fatto capire una cosa importante e cioè che il circo è verticale, che quando si lavora su uno spazio circolare c’è necessariamente l’esigenza anche della verticalità.
Nel XX secolo siamo ossessionati dal cinema, dove l’immagine è orizzontale ed è la telecamera che si muove e ritrae l’uomo e il suo ambiente. Il teatro, al contrario lavora da sempre sulla verticalità. L’uomo è sulla terra, verso l’alto sono le sue aspirazioni, il suo dio, la sua morale.

Anche le storie da sempre erano scritte in quel senso: c’è l’uomo e in alto la sua volontà di crescere, le sue aspirazioni e la sua morale, più in basso il diavolo, l’inferno. Mi sono accorto che anche noi di Ex Machina, nel modo di raccontare le storie, avevamo eliminato il diavolo e dio (non ci chiamiamo infatti Deus ex machina ma solo Ex Machina dunque dall’inizio abbiamo eliminato la parola dio); volevo tornare a questo modo di raccontare le storie dove la verticalità ci forzava a ricongiungerci un po’ di più alla poesia, alla mitologia. Il cerchio insomma, ci ha messo di fronte a cose che non avevamo mai fatto, che non conoscevamo.
Per me è un’esperienza davvero molto ricca. Con l’organizzazione Reseau 360° e con Philippe è interessante discutere su cosa vuol dire lavorare in uno spazio circolare e che cosa vuol dire raccontare una storia in cerchio, quali sono i punti forti e quelli deboli, quali sono i vantaggi e quali i pericoli. Trovo che questo sia molto sano. In questo momento, non dico che le persone amino la facilità, ma c’è una sorta di accettazione degli standard industriali che dicono che tu devi raccontare una storia frontalmente, seguendo degli schemi fissi. Certo, ci sono quelli che lo fanno bene e quindi tanto meglio per loro, ma io amo complicare le cose!

Tecnici e attori dentro e sotto la scena
Ci sono dodici persone che lavorano nello spettacolo tra attori e tecnici. Noi parliamo di tecnici ma si tratta di manipolatori che come con le marionette, muovono la struttura partecipando attivamente al racconto della storia. Si cerca con loro di capire come fare le entrate e le uscite in una struttura circolare. A partire dal momento in cui abbiamo cominciato a improvvisare, a esplorare le storie, gli attori suggerivano dei personaggi o delle situazioni e ci siamo ritrovati che erano dentro delle camere d’hotel. Allora ci siamo posti il problema di come rendere le quattro pareti delle camere; io amo molto gli ostacoli, amo molto i problemi e così proviamo varie soluzioni direttamente in scena. Prima dello spettacolo gli attori stanno almeno una ventina di minuti sotto il palco ad aspettare perché non possono entrare dopo gli spettatori, non possiamo vederli entrare.
Gli attori hanno una sorta di volontà elastica per fare il vuoto nella mente e aspettare! Questa dimensione circolare è un’altra cosa rispetto a quello a cui siamo abituati, e sono queste le cose che mi attraggono..

Processo di scrittura: le carte in mano
Io non ho tutte le soluzioni in tasca, le regole o le chiavi di ingresso: ci si imbarca in un’avventura in cui ogni tanto si trovano delle soluzioni che funzionano. C’è anche il pubblico che ci dice quello che funziona, quello che ha capito o meno e questo fa parte del processo creativo. Ci siamo riuniti attorno ad un tavolo, attori e non attori. Nei miei spettacoli ci sono sempre artisti che arrivano da diversi ambienti (cantanti lirici, imitatori, non attori etc.), che arrivano con un bagaglio di esperienza diversa. In questo caso ho dato loro le carte da gioco, che non sono esattamente un tema ma una risorsa, e insieme abbiamo giocato e parlato, abbiamo fatto delle improvvisazioni e anche delle ricerche.

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Lo spettacolo è un po’ l’immagine di qualcosa che funziona bene ma prima di prendere la sua forma finale passa attraverso molti stadi e prove. Concentrando le prove in brevi blocchi di tempo (qui a La Comete 5 giorni, a Québec 10 giorni in cui abbiamo messo in piedi la struttura dello spettacolo e lo abbiamo presentato, abbiamo fatto 3 prove pubbliche) c’è sempre molto poco tempo per sviluppare il lavoro.
Tra questi blocchi ci sono 4, 5, 6 mesi. Ciò significa che non si fanno molte prove, tutto succede durante la tournèe. Arriviamo in una città dove ci prendiamo qualche giorno per discutere cosa cambiare, valutando ogni volta quello che ha funzionato o meno e si cambiano delle cose. Gli attori decidono a volte, anche di scambiarsi le battute.
Tra Madrid (dove è avvenuto il debutto assoluto, ndr) e qua a Chalons sono cambiate molte cose, a Madrid lo spettacolo infatti durava 3 ore, qui 2 ore e mezzo. I personaggi prima di trovare la linea interpretativa improvvisano, tentano degli esperimenti. All’inizio si cambiano molte cose perché ci si accorge di volta in volta di quello che non funziona e a forza di recitare, lo spettacolo inizia a prendere forma, a scolpirsi, il testo si affina e i personaggi trovano il loro percorso e la loro collocazione. Non c’è una visione di partenza di un grande autore che dice “si scrive così, si fa così”, la scrittura fa parte della dinamica del gruppo. Questo è uno spettacolo che ha bisogno di un grosso montaggio, sono necessari 2 o 3 giorni di lavoro e noi ne approfittiamo per far arrivare gli attori un po’ prima e discutere con loro. Alla fine di queste riunioni si prova e si fa una generale tecnica per capire se tutto funziona. Durante la generale tecnica si provano anche varie soluzioni drammaturgiche.

Cambiamenti dell’ultimo momento. Il teatro è uno sport
Da quando è iniziato questo spettacolo abbiamo fatto 15 repliche. Ci sono dei punti che rimangono stabili perché funzionano. Ci sono molte cose che cambiano e altre che si solidificano, si fissano. In questa scelta, in questo modo di lavorare (ed è ciò che ci piace) c’è la scelta di mettersi in una condizione di pericolo. Le persone si affezionano ai punti più forti dello spettacolo, quelli che funzionano, quelli emozionalmente solidi. Sappiamo ad esempio, che la fine dello spettacolo sarà con il personaggio che soffre di gioco compulsivo e il suo sciamano, ma quello che dice e quello che succede cambia ogni volta, ancora non abbiamo trovato la chiave. Anche stasera cambieremo qualcosa, riscriviamo. Ma questo è il nostro sport! E’ molto sportivo quello che facciamo.

Ci sono delle cose che il pubblico non capisce ma ce ne sono altre che lo incollano alla storia. Noi ascoltiamo, arricchendo il nostro lavoro di nuovi elementi. Questo è un modo particolare di lavorare, fuori dal sistema nel quale ci si aspetta lavori subito pronti all’uso.

La narrazione non è all’altezza di un autore come me? Ma la storia non è ancora finita…
La storia non è ancora cresciuta, i miei spettacoli sono così, può darsi che qualcuno abbia visto miei spettacoli più completi; è vero, ciò non scusa certe lacune drammaturgiche dello spettacolo. Ma è così che procediamo. Ancor prima che lo spettacolo venga scritto o messo in scena ci diciamo cosa vogliamo dire e fare e mettiamo in piedi il progetto scenografico che ci offre un terreno di gioco. Da qui partiamo per raccontare le storie e in questo terreno di gioco le cose nascono e crescono. Non sappiamo sempre dove siamo rispetto al percorso evolutivo dello spettacolo. Per esempio, quando abbiamo fatto Lipsynch a Londra c’era un ottimo impianto scenografico a supporto di idee che avevamo in testa ma che ancora non avevano trovato una forma. E la storia non reggeva ancora. Dopo tante repliche, lo spettacolo ha preso una forma precisa, esatta. E’ il mio modo di lavorare, non posso fare diversamente. Non ci sono certezze. E’ così che ho sempre sviluppato i miei spettacoli e a parte questo, c’è anche un fattore culturale. Cioè a dire che ci sono degli spettacoli che evolvono meglio all’interno di un contesto, in una certa cultura e che per diversi motivi rendono possibile la crescita dello spettacolo. Anche solo il fatto che all’inizio non ci si accorge che è mal scritto perché magari va in scena in un paese di lingua diversa. Anche questo fa parte dell’evoluzione dello spettacolo. L’itinerario dello spettacolo partecipa al suo sviluppo. Penso che dopo le date in altre città francesi (Lyon, Amiens) e inglesi (Londra), alla data di marzo a Parigi il pubblico vedrà uno spettacolo più completo. E’ sempre una nuova esperienza per chi si interessa al processo creativo, a me interessa soprattutto a quello. Ci sono persone infatti che vengono più di una volta agli spettacoli (indica Anna Monteverdi ndr) La delusione fa parte del processo ma a me questo piace.

Una questione di perfezione: il regista è un vigile urbano
Ho una preoccupazione di perfezione per la scrittura e anche per la drammaturgia. Ma questa cresce lentamente perché si lavora con materiale umano. La tecnologia la si programma e si fa ciò che si vuole. Gli umani invece sono complessi! Per me questo è un lavoro necessario da fare, per gradi, una scoperta: non so dove andiamo ma so che c’è sempre un continente. Non sono un autore e un regista che dice “Seguitemi so dove andiamo”. Gli attori sono molto coraggiosi: nel momento in cui mi chiedono cosa devono fare nello spettacolo io rispondo che non lo so. Ed è vero, so solo che parla del gioco delle carte. Non ho subito la storia, io scavo e scolpisco il materiale che ho a disposizione. Le persone portano le loro esperienze, le loro idee e io divento un vigile urbano e a un certo punto, quando le cose circolano bene, sono in grado di vedere davanti a me le storie e di scolpire il personaggio, ma all’inizio non ci sono che idee e bisogna avere pazienza. Non sono quel tipo di artista che arriva con la visione di quello che vuole fare. Di sicuro sono come il capitano della nave che dice che non sa dove si va e quando si arriverà ma solo che c’è un continente, e che quindi si toccherà sicuramente terra. Si continua a lavorare sino a quel momento.

Il segreto: lavorare con l’agilità del rettile
Lo spettacolo dipende anche dal tipo di tensione che si dà agli artisti. Noi pensiamo di presentare al pubblico delle cose interessanti, delle idee davanti alle quali può, più o meno, rimanere colpito, ma creiamo comunque un interesse. Anche se il pubblico non ha capito tutta la storia per intero, lo si ascolta cercando di capire se ci sono dei punti forti da valorizzare. E’ il nostro modo di aprire i giochi, mettere in campo anche la nostra ignoranza, ma c’è sempre grande fiducia. Anche se non c’è una garanzia assoluta in questo metodo di lavoro collettivo di Ex Machina, è necessario passare dagli spettatori e anche dalla critica. Raccogliamo i punti di vista e li mettiamo dentro unmulinello e ci lavoriamo.
E’ molto difficile il momento della ghigliottina della prima, il debutto: io sono riuscito a evitarla. Noi lavoriamo con l’agilità del rettile (sposta la mano da una parte all’altra mimando il serpente, ndr), cioè cerchiamo continuamente nuove vie. Ogni pubblico vuole cose diverse. Anche questo fa parte del mio lavoro. Ho detto prima della questione culturale, mi viene in mente La face cachée de la lune. Non avevo idea che trattasse temi universali e non sapevo in che modo li trattasse. Ho portato lo spettacolo in Europa ed è andato bene sino a quando non sono arrivato in Corea e il pubblico fece delle riflessioni importanti sui due fratelli della storia e su cosa significava per loro, e così mi sono reso conto che c’era una dimensione universale, ma questo non l’avevo messo in conto nel mio spettacolo, è una cosa che è nata li. Così mi sono rimesso a scrivere e ad arricchire la storia sulla base di questa riflessione. Io non so quale spettacolo lo spettatore vedrà ma cerco di confrontare sempre la storia con diverse culture e diverse persone, e questo è una vero lusso.

L’attore? E’ un cantore, uno che fa, uno che mostra
Un buon attore normalmente è quello che partendo da un testo fa un’ ottima interpretazione e il regista può lavorare faccia a faccia con lui perché tutto è dentro il testo. Noi non abbiamo testo e allora il gioco è davvero un gioco e al momento giusto si finisce per ricreare e rifare da zero. Si cambia in continuazione e alla fine è come se avessimo avuto un buon testo sin dall’inizio. Ma il testo in realtà all’inizio non c’è, quindi io non posso dirigere l’attore, si può parlare delle idee. L’attore diventa più un cantore, uno che fa, uno che mostra.

Never ending stories
Noi non abbiamo modo di prenderci due anni di lavoro su un solo spettacolo in Canada. Bisogna lavorare su più spettacoli e non si può provare concentrando il numero di ore a disposizione. Noi preferiamo prendere questo numero d’ore e allungarlo sui due anni di lavoro. In questo spazio di tempo le persone pensano allo spettacolo e fanno delle ricerche, tornando con delle buone idee. Utilizziamo il numero d’ore a nostra disposizione allungandole su un periodo più lungo. Si comunica con tutti i mezzi quando non ci si vede (mail, telefono etc) perché, non essendo una compagnia, lavoriamo con persone che fanno anche altre cose e vivono in città e stati diversi. Ma il lavoro di messa in pratica si fa quando siamo riuniti in gruppo prima dello spettacolo. Ad esempio, ogni volta vediamo il video dell’ultimo spettacolo per capire ciò che si è cambiato e va bene, e quello che si deve cambiare. Gli attori allo stesso tempo hanno una visione della scena nel suo complesso, a volte addirittura rimangono sorpresi vedendo quello che succede in scena e in relazione anche a questo cambiano delle cose dei loro personaggi. Quando ci incontriamo la volta successiva tutti hanno molte nuove idee. Questa è una dinamica che io trovo molto eccitante, c’è un’effervescenza… ed è sempre il rifiuto della ghigliottina della prima: si prova uno spettacolo per un anno, si fa qualche anteprima e poi il debutto e da quel momento non si muove più nulla, se alle persone piace, bene, se non piace.. è tutto finito. La ghigliottina. Io non ho voglia di stare dentro un sistema così, io penso che si debba lavorare su un progetto sino a farlo funzionare. E’ difficile farlo nel sistema attuale ma noi crediamo fermamente in questo processo creativo.
Gli attori hanno sempre voglia di recitare come quando si fanno i match di improvvisazione: non si sa se funzionerà o meno. Bisogna essere un po’ dipendenti dall’adrenalina per lavorare così.
Questo non giustifica nulla, se ci sono dei problemi drammaturgici ne siamo coscienti e cerchiamo di fare meglio. Ma è lo sport che pratichiamo, è uno sport diverso.

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La creazione collettiva? Un’idea fricchettona a cui io credo ancora
Siamo partiti da un gioco di carte, se giochiamo insieme e io chiedo ad esempio “A cosa vi fa pensare il colore rosso o il nero nel gioco delle carte?” Mi direte qualcosa e io non potrò mai essere in disaccordo con un’impressione di un altro, quindi non ci sono mai dei conflitti da questo punto di vista. Ma se si facesse così col tema della guerra nascerebbero subito dei conflitti perché tutti arrivano da una classe sociale differente e da un posto diverso e sul tema abbiamo opinioni diverse.
Si inizia con delle cose più poetiche e chiedo ad esempio ciò che le carte evocano e le persone raccontano fatti personali. Io prendo tutto questo materiale cerco di analizzarlo e intrecciarlo, cosicché il lavoro prende il colore di chi partecipa e questo spettacolo è davvero il risultato di queste sei persone più me.
Può capitare che per ragioni professionali qualcuno non possa continuare la tournèe e venga sostituito da un altro attore che cambierà ancora il colore dello spettacolo, e farà delle cose migliori o anche peggiori. Io so che in tutte le creazioni non c’è niente che si perde e niente che si crea. Molto spesso ci si riunisce intorno al tavolo portando delle idee che poi vengono abbandonate, addirittura buttate via ma che poi in qualche modo finiscono per riaffiorare facendosi strada in diversi modi e risalendo a galla per trovare la loro collocazione.
E’ così: una vecchia idea fricchettona degli anni Sessanta di creazione collettiva ma io ci credo ancora, ci sono persone che sono più al loro agio con questo modo di lavorare piuttosto che in una dittatura di regia.

L’attore deve essere in pericolo: la regola del teatro dai match di improvvisazione
Noi non ci aspettiamo che lo spettatore si interessi al lungo processo di creazione. Noi cerchiamo di fare il meglio nel momento in cui lo stiamo facendo, per lo spettatore che c’è in quel momento, in quel luogo, senza giustificare nulla di quello che accade in scena facendo riferimento agli spettacoli precedenti o a quelli futuri. Tutte le sere cerchiamo di fare il meglio. C’è un motivo per il quale procediamo così, ed è per il fatto che il teatro abituale, convenzionale non suscita in noi lo stesso interesse. Non è una critica, non dico che quello non è un buon teatro, dico solo che quel tipo di teatro non ci mette in pericolo ogni volta che lo mettiamo in scena. Più regole ci sono, meno interessante sarà per un attore o per un regista.
Io arrivo dai match di improvvisazione e ho lavorato per il circo dove gli artisti provano i numeri di giocoleria ma non sono mai veramente sicuri di essere pronti.
Credo però che lo spettatore riceva comunque qualcosa di importante ed è per questo che io difendo questo modo di fare e tutti i rischi che questo comporta. Cerchiamo di fare il meglio che si può la sera che si fa lo spettacolo; poco importa se a volte la drammaturgia è un po’ in bilico; il pubblico vede delle persone che sono in “pericolo”, che hanno questa energia e a volte questo fa scattare il miracolo, a volte è davvero miracoloso! A volte per niente.. Succede sempre che c’è qualcosa che fa scattare la molla della soluzione giusta, ci prendiamo il rischio di offrire questo.

Una drammaturgia a incastri
Siamo sicuri che faremo come spettacolo: picche, cuori, danari e fiori ma queste carte prima erano spade, coppe, danari e bastoni. Questo perché le carte arrivano dal mondo arabo. Picche, ovvero spade è legato al mondo militare; il cuore/coppe è legato all’idea dell’amore ma è anche il sacro Graal, quindi è una carta legata alla religione, alla magia, alla superstizione, (si svolgerà un po’ nel mondo della magia a Parigi nel diciannovesimo secolo e non ha nulla a che vedere con lo spettacolo in corso).
L’altro è denari, che in inglese è diamonds, cioè legato a qualcosa che ha valore. Prima questa carta era rappresentata dalla moneta, quindi è legata al mondo del commercio; l’ultimo è fiori/bastoni che rappresenta l’agricoltore, l’operaio, ma rappresenta allo stesso modo la rivolta.
Adesso abbiamo toccato il tema militare nel prossimo ci sarà il tema della magia poi mondo degli affari e così via. Sono tutti temi collegati ed è importante per noi che nel primo spettacolo siano rappresentati tutti i semi.
E’ la prima volta che cerchiamo di seguire quattro storie contemporaneamente, normalmente negli spettacoli seguiamo le storie una dopo l’altra, qui cerchiamo di farlo contemporaneamente.

Jeux de cartes – CŒUR © Érick Labbé

C’è in queste quattro storie un rappresentante per ogni seme:

♠ spade/picche (la storia militare);
♥ cuori/coppe (la coppia che si sposa a Las Vegas;ci sono anche dei riferimenti alla fede e al sistema religioso);
♦ danari/ori (il mondo degli affari, col personaggio che soffre di gioco compulsivo che viene a Las Vegas per affari);
♣ bastoni/fiori (il mondo proletario, gli impiegati del casinò e della caffetteria che sono tutti immigrati e parlano in spagnolo).

Per noi è importante che le quattro carte siano rappresentate nella prima uscita in una sorta di microcosmo che inizi l’intreccio. Non sappiamo ancora se queste quattro storie avranno un legame ma sappiamo ci saranno dei temi che si intrecciano e si faranno eco lungo tutto il progetto. Il grande desiderio è quello di presentare in futuro i quattro spettacoli.

13 carte, 7 attori
Non abbiamo ancora ingaggiato tutti gli attori ma ci saranno 7 attori per cuori. Abbiamo 13 carte, 6 attori per picche e 7 per cuori. Ci sono delle regole anche per questo: mescoleremo le carte per poi dividerle in due mazzi e decidere chi farà la terza parte e chi la quarta.
Anche per chi fa il montaggio dello spettacolo è chiara questa situazione in cui delle immagini trovano lentamente la loro collocazione, ma non si può mai forzare questo processo in modo definitivo.

Film e teatro: “Il teatro è NOW!”
Una differenza tra far dire una cosa a un film e farla dire a uno spettacolo è che nel film si ha il materiale relativo alle riprese e si può solo cercare di incastrarlo col montaggio, cercando di far parlare le immagini ma resta tutto nelle immagini. Io invece posso benissimo dire ai miei attori, in qualsiasi momento di fare una cosa con un’intenzione completamente diversa e loro rimetteranno tutti gli orologi a zero. Nel cinema questo ovviamente, non si può fare perché è già tutto registrato. Per questo che trovo interessante recitare con questa particolarità del teatro: ogni giorno è un nuovo giorno e non si sa mai cosa accadrà.
Io non faccio molto cinema ma le prime volte che l’ho fatto, scrivevo la sceneggiatura, si girava si faceva il montaggio, poi il film veniva distribuito e durante il tempo di distribuzione magari ad un festival, parlavo con la gente del mio film e avevo l’impressione di vedere il fantasma delle mie idee passate. Quello che vedevo era quello che ero, magari due anni prima! Questo a teatro non succede mai. A teatro si parla di ciò che abbiamo fatto ieri, che faremo oggi e domani, anche se la tournèe è iniziata da cinque anni. E’ sempre now! Per questo io mi sento molto più vicino al teatro.

 

Foto di copertina

Jeux de cartes – CŒUR © Érick Labbé

Techno Glossary
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Presence: Presence has been a key concept for understanding the effectiveness of virtual reality. It’s a psychological phenomenon that has been defined as the participant’s sense of ‘being there’ in a virtual environment (VE). It is a mental state in which a user feels physically present within the computer-mediated environment. It has been widely argued that the interaction with this virtual world on various levels is an important source of presence, stimulating both the bodily and cognitive activity of the user. [Wynants Nele, Vanhoutte Kurt, Bekaert Philippe.- Being inside the image: heightening the sense of presence in a video captured environment through artistic means.- In: Presence 2008: proceedings of the 11th International Workshop on Presence in Padova / Spagnolli, Anna [edit.]; e.a., Padova, Libraria Universitaria Padova, 2008, p. 157-162]

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Shin’m 2.0. Eunsu Kang. 2011. Interactive Space + Performance

Hybrid/Transitional Space: We would no longer describe the embodied environment in terms of virtual as opposed to real, but as a hybrid space in between/springing from different levels of perceived reality. By intermingling these different sensorial stimuli [in CREW’s performances ](live, prerecorded and mediated) the senses are played off against each other, in a perpetual negotiation about the experienced environment. We would argue that presence, or the feeling of being there, is enhanced in particular during this transitional moments, where one has to redefine his world based on the sensorial information. It is in this shifting moment between the embodied and the perceived world, on the fracture between what we see and what we feel that the spectator has the strongest feeling of being there in an immersive experience. In this hybrid experience, the perception of the own body is pushed to the extreme, causing a most confusing corporal awareness.
[Vanhoutte Kurt, Wynants Nele.- Pending presence: negotiating the space inbetween.- In: Space cowboys: how art creates, networks and visualises hybrid spaces / Klaveren, van, Rosanne [edit.]; et al. [edit.], Genk, Media and Design Academy, 2009, p. 58-72]

CREW & URLAND until 29/03 in residence at BUDA ARTS CENTRE (Kortrijk, BE) "Turn on, Tune in, Drop out"
CREW & URLAND until 29/03 in residence at BUDA ARTS CENTRE (Kortrijk, BE)
“Turn on, Tune in, Drop out”

Omnidirectional Video: omni-directional video (ODV) [is] a new immersive medium that allows the spectator a surround video display by means of a head mounted display (HMD). Equipped with an orientation tracker this HMD shows a sub-image of the panoramic video that corresponds with the spectator’s view direction and desired field of view. (…) ODV places the viewer physically in a video-captured image, generating an environment more true to live. Moreover, the filmed image becomes a space in which the viewercan walk around. The virtual space coincides with the embodied own space, integrating thus the story world into the physically perceived world of the spectator.
[Vanhoutte Kurt, Wynants Nele.- Pending presence: negotiating the space inbetween.- In: Space cowboys: how art creates, networks and visualises hybrid spaces / Klaveren, van, Rosanne [edit.]; et al. [edit.], Genk, Media and Design Academy, 2009, p. 58-72]

Rubber Hand Illusion: In this scientific experiment the sight of brushing of a rubber hand at the same time as brushing of the person’s own hidden hand has proved to be sufficient to produce a feeling of ownership of the fake hand. Under such conditions of multi-sensory conflict, vision typically dominates over proprioception and touch. In other words, the friction between simultaneous sensorial stimuli is cognitive unified in a coherent experience where the dominance of vision causes the feeling that the virtual hand is owned by the person involved.
[Wynants Nele, Vanhoutte Kurt, Bekaert Philippe.- Being inside the image: heightening the sense of presence in a video captured environment through artistic means.– In: Presence 2008: proceedings of the 11th International Workshop on Presence in Padova / Spagnolli, Anna [edit.]; Padova, Libraria Universitaria Padova, 2008, p. 157-162]

Headswap: Headswap is the technological dispositive of W (Double U), a collaborative interactive performance. “In this performance, immersive technology is used for the live exchange of vision. Two spectators in different geographic locations are equipped with a head mounted omni-directioSnal camera and display. By means of this immersive equipment their fields of vision are swapped, which enables the participants to perceive the world through another person’s point of view. Moreover, they can look and move around in each other’s field of vision, and have to perform by sustaining and guiding each other via microphone and headset. They embody, as it were, the visual field of the other, somewhere else.
[Forthcoming publication : Wynants Nele, Vanhoutte Kurt, “Performing phenomenology: Negotiating presence in intermedial theatre.” In : A Special Issue of Foundations of Science: “Opening up the in-between: interdisciplinary reflections on science, technology and social change.” Springer, 2010 (in press).]

Light as a medium, Space as a canvas: the art of Joanie Lemercier (AntiVJ)
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Joanie Lemercier is a French artist primarily focused on projections of light in space and its influence on our perception. Lemercier was introduced to creating art on a computer at age five by attending classes on pattern design for fabrics taught by his mother. The threads of his early education grounded his interest in physical structures: geometry, patterns, and minimalist forms. As Lemercier’s work evolved, he began to play with these concrete structures through the physics and philosophy of how light can be used to manipulate perceived reality.

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Since 2006 Lemercier has worked with projected light, and he co founded visual label AntiVJ in 2008, with artists Yannick Jacquet, Romain Tardy and Olivier Ratsi. He worked on stage design for festivals such as Mutek (Montreal, Mexico) and worked alongside artists such as Flying Lotus (special show at the Roundhouse London), and with Portishead’s Adrian Utley (as part of the cultural Olympiads, London 2012), and architectural projections all around the world.

In 2010, Lemercier turned his focus on installations and gallery work, and exhibited at China Museum of Digital Art, (Beijing), Art Basel Miami and Sundance film festival 2013. In 2013, Lemercier founded a creative studio in NYC, focused on research and development of artworks and experiments that use projected light in space.

He is represented by Muriel Guepin Gallery in New York City.

Photography

Château des Ducs de Bretagne, Nantes, 2010.

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Light sculpture v2 - Mapping festival, Geneve 2008

Installation AntiVJ - Paysages Electroniques - 3-5 avril 2008 - Lille - France

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Eyjafjallajökull, NY, May 2010 – commissioned by onedotzero

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Eyjafjallajökull

Paper and light

Paper and light

Mappando alberi, la nuova mania dei digital artists
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Si chiama The Influence machine il progetto di proiezioni di “moving images” su alberi e fumo di Tony Oursler dal 2011. Presentato in vari parchi urbani il progetto utilizza sistemi di proiezioni  con una “luce parlante” collegata a un sistema di messaggi da internet che dà ai partecipanti remoti la possibilità di contribuire in questo modo: le loro parole sono convertite in suoni e luci. La partitura di Oursler e Tony Conrad prevede anche live performer.

Il portale Interactivedesign.it ci segnala Kimchi and Chips e il loro “Lit Tree” al FutureEverything di Manchester. “Attraverso l’utilizzo di proiezioni l’albero assume nuove forme. L’interazione è resa possibile grazie alla scansione 3D della mano che viene posta sopra un piedistallo e tracciata da una kinect. Il movimento della mano permette di scegliere quali parti dell’albero vengono evidenziate dalle particelle di luce. Il software è stato scritto in C + +, openFrameworks, XCode e Visual Studio”.

A small potted tree has a perpetual conversation with people. Through the use of video projection, a tree is augmented in a non-invasive way, enabling the presentation of volumetric light patterns using itʼs own leaves as voxels (3D pixels).

Così gli autori:”The tree invites viewers with a choreographed cloud of light that can respond visitors motion. As visitors approach, they can explore the immediate and cryptic nature of this reaction. The tree can form gestures in this way, and can in turn detect the gestures of its visitors. By applying a superficial layer of immediate interaction to the tree, can people better appreciate the long term invisible interaction that they share with it?”

Mapping on trees è il nome di una delle proiezioni di videmapping su alberi degli italiani APPARATI EFFIMERI, una delle strutture più vivaci del panorama dell’arte digitale internazionale che collabora anche per progetti di scenografie in videomapping. Appartiene al progetto Gardenia projection pensata come dicono gli autori per animare giardini e parchi, creando un’atmosfera da sogno, magica e favolosa. Apparati Effimeri era presente a Digital Life 2012 (sezione digitale del Romaeuropa Festival) con la garden projection NATURALIS HISTORIA, una video proiezione su alberi e arbusti veri, appositamente allestiti all’interno dello spazio Ex GIL a Trastevere. La proiezione in tre dimensioni, applicata alla vegetazione che compone il giardino, ha avvolto lo spettatore in un’atmosfera onirica e meravigliosa che ha modificato la percezione dello spazio contribuendo ad amplificarne le prospettive.

Apparati Effimeri approfondisce lo studio degli elementi naturali iniziato con l’esperienza del Parsifal di Wagner diretto da Romeo Castellucci, proseguito con gli antichi erbari di Ulisse Aldrovandi per il progetto Linfa Vitale e giunto qui all’incontro con il testo fondamentale per tutti gli studi di fisica e scienze naturali: l’enciclopedica Naturalis Historia di Plinio Il Vecchio. Il fruitore era immerso in un’ambientazione boschiva alle primi luci dell’alba, quando le foglie acquistano sfumature madreperlacee e tutto accade in una dimensione cangiante e mutevole (dal sito del gruppo).

https://vimeo.com/57462779

Visual Maizz ha creato lo spettacolo di mapping su elementi arborei chiamato Corn Dei. Visual Maizz è uno studio gestito da artisti digitali messicani José Morente e Israele Villalobos e ha proiettato i volti di otto divinità messicane sugli alberi dei parchi in Messico durante l’ultima edizione del Corredor Cultural Roma-Condesa. Un articolo su Thecreatorsproject ne parla diffusamente: “Visual Maizz ha creato Corn DEI per aumentare la consapevolezza dell’aumento di organismi geneticamente modificati sempre più presenti nella catena alimentare del Messico. Villalobos e Morente ha spiegato che la coltivazione del mais è minacciata da “sementi transgeniche” che contaminano le colture convenzionali e rovinano il suolo nel lungo termine”. Dicono gli autori: “Tutte le culture messicane, la zapoteca, Olmechi, Aztechi e Maya, erano uniti dal culto del mais. Quindi l’idea era quella di inviare un messaggio alla nostra società ma in un modo insolito”.

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Le proiezioni hanno creato un effetto spettacolare di teste galleggianti, che ricorda l’aspetto delle teste di Monte Rushmore, e hanno anche una certa somiglianza con il lavoro fotografico di Briend Clément, Cambodian TREES.

L’art team Viewmaker

Opening of the Museum of Digital Art, Zurich.
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Opening its doors in 2016, the Museum of Digital Art will be Europe’s first physical and virtual museum dedicated to digital arts — an open space connecting creativity and technology. Located in Zurich, Switzerland — a hot spot for science, technology and art — the MuDA will occupy the 400 m² ground floor of the Herdern Hochhaus, one of Switzerland’s first high-rise building, a historically protected landmark.

The Museum of Digital Art is a project of the Digital Arts Association (DAA), a non-profit organisation domiciled in Zurich. The DAA was founded to promote digital arts and support its creators and community in the belief in computer code’s potential and importance as an expressive artistic tool.
CLOUD, Caitlind r.c. Brown & Wayne Garrett
Objectives
1 — Inspire and engage a broad audience with digital art.2 — Create public and neutral platforms to discuss the interactions between data, algorithms and society.

3 — Promote code-based technology, science and engineering to young people, especially women and girls.

4 — Establish and support regional, national and international collaborations in digital arts.

5 — Operate in a lean and sustainable way, without relying on unreasonable amounts of private or public money.

 

The Allure of the Selfie: Instagram and the New Self Portrait by Brooke Wendt
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About the publication: Over 130 million images with the hashtag ‘selfie’ have been uploaded to the social media platform Instagram. In The Allure of the Selfie: Instagram and the New Self-Portrait, Brooke Wendt examines the significant hold that the ‘selfie’, or the digital self-portrait, has over self and society. Media theorist Vilém Flusser observed that society could become programmed to snap pictures for the sole benefit of cameras, as though under a ‘magical spell’, if photographs continued to be undecoded. Wendt examines this magical spell by analyzing users’ self-portraits on Instagram, one of the most popular contemporary platforms for image production.

Marshall McLuhan’s reframing of the Narcissus myth elucidates the allure of the selfie. McLuhan notes that Narcissus was numb to his mirror image and did not recognize his reflection as his own – he thought his image was that of another. As though unaware that we are looking at ourselves, we quickly become numb to our selfies, taking numerous pictures of ourselves without hesitation. It is the promise of pluripotentiality that fascinates us; however, we are also perpetually tempted and trapped by the notion of creating an ideal self with digital tools such as filter and hashtag functions. In the five essays comprising The Allure of the Selfie: Instagram and the New Self-Portrait, Brooke Wendt thus questions the changing nature of identity and the self-portrait in the age of Instagram.

About the author: Brooke Wendt is a visual culture critic, photographer, and curator. She holds a BFA in Photography from Kendall College of Art and Design (Grand Rapids, Michigan) and an MA in Critical Theory and Creative Research from Pacific Northwest College of Art (Portland, Oregon). Currently, Brooke Wendt works as a strategic researcher in the design strategy field and questions the purposes of new technologies.

Colophon: Network Notebooks editors: Geert Lovink and Miriam Rasch.

Design: Medamo, Rotterdam http://www.medamo.nl. ePub developer: André Castro. Publisher: Institute of Network Cultures, Amsterdam. Supported by: Amsterdam Creative Industries Publishing, University of Applied Sciences (Hogeschool van Amsterdam), Stichting Democratie en Media, and Pacific Northwest College of Art.

Brooke Wendt, The Allure of the Selfie: Instagram and the New Self Portrait. Network Notebooks 08, Institute of Network Cultures, Amsterdam, 2014. ISBN 978-90-822345-1-0.

 

IPPOLITA: Nell’acquario di Facebook
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Facebook si avvia ad avere un miliardo di utenti. È uno straordinario dispositivo in grado di mettere a profitto ogni movimento compiuto sulla sua piattaforma. Nell’illusione di intrattenerci, o di promuovere i nostri progetti, lavoriamo invece per l’espansione di un nuovo tipo di mercato: il commercio relazionale. Nell’acquario di Facebook siamo tutti seguaci della Trasparenza Radicale: un insieme di pratiche narcisistiche e pornografia emotiva. Ci siamo sottoposti in maniera volontaria a un immenso esperimento sociale, economico, culturale e tecnico. L’anarco-capitalismo dei right libertarians californiani è il filo conduttore che ci permette di collegare Facebook ai Partiti Pirata europei, a Wikileaks. Gli algoritmi usati per la pubblicità personalizzata dai giganti della profilazione online, i nuovi padroni digitali (Facebook, Apple, Google, Amazon) sono gli stessi utilizzati dai governi dispotici per la repressione personalizzata.
Nel nome della libertà di profitto. Tranquilli, nessun complotto: è solo il FAR WEST DIGITALE.

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Ippolita è un gruppo di ricerca interdisciplinare attivo dal 2005. Conduce una riflessione ad ampio raggio sulle ‘tecnologie del dominio’ e i loro effetti sociali. Pratica scritture conviviali in testi a circolazione trasversale, dal sottobosco delle comunità hacker alle aule universitarie. Tra i saggi pubblicati: Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale (Elèuthera 2005); Luci e ombre di Google (Feltrinelli 2007, tradotto in francese, spagnolo e inglese); Nell’acquario di Facebook (Ledizioni 2013, tradotto in francese, spagnolo e inglese); La Rete è libera e democratica. FALSO! (Laterza 2014).

Ippolita tiene formazioni teorico-pratiche di autodifesa digitale e validazione delle fonti online per accademici, giornalisti, gruppi di affinità, persone curiose.

Siamo un gruppo indipendente; facciamo ricerca indipendente. I nostri libri sono liberi come la libertàLibero non significa gratuito: se puoi fare una donazione, grazie. La cultura non si vende e non si compra: si sostiene. La cultura è una modalità di relazione. Diffondi e sostieni, e se vuoi aiutare in qualche modo il progetto, organizzare presentazioni, laboratori, altro, facci sapere.

From Print to E-books: A Hybrid Publishing Toolkit for the Arts
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The Institute of Networked Cultures in Amsterdam have produced this innovative toolkit for digital publishing in the arts. This practical guide, it’s a useful publication that should be of great use

This Toolkit is meant for everyone working in art and design publishing. No specific expertise of digital technology, or indeed traditional publishing technology, is required. The Toolkit provides hands-on practical advice and tools, focusing on working solutions for low-budget, small-edition publishing. Everything in the Hybrid Publishing Toolkit is based on real-world projects with art and design publishers. Editorial scenarios include art and design catalogues and periodicals, research publications, and artists’/designer’s books.

You can download from the site of SIlvio Lo Russo here

About the authors: Digital Publishing Toolkit Collective, consists of: Marc de Bruijn, Liz Castro, Florian Cramer, Joost Kircz, Silvio Lorusso, Michael Murtaugh, Miriam Rasch, Margreet Riphagen and Pia Pol

Editors: Joe Monk, Miriam Rasch, Florian Cramer and Amy Wu
Images: Medamo and Kimmy Spreeuwenberg
Print design: Medamo and Kimmy Spreeuwenberg
EPUB design: André Castro
Cover design: Medamo and Kimmy Spreeuwenberg
Publisher: Institute of Network Cultures, Amsterdam
Supported by: SIA National Regieorgaan Praktijkgericht Onderzoek

 For background material, blog posts, videos and the software created within this Digital Publishing Toolkit project please visit:http://networkcultures.org/digitalpublishing/.

Paesaggi Contemporanei invade Palermo: mapping, musica e spettacolo regia di Pino Di Buduo
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Paesaggi Contemporanei è un progetto artistico interdisciplinare e multimediale creato da Pino Di Buduo, regista del Teatro Potlach, antropologo ed esperto nella drammaturgia artistica degli spazi pubblici. Il progetto si basa sulla trasformazione dello spazio e del tempo quotidiano, attraverso l’estensione e l’uso delle tecniche dello spettacolo teatrale in centri storici o in aree urbane con specifico interesse naturale, culturale e sociale. Si basa inoltre sull’attivazione del “patrimonio culturale vivente” del luogo in cui si opera, cioè la mobilitazione delle associazioni, dei giovani, dei gruppi creativi e dei singoli artisti operanti nel territorio, al fine di coinvolgerli nell’evento spettacolare. Esso comporta un itinerario di circa 700 metri che trasformerà le tre città in grandi palcoscenici, in cui si potrà assistere in contemporanea a oltre trenta rappresentazioni del cast del Teatro Potlach e di artisti e associazioni locali.

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Ogni performance partirà dal tema: paesaggi contemporanei ispirati all’identità dei luoghi. Tra i temi ci saranno i cicli agroalimentari della profonda tradizione dei saperi del mare e dei saperi di terra come: il ciclo della pesca, il ciclo del sale, il ciclo del grano, il ciclo dell’olio, del vino e della vite, il ciclo agropastorale, e tutte le produzioni artigianali correlate. L’obbiettivo principale di Paesaggi Contemporanei è quello di riscoprire, enfatizzare e valorizzare, attraverso l’arte, gli spazi urbani, donando così agli spettatori itineranti una nuova e rinnovata emozione. Uno spettacolo itinerante, multidisciplinare e multimediale in cui lo spettatore ha un ruolo fondamentale: insieme agli artisti esso si trasforma in un viaggiatore-esploratore dei paesaggi contemporanei della propria memoria e della propria città.

Tutti gli spettacoli sono gratuiti fino ad esaurimento posti. Per assicurarsi l’ingresso, non essendo possibile prenotare, si consiglia di recarsi in loco il giorno dello spettacolo con un congruo anticipo rispetto all’orario di inizio.

Dal 30 luglio alle 21.00 al 1 agosto alle 23.30

Cantieri Culturali alla Zisa

Via Paolo Gili, 4, 90138 Palermo

Projection scenography: Kinkynot
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FOR HNIT-Baltic;  Projection Scenography by KINKYNOT Autumn, 2013

MISSION

Create extraordinary scenography solution for whole HNIT Baltics event, including XYZ Electronic Opera live performance.

SOLUTION

We have created specific wireframe design and used it to transform plain brick wall into screen which combined with 3d projections create and illusion of emboss.

 

Juozas Statkevicius Spring/Summer 2014 / Projection Scenography from KINKY KNOT

KINKY KNOT is a fast growing new media and new ideas studio specialising in innovation services, creative technology and multi-platform product and service creation.

ELEMENTS OF OZ (in development) by The builders association
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From official site 

Our new performance draws on one of the richest examples of escapist American entertainment, The Wizard of Oz. The Builders will bring their own brand of magic to this story, expanding our stagecraft by adding virtual elements to the physical environment through the use of augmented reality (AR) and smartphone interactivity. To engage the Land of Oz in contemporary life, there’s no better place to begin than a viewer’s smartphone. Increasingly, we live our daily lives through this tiny interface and in some sense we depend upon these devices to escape our humdrum environment and to live out other fantasies.

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We are developing an AR app which will instruct viewers to use their ‘smart’ devices to engage with the performance. In the theater, the audience will see a spare stage, but with the use of AR in their smartphones they will see the fantastical world of Oz, from the poppy fields to the Emerald City. These devices will be the gateway to fantasy, in much the same way the classic MGM movie The Wizard of Oz transported us from the stark black and white of Kansas to the vibrant Technicolor Land of Oz. Using a simple, almost empty stage and a few powerful performers, this project presents a double-edged sword by staging a robust dialog between the analog and the virtual. Theater has traditionally celebrated live performance and is born from the idea that people come together to witness a live event onstage. But what happens if the performance, while live, cannot truly be ‘seen’ without Oz’s fantastical devices? We aim to provoke an awareness of our dependence on these devices – necessary to enter the “Land of Oz.“

The production will tell the story of Oz by tracing some of the fanatical allegories which have been conjured since the book’s publication. These interpretations have ranged from the idea of the Tin Man as America’s unemployed industrial workers and the Scarecrow as the Midwest’s confused famers; or the Wicked Witch’s “poppies” as the drug trade; or the 1890’s struggle between the Populist Silverite movement (the Munchkins) and the gold-driven bankers of the East (the Wicked Witch) and their battle over America’s establishment of a monetary standard; or the longstanding urban myth that the Pink Floyd’s album Dark Side of the Moon is actually a soundtrack for the movie of Oz.

The actors will move in and out of these various interpretations, passionately convinced that their own reading is the definitive one, and contesting the authority of the others. The piece conveys the obsession with creating connection, and offers a sense of one door opening into another, tracing the circuitous desire to create a system, however complex, to ‘read’ the world.

The company is at the beginning of a year-long development period, where all collaborators will participate in the construction of the narrative, stage concepts and design, linking The Wizard of Oz with 19th century economic and social upheaval, 20th century political figures, and 21st Century technology.

Directed by Marianne Weems
Co-Creator/Writer James Gibbs
Co-Creator/Writer Moe Angelos

Video Design by Austin Switser
Sound Design by Dan Dobson
Set Design by Neal Wilkinson
Lighting by Jennifer Tipton

Performed by Moe Angelos, Sean Donovan and Hannah Heller

Augmented Reality Design: John Cleater
Interactive Network Design: Jesse Garrison
Augmented Reality/Network Consultants: Larry Shea, Kevan Loney
Costume Design: Andreea Mincic
Associate Lighting Designer: Elliott Jenetopulos
Production Manager: Brendan Regimbal
Technical Director: Carl Whipple
Associate Video: Dale Thomas Krupla
Associate Sound: Andrew Lulling
Assistant Director: Eleanor Bishop
Production Stage Manager: Emma Sherr-Ziarko
Lighting Consultant: Laura Mroczkowski

Additional Contributing Artists
Katy Alexander
Nicolas Graver
Deniese Lara
Virginia Wang
Michelle Sutherland

For The Builders Association:
Erica Laird, Managing Director
James Gibbs, Company Dramaturg

L’ESTATE PASOLINI: OMAGGI, SPETTACOLI,MOSTRE E CONCERTI DEDICATI AL GRANDE POETA, SCRITTORE E REGISTA (BOLOGNA 1922 – OSTIA, ROMA, 1975)
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L’anno in cui ricorrono i 40 anni della morte di Pier Paolo Pasolini è anche l’anno dell’archiviazione dell’inchiesta sull’omicidio avvenuto all’Idroscalo di Ostia il 2 novembre 1975. L’estate italiana è ricca di omaggi al grandissimo poeta e artista, Si comincia con William Kentridgeche immortala il cadavere di Pasolini al Padiglione Italia della Biennale di Venezia per il suo personale e accorato “Omaggio all’Italia”: i disegni preparatori a varie scale che il grande artista sudafricano ha esposto lasciano immaginare la potenza emotiva dell’opera quando, il prossimo anno, verrà realizzata a Piazza Tevere, lungo il tratto fluviale fra ponte Sisto e Ponte Mazzini.

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Fabrizio Gifuni già interprete del pluripremiato Na specie di cadavere lunghissimo del 2004 con regia di G. Bertolucci, a giugno al Teatro Franco Parenti ha realizzato un reading su “Ragazzi di vita”. “Leggere Pasolini è essere sempre esposti a quest’oscillazione tra vita e morte, per sempre legate(…) Difficile non leggere in questi fulminei frammenti quello che accadde dopo, giusto quarant’anni fa. Pasolini dissemina la sua opera di riflessioni sulla morte, riesce perfino a prefigurare la stessa immagine del suo assassinio». “

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Archivio Zeta:un gruppo teatrale della nuova generazione propongono il pasoliniano “Pilade / Campo dei rivoluzionari” al Festival di Volterra 2015 nella fabbrica di sale coinvolgendo gli operai in lotta contro i 193 licenziamenti. Così gli autori Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti. «Gli operai della Smith  pensavano che avessimo scritto noi quelle parole, per loro. Invece Pier Paolo Pasolini aveva già intuito, con la sua intelligenza, la fine del mondo industriale, di questo mondo industriale».

Così il critico Massimo Marino sul blog del Corriere: “Pioveva sale dall’alto, nella camera della fabbrica di minerale. E prima ancora donne e ragazzi chiamavano Pilade dagli angoli della struttura razionalistica della fabbrica in produzione, illuminata sullo sfondo. Un uomo antico, Pilade, camicia contadina, una coperta per difendersi dal freddo. Figure nere sui cumuli di sale”.

Il teatro delle Nuvole di Genova ha realizzato nell’aprile scorso per il Teatro Duse uno spettacolo con videoproiezioni e giochi di light painting (Liliana Iadeluca) dal titolo “Dedicato a Pier Paolo Pasolini. Paesaggi perduti”, elaborazione drammaturgica di Marco Romei da Pasolini; progetto, regia, interpretazione Franca Fioravanti; performing liveBernardo Russo. Il Teatro delle Nuvole è impegnato fin dagli anni Novanta nella ricerca del dialogo interlinguistico, che coinvolge la scrittura drammaturgica, la  ricerca sulla voce, la musica, l’arte visiva.  Mezzi e modi  diversi, ma nello stesso tempo accomunati dalla tensione etica, dato che gli artisti delle Nuvole tendono al recupero della memoria individuale e collettiva,  come testimonianza, strumento di lettura del presente, mezzo per portare alla luce il futuro rimasto nascosto nel nostro passato.

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Concert for Pasolini è l’omaggio in musica di Patty Smith che nel 2015 celebra i suoi 40 anni di attività, coincidenza che l’ha portata a questo omaggio al grande autore- Nel 1975 usciva infatti “Horses”, l’album con cui Patti Smith ha segnato una svolta epocale nella storia del punk rock.«Pier Paolo Pasolini, un meraviglioso spirito rivoluzionario figlio di questa terra» (Patti Smith. Udine. 5/12/2014).

Il decano della street art Ernest Pignon-Ernest riporta Pasolini nelle strade degradate e più povere di Napoli, dove il grande regista girò alcune scene del Decameron. La fa con la tecnica che lui ha inventato e che lo ha reso celebre in tutto il mondo, la carta disegnata incollata alle pareti; qualcuno ha parlato per questo intervento urbano che raffigura il grande artista che tiene tra le braccia se stesso, di “pietà laica”.

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Anche la 51esima edizione della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro in giugno ha dedicato a Pasolini una tavola rotonda ‘Pasolini nostro contemporaneo, Pasolini pesarese’ con alcune immagini in anteprima da La macchinazione, il film di David Grieco sugli ultimi tre mesi di vita del poeta, interpretato da Massimo Ranieri.

Massimo Ranieri è Pier Paolo Pasolini nel film La macchinazione di D. Grieco

L’uscita del film sarà preceduta, il 27 agosto, dalla pubblicazione del libro di Grieco per Rizzoli intitolato La Macchinazione “Il libro inizia dove il film finisce, anche se nel tempo ho maturato la consapevolezza che solo il cinema, potesse raccontare davvero gli ultimi tre mesi della vita di Pasolini.” Spiega David Grieco “Alcuni dettagli e lacune della vicenda potevano essere superati solo tramite delle invenzioni: il mio approccio è stato lo stesso di Oliver Stone per JFK facendo delle forzature, ovvero collegando delle cose che, apparentemente, non sembrano collegabili tra loro. Un processo che può avvenire solo tramite la finzione cinematografica.”(fonte GLOBALIST).

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Alla Spezia due omaggi estivi a Pasolini, il primo in forma di spettacolo con regia di Tony Garbini (Teatro Ocra) e Angela Teodori che ha debuttato a luglio al festival LUNARIA al castello di Malgrate in Lunigiana con Pazzi della quieta felicità di vivere ancora; straordinaria la fotografia per la locandina a firma di Jacopo Benassi. Protagonisti gli stralunati personaggi del film La terra vista dalla luna, episodio cinematografico poco conosciuto di Pasolini, con interprete un clownesco Totò (interpretato da Gianluca Pezzino) con il compare Ninetto Davoli (Davide Grossi) alla ricerca  di chi possa sostituire l’amata e defunta moglie e madre Crisantema. Trovano la donna ideale nella sordomuta Assurdina dai capelli verdi (Angela Teodori). La recita si svolge attraverso una serie di gag e di gestualità quasi da avanspettacolo che riportano all’atmosfera grottesca e comica insieme del film, sottolineati dal potente violoncello live di Julia Kent e dalle suggestioni in forma di suoni, parole e canto di Patrizia Oliva; il fantasma di Pasolini si palesa anche negli abiti che, come sudari, riportano il suo volto e i titoli delle sue opere (Le ceneri di Gramsci) come se i costumi fossero pitture viventi (a firma di Lorenzo D’Anteo) marchiate nel corpo a futura memoria. Come tableaux vivant altri personaggi dell’immaginario pasoliniano appaiono come fantasmi resuscitati dai suoi film, Medea (Cecilia Malatesta) e laSignora Vaccari (Daniela Casciari). In uno scomposto mosaico di suoni, musica e parole in un connubbio davvero d’avanguardia che ci riporta alle atmosfere del teatro degli anni Settanta, è il presentatore (Tony Garbini) a riunire le fila della narrazione guidando il pubblico sotto la finestra del Castello (in realtà un ponte) dove Assurdina suicida, forse muore o forse no. Uno spettacolo che nasce da una profonda passione di Garbini per il Pasolini politico che amava anche percorrere quella cultura popolare di cui questo mondo favolistico che trascende la morte è uno degli esempi.

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Il secondo omaggio spezzino è la mostra delle fotografie di Mario Dondero ospitata allo SPAZIO BOSS dei Giardini pubblici in collaborazione con il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa inaugurata il 25 luglio. Sono presenti alcune fotografie storiche come quelle con la madre Susanna, con Moravia e Laura Betti, e quelle dal set de La ricotta, La rabbia e Comizi d’amore.  A proposito degli scatti di questa mostra e sul sodalizio artistico negli anni Sessanta tra Dondero e Pasolini, scrive il critico Angela Felice (Pasolini  e il fotografo Dondero. Scatti amorosi): “Sono anni vitali e cruciali, dunque, chiaroscurati tra un’incombente e lucida riflessione sulla “fine della Storia” e uno slancio volontaristico verso l’Utopia, anni ansiosi nel cercare e costruire modalità e forme nuove di testimonianza e di intervento. E perciò sono anni di cinema, in cui, da regista, Pasolini ambisce a riversare un animus febbrile di sperimentatore linguistico e di rottura formale, dall’alto o dal basso di un’assoluta verginità tecnica, digiuno com’era di formazione cinematografica e al più attrezzato di occasionali incursioni (ma, s’immagina, quanto voraci) sui set. E così lo cattura l’occhio morbido di Mario Dondero, magnifico fotografo della scena pubblica degli anni Sessanta, a Milano e a Roma, di cui lo “scatto”, con nonchalance spontanea, quasi refrattaria alla formalizzazione estetizzante in sé, fissa i valori affettivi e umani, nel momento stesso in cui ne restituisce una formidabile galleria documentaria: di un clima culturale, di una tensione intellettuale e politica condivisa, di una rete di relazioni interne a tutta una comunità”.

Harket [Protocollo], spettacolo transmediale spagnolo di JUAN PABLO MENDIOLA con CRISTINA FERNÁNDEZ
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Harket Cristina è una giovane volontaria in un progetto che esplora la possibilità di sopravvivere in un bunker per un mese. Ha solo l’aiuto di un sistema di intelligenza artificiale, denominato MAP # 2. Qualcosa va storto e il mese si prolunga fino a un anno e mezzo. Nel Bunker le porte restano chiuse. Lo spettacolo parla di fiducia e tradimento. La necessità di un legame con qualcuno o qualcosa, anche se questi non è umano ma una macchina.

Harket [Protocollo], è più di uno spettacolo interdisciplinare, in cui danza, teatro, umorismo, musica, definizione e video-mapping interagiscono nella messa in scena dello spettacolo. E ‘anche un progetto transmediale che ha un’ estensione in rete attraverso blog e social network in cui lo spettatore può espandere l’esperienza prima di entrare nella stanza e poi dopo che rientra a casa.

TRAMA: CRISTINA Harket è la figlia del defunto professor Pol Harket i Mateu inventore del progetto Harket [Protocollo] dell’Università Politecnica della Catalogna.

Selezionata da 35 volontari per testare una sopravvivenza di un mese nel bunker, entra il 6 gennaio, 2010 alle ore 00: 00. Il soggiorno previsto era di un mese, ma un guasto nel sistema di intelligenza artificiale MAP # 2, che controllava l’intero bunker, ha fatto in modo che le  porte non si aprissero nei tempi previsti.

MAP # 2 è un sistema di intelligenza artificiale sviluppato a Barcellona da un gruppo di ricercatori della UPC, coordinato dal professor Pol Harket i Mateu

La sua missione è quella di garantire la sicurezza degli abitanti di un bunker costruito per l’uso di un possibile disastro o di minaccia.

L’interfaccia di accesso principale opera attraverso un software di riconoscimento vocale in modo che sia più facile integrare MAP # 2 nella vita quotidiana degli abitanti.

Interprepte: CRISTINA FERNÁNDEZ

 

THE RITE OF SPRING as performed by She She Pop and their mothers. Roma, Short Theatre Festival 4 sept
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 Foto: Doro Tuch

Together with their own mothers, She She Pop are staging their version of The Rite Of Spring based on Igor Stravinsky’s “Le Sacre du Printemps“. The performance focuses on the subject of female sacrifice in the family and in society. In the piece, She She Pop consciously superimpose the religious sphere of ritual human sacrifice from “Le Sacre du Printemps” with the ethical question of personal self-denial between women and men, as well as between mothers and daughters. This superimposition immediately generates reluctance: to sacrifice oneself as a woman for others is today no more than one item on an embarrassingly outdated normative agenda. The overriding importance of self-empowerment and personal freedom has placed an obscure light on all acts of sacrifice and devotion. The archaic rite of spring however stands for the certainty that every community demands sacrifices, is even only really created and confirmed by collective sacrifice.
By superimposing these two spheres, She She Pop touches on a subject that silently stands between the generations. As in Stravinsky’s original piece, The Rite Of Spring unfolds as a ritual: the encounter between She She Pop, their mothers and the audience will be staged in full ceremony. However, unlike the community assembled by Stravinsky to celebrate the spring sacrifice, She She Pop and the mothers are by no means agreed about the procedure, quite the contrary. Doubts began surfacing right at the start. But so did the resolution to attempt this together.

Credits

Concept: She She Pop.
By and with: Cornelia and Sebastian Bark, Heike and Johanna Freiburg, Fanni Halmburger, Lisa Lucassen, Mieke Matzke, Irene and Ilia Papatheodorou, Heidi and Berit Stumpf, Nina Tecklenburg.
Video: Benjamin Krieg & She She Pop.
Set: Sandra Fox & She She Pop.
Costumes: Lea Søvsø.
Musical Collaboration: Damian Rebgetz.
Choreographic Collaboration: Jill Emerson.
Assistant and Dramaturgical Collaboration: Veronika Steininger.
Light Design and Technical Direction: Sven Nichterlein.
Sound: Florian Fischer.
Video Assistant: Anna Zett.
Trainee: Mariana Senne dos Santos.
Production/PR: ehrliche arbeit- freies Kulturbüro.
Company Management: Elke Weber.

A She She Pop Production.

In Co-Production with HAU Hebbel am Ufer, FFT Düsseldorf, Mousonturm Frankfurt, Kaserne Basel, brut Vienna, German Language Theater Festival of Prague/Archa Theater Prag, Kyoto Experiment and Théâtre de la Ville/Festival d’Automne à Paris.

Residency funded by Art Center Kyoto, Kyoto Experiment and the Goethe Institute.

Funded by the City of Berlin  – Department for Cultural Affairs and the Hauptstadtkulturfonds Berlin.

premiere, April 2014, HAU, Berlin

more dates:

  • April 2014, HAU, Berlin
  • April 2014, Mousonturm, Frankfurt on the Main
  • June 2014, HAU, Berlin
  • June 2014, Kaserne, Basel, Switzerland
  • September 2014, Théâtre Vidy, Lausanne, Switzerland
  • October 2014, Kyoto Experiment, Kyoto, Japan
  • October 2014, Théâtre de la Ville, Festival d’Automne, Paris, France
  • November 2014, Kammertheater, Stuttgart
  • November 2014, Archa Theater, Prague, Czech Republic
  • December 2014, brut, Vienna, Austria
  • January 2015, Kampnagel, Hamburg
  • March 2015, HAU 1, Berlin
  • April 2015, FFT, Düsseldorf
  • June 2015, The Israel Festival Kindly supported by Goethe-Institut, Israel., Jerusalem, Israel
  • June 2015, Festival delle Colline Torinesi Kindly supported by: Goethe-Institut Torino, The Federal Foreign Office (Germany)., Torino, Italy
  • September 2015, Festival Short Theatre Supported by the NATIONALES PERFORMANCE NETZ Guest Performance Fund for Dance, which is funded by the Federal Government Commissioner for Culture and the Media and the Departments of Culture and Arts of the German federal state., Rom

Trailer

Press

Girona mapping Festival-FIMG 2015
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From the site http://projection-mapping.org/fimg-2nd-international-mapping-festival-in-girona/

The second International Mapping Festival will take place in Girona, Spain from July 30th to August 2nd, including the first ever International Mapping Congress and a mapping competition

 

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Girona will host the 2nd edition of the International Mapping Festival (FIMG) from 30 July to 2 August. The city of Girona will become the international centre of mapping for four days. The Festival aims to reveal the high artistic level of the discipline by bringing together artists and professionals from across the sector.The festival is open to all and links the cultural legacy of Girona with contemporary creativity through innovation and the audiovisual arts.

The 2015 edition maintains the same structure as the previous year: between Friday 31 July and Sunday 2 August, the International Mapping Competition will see the shortlisted artistic works projected onto some of the well-known façades of the city, while the 1st International Mapping Congress will be held from Thursday 30 July to Saturday 1 August, when professionals from the sector will gather to discuss and talk about their work.

The theme of FIMG 2015: contradictions


From this year on, the Festival will focus on a particular theme. The theme of the 2015 edition is contradictions. The objective is to encourage projects that explore many possible aspects of the theme, and to suggest a frame for artistic and cultural activity.

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New category: micro-mapping


This edition of the festival will also increase the number of spaces and works, setting up a trail across the city between buildings of historical and contemporary significance. The festival App will serve as a guide to this trail.

The Porta dels Apòstols entrance to the Cathedral and the Pont de Pedra [the stone bridge], will be the setting for projects specially commissioned by the Festival that will be shown every day of the Festival and which will also showcase a large amount of Catalan talent.

The International Mapping Competition will include a new category, micro-mapping, which is intended for smaller indoor spaces (such as hotel or museum foyers, stores and shops), and there will be two awards voted by the general audience.

International Mapping Competition (31 July to 2 August)


The inscription period for the International Mapping Competition closes on 20 April. There are four categories: Professional, which is aimed at artists and professionals of the visual arts, music and fine arts, who do not work exclusively with mapping; Amateur, aimed at anyone who wants to take their first steps in the field of mapping; Micro-mapping, a new competitive category intended for smaller interior spaces; and educational, which is aimed at schools and high schools in Girona.

The spaces for the professional competition will be the façade of the Town Hall, the façade of Casa Pastors and the Law Courts; the amateur works will be displayed on the façade of the Pont d’en Gómez building; while the educational works will be projected onto the Les Àligues building (Sant Domènec) and the micro-mapping will be shown in various spaces. There are two prizes for each category, which range from 12,000 euros for the 1st prize in the Professional category, to 500 euros for 2nd prize in Educational. The prizes shall be awarded by a jury. This year for the first time, the Festival will have two more prizes awarded by the public: The Audience Façade Prize (1,000 euros) and the Audience Micro-mapping Prize (500 euros).

The jury will judge the entries on originality, innovation, musical and visual style, the financial and logistical viability of the proposal and its relevance to the building.

Anyone wishing to take part must register at www.fimg.cat.

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International Mapping Congress (30 July to 1 August)


Girona will host the 1st International Mapping Congress between 30 July and 1 August. This is a forum bringing together the foremost European professionals in order to convert Girona into a global hub and benchmark for this discipline. A space where artists, programmers, professionals and tech companies can meet and discuss the mapping industry. The programme for the Congress will be announced soon.

Xavi Bové, the artistic director, has joined the team at FIMG 2015 to supervise the quality of the contents and to programme the 1st International Mapping Congress. FIMG 2015 has also added a communications director who will manage the promotion and impact of the festival.

The Girona Mapping Festival is a Girona City Council initiative with the collaboration of BLOOM.

“Breaking the Surface”, interactive installation by SDG
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“Breaking the Surface” is a conceptual installation created by Scandinavian design group for the 10-year anniversary of the Norwegian oil company Lundin Norway. It was first exhibited as a central part of the company’s pavilion at the ONS energy convention in Stavanger, Norway (August 2014) and will later be mounted as a permanent installation in the company’s headquarters in Lysaker, Bærum, Norway (August 2015).

“Breaking the Surface” in many ways reflects Lundin Norway’s pioneering and innovative attributes by pushing technological boundaries. The installation draws inspiration from how the company’s geologists and geophysicist’s look at the world below sea level through detailed reconstructions of sub-surface landscapes created from seismic imaging and drill samples. An abstract representation of this landscape is created from a matrix of 529 acrylic pipes piercing the ceiling between the first and the second floor, creating organic rock-like formations on the first floor reflected as an ocean surface on the second.

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The advanced technology used in the installation includes a series of sensors able to track the movements of visitors and adjust the movement of the tubes accordingly. The experience created is inherently interactive, with the tubes dodging the heads of passers-by and echoing the graceful movements of ocean tides. The effect is achieved through a complex system of sensors, pipes, and moving mechanical parts designed to be controlled by a customized openFrameworks setup, with additional add-ons created by the designers themselves.

Six crystals hang within the forest of acrylic tubes and encapsulate actual oil samples from Lundin’s most important discoveries. Designed for a Scandinavian energy conference in August 2014, the two-story installation will by August 2015 be a permanent fixture at the new Lundin’s offices in Norway.

The installation consists of 23 by 23 custom made brackets designed to steer and drive the motion of each individual pipe. Each module is made up of a flexible stainless steel construction, housing an industrial servomotor, one drive wheel, six supporting wheels and a capacitive sensor for position compensation every time a reference point inside the pipe passes through the bracket. All of these modules are mounted in rows of 23 with all of the electronics mounted on the end of each row. These modules are then connected to the overall control system running on four industrial PCs. The mechanical system is designed to be embedded in the floor between the two stories. The sensory layer is designed to deal with a demanding tracking situation in a tight space and the need for redundancy to ensure no blind spots.

Project page

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Press

creativeapplications.net
wired.com
archdaily.com

Partners

Robotics engineer – James A. Fox / Abida
Architect – KONTUR / Ctrl+n
Building engineer – KONTUR
Mechanical design / Installation – Intek Engineering
Industrial design – Pivot Produktdesign

Awards

Gold, Gullblyanten 2015
Two nominations at Gulltaggen 2015
Norwegian Design Council Award 2015 (Merket for god Design)

Qu’est-ce que le Vidéo Mapping ?
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FONTE: http://blog.lecollagiste.com/2015/06/cest-quoi-le-video-mapping/

Le Vidéo Mapping (Hispanophone) ou Mapping Vidéo (Francophone) voir encore Projection Mapping (Anglophone) est la technique de projeter de la vidéo sur des volumes comme des façades architecturales, des décors pour le spectacle vivant ou juste dans son salon. C’est l’idée de la transformation d’un objet réel par le virtuel.

Le VidéoMapping projète des vidéos de grandes tailles pour la partiemonumentale de la discipline, pouvant s’adosser au trompe l’oeil animé, permet aussi des fresques projections à 180° ou 360°. Le VidéoMapping crée des multivers graphiques audiovisuel ou le spectateur est au coeur même de l’oeuvre projetée. Le Stage Design quant à lui se retrouve sur scène pour les concerts de musique amplifiée ou électronique mais aussi pour le spectacle vivant comme le théâtre, théâtre de rue, danse, opéra.

Les logiciels

Logiciels spécialisés comme Millumin (dédié au spectacle vivant), TouchDesigner,HeavyM, MadMapper ou Resolume Arena pour la diffusion. Cinema4D, Houdini, After Effect, Nuke, Premiere Pro, Make Human, en production. Solution Media serveur, ModuloPi, Hippotizer (Green Hippo), MXWendler, Watchout ou Pandora Box. Compatible Mac pour certain, PC pour d’autre, liste complète ici.

Vidéo Projecteur

La partie vidéo projection va du pico projecteur (50 Lumens) au vidéo projecteur professionnel (33 000 Lumens) avec la technologie DLP, LCD ou Tri LCD, SXRD(Sony), LCOS, D-ILA (JVC), utilisant des optiques avec différentes longueur de focale courte ou longue. En terme de définition d’écran, le VP va du format SD en passant par le Full HD et jusqu’au 4K.

Le matériel

S’équiper d’un ordinateur pour le Vidéo Mapping PC ou Mac, vous avez le choix. Certain logiciel ne fonctionne que sur Mac (Millumin, MadMapper), d’autre que sur Windows et quelques un sur PC, Mac, Linux. Ce qui oblige a une réflexion sur la stratégie d’investissement matériel.

Les laptops sur PC, partez sur une configuration gamers. Sur Mac pas le choix, le MBP 15 pouces avec une carte graphique à 2 Go de RAM (le nouveau gros modèle obsolète en fin d’année, « Thunderbolt 2″)

Les tours, sur PC une grande offre pour une configuration à la carte en fonction des besoins (exemple de configuration station vidéo). Sur Mac, je vous conseil de lorgner sur du Hackintosh. Le Mac Pro en bonne configue de la pomme commence à 5 ou 6000 €, dans une configuration max vous montez jusqu’à 12 000€, un équivalent de 50 à 70 % moins chère sur un Hackintosh. Le site TonyMacX86 est la référence aujourd’hui pour ceux qui veulent une machine évolutive et avoir la main sur le hardware.

Les Connectiques

La connectique des VP va du Sub-15 (VGA) et DVI (plus supporté depuis 2015, définitivement enterrée en 2020), la composante Y-Cr-Cb (BNC), le HDMI (avec un extendeur on tire un signal audio/vidéo sur un câble RJ45 Cat5 ou 6 jusqu’à 100m), le DisplayPort, le HDBaseT (nouvelle connectique professionnel à base de RJ45 tirable sur 100m en 4K sans perte de qualité), la fibre optique réservé au professionnel. Thunderbolt 3 début 2016.

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Liens :

http://www.scoop.it/t/software-vj

https://video-mapping-software.zeef.com/fr/le.collagiste

Siena in videomapping-un progetto di Filmmaster Events
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Che il videomapping fosse utilissimo per la promozione delle aree urbane, per la riscoperta e valorizzazione delle città non avevamo dubbi e ce lo conferma questo bel progetto di cui troviamo notizia in rete sul sito di Intoscana.it

Si parte il 24 luglio e tutti insieme, cittadini e turisti attraverseranno l’antica città di Siena con un videomapping che ne racconta la storia e i personaggi fino al 30 settembre 2015 grazie al progetto “Divina Bellezza- Discovering Siena” voluto dal Comune e dall’Opera Metropolitana e realizzato da Filmmaster Events e Opera Gruppo Civita. Si tratta di una scenografica esperienza visiva in 5 atti volta a far conoscere la storia del Duomo e del Duomo Nuovo.

Regia visiva di Romain Sabella, l’art direction di Charles Darby, mago del matt painting per film come Matrix, Harry Potter, Titanic. 

 

 

La manifestazione sarà in programma tutti i giorni della settimana, in più lingue, da luglio a settembre, con due proiezioni per sera, dopo il tramonto.

Selezione di un esperto in realizzazione di 3D/Virtual Tour su due siti archeologici in Sicilia e Tunisia
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Il Comune di Salemi, in qualità di partner del progetto HOLOGRAMME– Harmoniser les Opportunités liées aux nouvelles Orientations pour la Gestion des Ressources Archéologiques Méditerranéennes et la Mise en réseau des Expériences, finanziato nell’ambito del Programma ENPI di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Tunisia 2007-2013, indice un bando per la selezione di un soggetto esperto in realizzazione di 3D/Virtual Tour su due siti archeologici in Sicilia e Tunisia, il quale concorrerà alla realizzazione delle attività di progetto.

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Il termine ultimo per la presentazione delle domande è fissato al 24 luglio 2015 ore 12.00.

22.07.2015 – Conférence Netart et Hacktivisme – Jacques Urbanska – TRANSCULTURES
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Introduction à un Net Art hacktiviste illustrée par de nombreux exemples d’œuvres connectées ou issues de la culture Web, qui utilisent les réseaux comme matière première de création et de militantisme.

Infos complémentaires:

Cette conférence propose une première introduction à un Net Art hacktiviste illustrée par de nombreux exemples d’œuvres connectées ou issues de la culture Web, qui utilisent les réseaux comme matière première de création et de militantisme.

Si le terme Net Art regroupe encore aujourd’hui toutes une série d’œuvres conçues par, pour et avec le réseau Internet, des différences notables sont apparues entre ceux qui utilisent le Web pour produire des œuvres plastiques destinées à être diffusées via le réseau et quasi exclusivement sur écran et d’autres formes qui rompent avec cette configuration habituelle.

Avec l’arrivée du Web 2.0 et des réseaux sociaux à la moitié des années 2000, une nouvelle génération d’artistes s’est emparée de ces nouveaux territoires de création et de détournement. Leur hyperactivité, leur hyperproductivité et la viralité décuplée ont et amplifient toujours considérablement leurs présences. Plus rares et discrets sont ceux qui se sont attelés à explorer les réseaux comme moyen de réinventer les limites et les règles qui régissent l’Internet actuel, d’en montrer la fragilité ou d’accélérer sa dissolution dans la « vie réelle » (IRL). Ces derniers ont plutôt tendance à « sortir » de la dualité Web-Ecran, à utiliser les objets connectés ou à en inventer, à travailler sur des nouvelles interfaces hommes-machines, à créer des outils et des plateformes communautaires, ou tout simplement à mettre en place de nouveau réseaux indépendants d’Internet…

Comme l’a très bien décrit Marc Wathieu (professeur art numériques à l’École de Recherche Graphique-Bruxelles – ERG) sur son site : « Les créateurs de projets activistes utilisent le web comme un média tactique (tactical media), au service d’interventions qui soulignent l’impact même de ces nouvelles technologies sur notre culture. Détournant ou retournant la technologie contre elle-même, utilisant le marketing, une nouvelle génération d’artistes subversifs et high-tech crée de nouveaux espaces d’actions publiques. Dans la foulée des mouvements anti-mondialisation et du sommet de Seattle, de nouvelles thématiques ont surgi: les OGN, la protection de la vie privée, la consommation responsable… ».

Japan Media Arts Festival Opens 2015 Call for Entries
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The 19th Japan Media Arts Festival has opened its 2015 Call for Entries.The deadline for submissions to the 19th Japan Media Arts Festival is Wednesday, September 9, 2015

The Japan Media Arts Festival is a comprehensive festival of Media Arts (Media Geijutsu) that honors outstanding works from a diverse range of media — from animation and comics to media art and games. The festival gives awards in each of its four divisions: Art, Entertainment, Animation, and Manga. It also provides a platform for appreciation of the award-winning and other notable works.

Since its inception in 1997, the festival has recognized significant works of high artistry and creativity, and in addition to a yearly Exhibition of Award-winning Works has held other events, such as symposiums, screenings, and showcases. Last year, the 18th Festival received of 3,853 works from 71 countries and regions around the world, demonstrating its continuing evolution as an established annual international festival. Award-winning works are exhibited both within Japan and abroad through various projects and events organized by The Agency of Cultural Affairs which aims to develop and promote the creation of Media Arts by focusing primarily on the new generation of artists and their understanding, awareness and appreciation of Media Arts.

Entries are sought from professional, amateur, independent and commercial creators across the globe. Works completed or released between Wednesday, September 3, 2014 and Wednesday, September 9, 2015 are eligible for entry in the four divisions — Art, Entertainment, Animation and Manga. Through a rigorous judging process for each division, Award-winning Works will then be selected based on their artistic quality and creativity. In late November, festival organizers will announce the winners of the Grand Prizes, Excellence Awards, New Face Awards and Special Achievement Awards, as well as other Jury Selections.

Entry Period: Tuesday, July 7, 2015 – Wednesday, September 9, 2015 (18:00 Japan Standard Time)

Entries are accepted in a wide range of categories in the field of Media Arts including: interactive art, video works, games, web-based works, animations and manga.

Entries can be submitted by uploading data online or by post.

The 19th Japan Media Arts Festival Executive Committee is chaired by Aoyagi Masanori, Commissioner for Cultural Affairs, Agency for Cultural Affairs, Japan. The Operating Committee includes
Aoki Tamotsu, Director General, The National Art Center, Tokyo; animation artist Furukawa Taku; and Tatehata Akira, President, Tama Art University.

Jury Members

Art Division

Fujimoto Yukio (Artist), Ishida Takashi (Painter, Film Artist and Associate Professor, Tama Art University), Nakazawa Hideki (Artist), Satow Morihiro (Historian of Visual Culture and Professor, Kyoto Seika University), Uematsu Yuka (Curator, The National Museum of Art, Osaka)

Entertainment Division

Higashiizumi Ichiro (Designer and Creative Director) IIDA Kazutoshi (Game Creator and Professor, College of Image Arts and Sciences,Ritsumeikan University) Kudo Takeshi (Curator, Aomori Museum of Art) Ukawa Naohiro (Genzai (Contemporary) Artist and Professor, Kyoto University of Art and Design and Representative, DOMMUNE) Yonemitsu Kazunari (Game Designer)

Animation Division

Koide Masashi (Animation Researcher and Professor, Tokyo Zokei University) MORIMOTO Koji (Animation Director) OHI Fumio (Animation Artist) Takahashi Ryosuke (Animation Director) YAMAMURA Koji (Animation Artist and Professor, Tokyo University of the Arts)

Manga Division

Furunaga Shinichi (Man of Letters and Associate Professor, Tokyo Metropolitan University) INUKI Kanako (Manga Artist and Visiting Professor, Osaka University of the Arts) Kadokura Shima (Manga Journalist) Matsuda Hiroko (Manga Artist) Sugaya Mitsuru (Manga Artist and Professor, Kyoto Seika University)

Selection Members

Art Division

Hattori Hiroyuki (Curator, Aomori Contemporary Art Centre (ACAC), Aomori Public University) Komachiya Kei (Media Artist and Lecturer, Sapporo Otani University) Matsui Shigeru (Poet and Associate Professor, Institute of Advanced Media Arts and Sciences (IAMAS)) Nakao Tomomichi (Curator, Fukuoka Asia Art Museum) Washida Meruro (Curator, 21st Century Museum of Contemporary Art, Kanazawa)

The Call for Entries

The Four Divisions (Art, Entertainment, Animation, Manga)

Art Division

Works of art created with new media and digital technologies. Interactive art, media installations, video works, video installations, graphic art (digital illustrations, digital photographs, computer graphics, etc.), internet art, media performances, etc.

Entertainment Division

Works for entertainment created with digital technologies. Games (video games, online games, etc.), video / sound works (music videos, independent and advertising videos, etc.), multimedia productions (including special effects videos, performances, projections), gadgets, electronic devices, websites (including web promotions, open source projects), application software, etc.

Animation Division

Animated feature films, animated short films, animated series, etc.

Manga Division

Comics published in book form, comics published in a magazine (including works still being serialized), comics published online (for computer or mobile), self-published comics, etc.

Entry Period: Tuesday, July 7 – Wednesday, September 9, 2015 (18:00 Japan Standard Time)

Eligibility

To be eligible, works must be completed or released between Wednesday, September 3, 2014 and Wednesday, September 9, 2015. (Works completed, changed, renewed, presented or released during the above period are eligible for entry; while an unlimited number of entries may be made, the same work may not be entered in multiple divisions.)

The entrant must hold the copyright of the submitted work. If the work is submitted by a representative, permission from the copyright holder must be obtained. (Each entrant must read, understand and accept the Rules and Regulations before submission; by submitting their work, the entrant is deemed to have accepted all Entry Rules and Regulations as stated.)

The Awards (Winners to be announced in late November)

For each division, a Grand Prize, Excellence Awards, and New Face Awards will be awarded on the basis of artistic quality and creativity. In addition, Special Achievement Awards will be awarded on the recommendation of the Jury to individuals or groups who have made a special contribution to Media Arts in any of the four divisions.

Grand Prize: Certificate, trophy, 600,000 Japanese Yen

Excellence Award: Certificate, trophy, 300,000 Japanese Yen

New Face Award: Certificate, trophy, 200,000 Japanese Yen

Special Achievement Award: Certificate, trophy

Other outstanding entries will be chosen by the Jury as Jury Selections

Through the JMAF official website, we welcome recommendations from members of the public of any exceptional works in Media Arts. Based on these recommendations, the Japan Media Arts Festival Secretariat will investigate the works and consider their possible entry.

Source: Japan Media Arts Festival

Lumina Light Festival, Cascais 2015
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The 3rd edition of LUMINA Light Festival, took place in Cascais from 12 to 14 September 2014, showing 26 artworks coming from numerous countries scattered along the Light Walk, offering the public moments of discovery, magic and thrill. The program was varied and included details that reminds us the connection of the town with the sea and light.

The choice of renowned and internationally recognized artists in the field of the art of light, made the audience feel completely involved, outperforming the sole contemplative side that light brings.

Light shows, luminous sculptures and installations that interacted with visitors, multimedia projections and video mapping on buildings and on the most emblematic places of the village, payed tribute to the local heritage and offered a different visit to Cascais, proposed by Nuno Maya and Carole Purnelle, creators and artistic directors of LUMINA Light Festival.

In 2015, from 11 to 13 September, LUMINA will be back in Cascais with an entire new and exciting program, for another Brilliant edition!

Follow the Blue Light!

 

Making of LUMINA 2014:

– See more at: http://www.lumina.pt/2014/en/lumina/#sthash.4FDkzYI6.dpuf

Com’è viva la città. Art and the city. Como, Villa Olmo
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PROGETTO: Giacinto Di Pietrantonio, critico d’arte stimato a livello internazionale, Direttore della GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo e docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, è il curatore della tappa conclusiva del disegno triennale pensato dall’Amministrazione Comunale per il consolidato appuntamento con l’arte della Città di Como.

Se le mostre precedenti “La città nuova oltre Sant’Elia” (2013) e “Ritratti di Città” (2014), concepite come un excursus sul tema della città, hanno concentrato l’interesse su di un luogo fisico, architettonico e tangibile, la nuova mostra analizzerà il substrato della città.

Con i suoi fermenti, i suoi intrecci di relazioni umane, le sue contraddizioni e le diverse declinazioni di vissuto che la caratterizzano, la città è un luogo fondamentale del vivere sociale.

La mostra raccoglie cinquantotto opere che, attraverso diversi media, supporti e linguaggi espressivi, indagano i modi del vivere quotidiano attraverso lo sguardo di artisti italiani ed internazionali. Una panoramica lunga un secolo: quello della nascita e dell’affermarsi della città moderna.

Corredata da un fitto calendario di attività ed eventi collaterali, la mostra “Com’è viva la città” che sarà aperta al pubblico dal 18 luglio al 29 novembre 2015, richiama nel titolo le parole di Giorgio Gaber e si configura quindi come un’imperdibile rassegna sulla tematica della città, affrontata dai più importanti artisti che hanno operato nell’ultimo secolo ed è al contempo un’occasione imperdibile per godere delle numerose opere provenienti da collezioni private, raramente esposte al pubblico prima d’ora.

 

 Gli artisti

Maja Bajevic Giuseppe Bartolini Vanessa Beecroft Pompeo Borra Anselmo Bucci Bruno Campagna Massimo Campigli Arduino Cantafora Mircea Cantor Felice Casorati Maurizio Cattelan Sandro Chia Christo Marco Cingolani
Francesco Clemente Giorgio De Chirico Ilaria Del Monte Eva Frapiccini Dmitri Gutov Peter Halley Candida Hofer
Alfredo Jaar Emily Jacir Marcello Jori Anselm Kiefer Thorsten Kirchhoff Ugo La Pietra Roy Lichtenstein Armin Linke Baldassarre Longoni Titina Maselli Mario Merz Daido Moriyama Helmut Newton Vinicio Paladini  Michelangelo Pistoletto Paola Pivi Mario Radice Andrea Salvino Salvo Atanasio Soldati Grazia Toderi Giulio Turcato Renzo Vespignani Massimo Vitali Giuseppe Viviani Andy Warhol Eric White Alberto Ziveri

Orari Estivi

dal 18 luglio al 30 agosto 2015
martedì mercoledì venerdì dalle 15.00 alle 20.00
giovedì dalle 15.00 alle 23.00
sabato e domenica dalle 10.00 alle 22.00
Lunedì chiuso.

HANGARBICOCCA: Summer Casino Live music, film, DJ set A cura di Damián Ortega e Pedro Rocha
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Summer Casino è il programma estivo di HangarBicocca dedicato alla mostra di Damián Ortega “Casino”, che mixa contenuti culturali ed entertainment, musica  dal vivo, dj-set e video, e abita per tre giorni gli spazi interni ed esterni di HangarBicocca con un palinsesto ininterrotto dalle 20.00 all’una di notte. Le serate si aprono con un programma video di artisti internazionali e della scena indipendente messicana ispirati al progettoAlias Editorial di Damián Ortega con opere di Ulises Carrión, Minerva Cuevas, Dan Graham, Melquiades Herrera, Rubén Gámez, Manuel Rocha Iturbide. Dalle 22.00 in poi, live musicali affidati a gruppi e dj-set la cui ricerca si sviluppa tra cultura elettronica, sperimentazione e ardite rivisitazioni di sonorità etniche e popolari, con un processo di decostruzione e reinvenzione di materiali e tematiche in continuità con la ricerca di Damián Ortega.

Ingresso libero fino a esaurimento posti
Mercoledì 15 luglio 2015 lo spazio espositivo aprirà alle ore 19.00

Mercoledì 15 luglio 2015

20.00 – 21.00  Alias Video Program n.1
22.00 – 23.30  Live music: Lorenzo Senni
23.30 – 01.00  DJ set: Palm Wine

Giovedi 16 luglio 2015

20.00 – 21.00  Alias Video Program n.2
22.00 – 23.30  Live music: Matias Aguayo
23.30 – 01.00  DJ set: Borusiade

Venerdì 17 luglio 2015

20.00 – 21.00  Alias Video Program n.3
22.00 – 22.45  Live music: The Durian Brothers 
22.45 – 23.30  Live music: Harmonious Thelonious 
23.30 – 01.00  DJ set: Don’t DJ and Mr Mueck

La sala delle proiezioni delle ore 20.00 ha una capienza massima di 70 persone.

 

Media Partner  

Uscito il volume a cura di Simone Arcagni “I media digitali e l’interazione uomo macchina” ed. Aracne
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Con l’avvento della rete e dei social network e con il sempre più deciso affermarsi della dimensione gaming del digitale, l’universo mediale è stato attraversato da forme intense di interattività: dal semplice commento, risposta e scrittura dei forum dei blog e dei social, fino a pratiche di storytelling partecipato. La televisione diventa smart e si fa interattiva, il cinema si ibrida in rete con i game e nascono forme di cinema, di web serie e di web documentari interattivi. L’uso di sensori come Kinect e di microchip rendono performativa la fruizione trasformando definitivamente lo spettatore in utente. E l’interactive design produce software e interfacce sempre più aperte alla manipolazione da parte dell’utente. L’interattività coinvolge il mondo dei media, il web e l’universo mobile e si insinua nelle pratiche: giornalismo, comunicazione pubblica, pubblicità, performing art e così via.

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I media digitali e l’interazione uomo macchina

Con saggi di:

Leandro Agrò, Stefania Antonioni, Sebastiano Bagnara, Ornella Costanzo, Luigi Galluccio, Salvatore Iaconesi, Mirko Lino, Giulio Lughi, Giusy Mandalà, Alberto Marinelli, Tatiana Mazali, Graziella Mazzoli, Vanessa Michielon, Sara Monaci,Annamaria Monteverdi, Domenico Morreale, Oriana Persico, Simone Pozzi,Andrea Resmini, Mario Ricciardi, Domenico Sciajno, Gabriella Taddeo, Luca Tremolada

Simone Arcagni è docente associato presso l’Università degli Studi di Palermo. Studioso di cinema, media, nuovi media e nuove tecnologie. Collabora con «Nòva24», «Oxygen», «Technonews», «Segnocinema», «Digicult» e altre riviste scientifiche e di divulgazione scientifica. Tiene un suo blog (Postcinema) per “Il Sole 24 Ore”. Dirige «Screencity Journal». Tra le sue pubblicazioni: Screen City (Bulzoni), Music Video (con Alessandro Amaducci), Oltre il cinema. Metropoli e media (Kaplan).

Un’invasione di arti a Rovereto: danza, teatro, poesia e tecnologia a Città invisibili di Teatro Potlach
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Il progetto di Teatro Potlach  diretto da Pino di Buduo e che ha invaso letteralmente la cittadina di Rovereto per alcuni giorni (3-4-5 luglio) coinvolgendo gli abitanti e oltre trenta associazioni in un fare multi-artistico assai partecipato, si chiama Città invisibili, bellissimo riferimento poetico all’omonimo romanzo di Italo Calvino del 1972 che racconta di una conversazione immaginaria tra Kublai Khan e Marco Polo sui resoconti delle città visitate durante i lunghi viaggi ai confini dell’Impero e che scopriamo essere niente altro che uno sguardo sognante sull’unica città amata: Venezia.

Rovereto come Venezia diventata per un giorno città invisibile, città nascosta, città della memoria e del piacere ha ospitato storie in forma di poesia, musica, danza e colori proiettati, incastrate negli anfratti della vita quotidiana, dentro corti inaspettate e giardini chiusi, sulle facciate di palazzi antichi, popolari o nobiliari che testimoniano la dominazione veneziana e quella austriaca. Gli interventi voluti da Teatro Potlach con l’ausilio tecnologico-creativo dell’OPENLAB di Luca Ruzza e del suo gruppo di giovani tecno creativi (Vincenzo Sansone, Gioele Stella, Francesco Bruno Viteri, Luca Cristiano) hanno amplificato la città storica evidenziandone in forma di luce e proiezione video, i segni architettonici. Lo staff numeroso ha reso possibile una grande quantità di eventi variegati, interventi artistici che ridefiniscono luoghi e spazi urbani senza privarli della loro specifica misura, della loro identità e soprattutto della comunità che la vive la quale si è unita per l’occasione per fare musica, cantare, ballare. Installazioni sonore e proiezioni su tappeti e su edifici diventano spettacoli di son e lumière, apparati effimeri, macchine di divertimento, attrazioni meccanizzate che ricordano le fantasmagorie e i parchi di divertimento d’inizio secolo.

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Rovereto nel 1411 passa sotto il dominio della Repubblica di Venezia, poi diventa parte dei possedimenti dell’Imperatore d’Austria e conosce il suo massimo splendore nel 1700, grazie all’attività legata alla seta e all’introduzione della coltivazione del gelso. Allo sviluppo economico è legato quello artistico ed intellettuale rappresentato da figure quali Tartarotti, Vannetti, Rosmini, Gasparantonio Baroni. Economia e cultura. artigianato e filosofia segnano il percorso studiato nei minimi dettagli, con una cura antropologica da Pino Di Buduo con la sua struttura teatrale (con NATHALIE MENTHA, DANIELA REGNOLI, MATTEO ANTONUCCI, IRENE ROSSI, ZSOFIA GULYAS, SIMONA VITALE, PAOLO SUMMARIA, SARA ALLEVI, ALESSANDRO CONTE, MARCUS ACAUAN, GIOVANNI DI LONARDO) che diventa per l’occasione una compagnia di comici dell’arte, di artisti di strada, di abili affabulatori ciascuno portatore di “storie” per il visitatore occasionale e inconsapevole, recuperando l’idea del divertimento popolare volto principalmente a provocare stupore e meraviglia. Un’operazione che ha un’evidente forza simbolica comunicativa mirata a creare un dialogo tra viaggiatori e abitanti e a tracciare mappe di percorsi sensibili privi di GPS.

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Così partendo dal sagrato della cattedrale, Pino Di Buduo in veste di maestro di cerimonie, dà il via a questa insolita “rivitalizzazione” della città: un percorso in forma di miriadi di “narrazioni” che intrecciano videomapping di colonnati e facciate e cori alpini, unendo la tecnologia più spinta (l’animazione grafica 3D) con la tradizione perché come ricordava il compianto Paolo Rosa:

La città ideale del nostro tempo non può prescindere dalla tecnica. Il dialogo con la tecnica diventa essenziale per non lasciare l’incanto delle nostre belle città alla sfera della nostalgia e del ricordo immobile. Il confronto tra tradizione e tecnologia diventa essenziale. Ci può aiutare a restituire una vitalità urbana proiettata nel futuro”.

Anatomia della bellezza. Cura di sè, arte e spettacolo da Platone ai selfie, di Tommaso Ariemma alla Galleria Francesco Foresta di Lecce
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tommaso ariemma

Cosa ci rivela la diffusa pratica del selfie? L’arte contemporanea ha davvero preso le distanze dalla bellezza? Perché amiamo così tanto le storie? La nostra società è davvero una società dello spettacolo? Il presente studio affronta i pregiudizi che ormai permeano la visione dell’arte, della società e del rapporto con sé. Analizzando costumi, stili di vita e serie tv di qualità, l’autore vuole fornire risposte a domande cruciali, per comprendere meglio il nostro tempo e il nostro rapporto con la bellezza e la sua molteplicità, una teoria generale del bello che attraversa la storia dell’arte, della moda, della cosmetica e le teorie dei media e della narrazione. La tesi di Anatomia della bellezza è che l’esperienza contemporanea del bello si svolga su almeno quattro fronti: quello eccessivo proprio della lotta per la visibilità e per l’aspetto corporeo; quello in difetto nell’esperienza dell’arte contemporanea; quello interno all’esperienza del racconto; e infine quello per errore nelle nuove narrazioni mediali.

“Per Platone, l’ideale che l’anima coglie grazie a un “ricordo” speciale, risalente a prima che prendesse corpo, si trova sempre oltre la dimensione terrena e sensibile: nell’iperuranio. Tuttavia la nostra attenzione si concentra sempre su questo oltre senza notare la barriera che lo rende possibile: il Cielo, dominio di Urano. Non si dà iperuranio senza la barriera “uranica” che separa il mondo delle idee dal mondo delle cose.
Ora, nel momento in cui Urano perde il suo potere – ossia ciò che è implicito nella Nascita di Venere di Botticelli – non c’è più barriera uranica e le idee eterne possono cadere nel mondo, realizzarsi nel tempo (non a caso la detronizzazione di Urano avviene per mano di Crono, dio del tempo).
Ciò che avviene nel Rinascimento viene riassunto, dunque, nel celebre dipinto di Botticelli: la malinconia sul volto di Venere simboleggia bene l’affermarsi di una nuova epoca e di una nuova visione del mondo; che sia poi una donna rivela il nuovo bersaglio su cui si eserciterà maggiormente la nuova vita delle idee: il corpo femminile” (Anatomia della bellezza. Cura di sé, arte, spettacolo da Platone al selfie, pp. 14-15)

Viaggio tra teatro e cinema in Kosovo a Pisa
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A Pisa al Teatro Rossi Aperto in Via Collegio Ricci, domenica 14 giugno ci sarà una serata per conoscere il teatro di Jeton Neziraj e il Kosovo attraverso gli occhi e l’esperienza di Anna Maria Monteverdi – studiosa di digital performance e video teatro e docente di Storia del Teatro all’Accademia di Belle Arti di Lecce e Drammaturgia multimediale all’Accademia di Brera.

Alle 21 presentazione del testo teatrale “La distruzione della Torre EIffel“di Jeton Neziraj (ed. Cut up) insieme alle curatrici Anna Monteverdi, Monica Genesin.

A seguire proiezione del film documentario “Nuovo Teatro in Kosovo – Teatri i ri ne Kosove” regia di Anna Monteverdi, immagini di Alessandro DI NAro e Giancarla Carboni. Introduce e partecipa la docente di media Sandra Lischi.

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Jeton Neziraj già direttore del Teatro Nazionale del Kosovo è la coraggiosa voce politica nel teatro del nuovo Kosovo, impegnato sul fronte dell’attivismo intellettuale e sul ruolo dell’artista, sulla sua responsabilità e sul margine di libertà nei processi socio-politici in atto.La distruzione della Torre Eiffel (ed. Cut Up) è la sua prima opera ad essere tradotta in italiano. Nel suo teatro umorismo e comicità possono diventare armi straordinarie per distruggere luoghi comuni e convinzioni nazionaliste

Angela Di Tomaso aka AiDiTi Vision: Light painting e audiovisual works
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ANGELA DI TOMASO aka AiDiTi Vision Multimedia artist  (Isernia, Italy 20/01/1988).

Angela began studying art at a very early age, she always mixed different artistic disciplines in her work: drawing, painting, photography and graphics. Her interest in live video, projection mapping and motion graphics was fuelled during her Erasmus exchange in France where she lived for one year 2010/2011. During her academic studies she chose to experiment with New Technologies, focusing her attention on video, performance and interactivity.

She graduated in 2011 from the Academy of Art of Frosinone, on the MULTIMEDIA Design.Currently enrolled on the NEW TECHNOLOGY , Academy of Fine Art of Brera, Milan.

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She specialises in live performance in the fields of projection mapping, VJing and Video-Scenography for theatres, collaborating with many different groups as a freelancer.  She has exhibited in Italy and Europe.