Quando un grande, nella notte, ci saluta per sempre, è certo che all’indomani il mondo si risveglierà più piccolo, più solo, più triste e questo fine d’anno ci ha offerto un risveglio amaro nel venire a conoscenza della partenza del nostro caro amico Carlo, che ci lascia un vuoto profondo e incolmabile.
Ma subito se penso alla vita e agli insegnamenti di questo gigante (artisticamente) gentile e selvaggio, dall’ingegno multiforme e la candida naturalezza, so che insieme (nelle nostre lunghe chiacchierate sulle cose grandi) avremmo concordato sul fatto che non possiamo colmare il vuoto lasciato da chi ha camminato con noi (davanti a noi) e se ne va, ma solo camminare in suo onore ancora più decisi e forti, preferibilmente alla ricerca di altri, nuove forze, che magari unendosi possano ribilanciare il grosso peso mancante. Possiamo solo sentirci ora ancora più responsabili della sorte presente e futura dei pensieri e le pratiche che abbiamo condiviso (e attualmente quel certo modo di vivere l’arte di cui Carlo Quartucci era un rappresentante eccezionale versa in gravi condizioni) quindi ora più che mai incombe la necessità di difenderlo e curarlo ma non solo: occorre che esploda ancora una volta, fragoroso e potente.
Carlo è l’esempio lampante dell’artista che incarna tutte le epoche: quelle degli antichi rituali agricoli come e quanto quelle di viaggi spaziali. Tutto questo infinito Carlo lo faceva stare nella scena, nel senso che con lui il teatro diventava ovunque e non sto usando termini non soppesati: non solo quando eravamo teatro con lui (penso alla esperienza fatta come suo scudiero al Teatro India) l’archittettura viveva un processo di aperture multiple che abbattevano ogni limite fisico della scena ma anche e forse soprattutto perché quando finito (solo apparentemente) lo spettacolo e si andava a mangiare insieme, già anche nel tragitto in macchina, lo spettacolo più incredibile proseguiva, facendo della vita stessa una stupenda avventura di passioni e pensieri che abitualmente toccavano e valicavano i cieli.
Non ho esitazioni nell’affermare che Quartucci sia riuscito nel suo percorso ad incarnare in modo impressionante l’idea di arte e vita che ha trovato un primo centro di sviluppo in fenomeni artistici come il gruppo Fluxus. Mi sono fatto raccontare più volte di quella occasione storica in cui circa ventenne Quartucci era presente tra le prime file durante l’esibizione di John Cage alla Sapienza (primi anni ’60) e ne rimase per sempre profondamente impressionato… Si sentiva, si vedeva, si toccava: il suo teatro è una originalissima trasposizione scenica della musica come la concepiva Cage. Le note della musica di Quartucci siamo tutti noi che con lui abbiamo navigato nei mari del pensiero e delle arti e abbiamo avuto piacere anche di naufragare insieme a lui, tranquilli anche sull’orlo dell’abisso per inseguire il sogno quotidiano di terre da scoprire e nuovi mondi e nuovi giorni di arte e vita.
Caro Carlo rimarrai l’esempio a cui afferrarsi con forza quando, come accade, ci sarà bisogno di ricordare a tutti che il mondo non deve essere necessariamente soltanto come lo voglione certe forze “oscure” e la vita può e deve essere qualcosa di più che semplicemente nascere, crescere e morire adeguandosi all’andamento generale. Mentre scrivo riesco a dare pausa alle lacrime per la perdita di un amico solo cercando di pensare a quello che mi avrebbe detto lui e di colpo il mio pensiero torna a veleggiare e quello spirito grandioso che ho sentito tante volte nelle azioni e nelle parole del mio caro amico e maestro mi pervade e mi sorregge.
Mi dice: << Lino se ora tu (e altri come te) piangi e ti abbatti perchè io sono partito per questo grande viaggio dove tu non puoi ancora seguirmi, chi raccoglierà il mio lascito? Chi proseguirà insieme alla mia amata Carla il viaggio della zattera che insieme negli anni abbiamo costruito e riparato tante volte perché fosse sempre pronta a ripartire senza mai fermarsi? Non abbatterti mio scudiero e pensa che ora toccherà a voi tenere accesa la fiamma. Se lascerete che quella si spenga allora vanificherete il mio lascito ma se lo raccoglierete e ve ne prenderete l’onore e la responsabilità io sarò sempre vivo e sempre in viaggio insieme a voi>>.
Quando Don Chisciotte non c’è più qualcosa vorrebbe che il racconto epico non possa continuare e i Sancho che rimangono restino senza più una guida e quindi si ritirino ad attendere di estinguersi, ma questo non accadrà! Ora invece, ancora più che mai noi Sancho (e intendo tutti coloro che in questi anni hanno vissuto insieme a Carlo e Carla questa grandiosa esperienza di viaggio) siamo chiamati a divenire Don Chisciotte e far ripartire il motore del mito laico e libero, riprendere il viaggio, per monti e per mari a vele spiegate, esibendo al sole la grande Q di Quartucci/Quijote a vessillo di nuove e mirabolanti imprese!
Carissimo amico, lasciaci dunque qualche momento in cui le lacrime non possono che scorrere per la mancanza del tuo corpo tra noi ma non temere presto il tuo grande spirito ci darà forza e riprenderemo più convinti di prima a navigare in direzione dell’oltre in tuo nome e in tuo onore, fino al giorno in cui toccherà anche a noi l’ultimo grande viaggio verso l’ignoto.
Lino Strangis è un artista multimediale (videoarte, videoinstallazioni e videosculture, realtà virtuali, performance, sculture 3D, video-scenografie, sound art) musicista sperimentale e regista (teatro, cinema, tv) nato a Lamezia Terme il 19/01/1981, vive e lavora a Roma, Torino e Pisa.