L’ineffabile Giac, che ci ha lasciato il 2 maggio scorso, continua a stupirci: la band MATTIA CAROLI & I FIORI DEL MALE aveva richiesto il suo supporto per il videoclip del singolo “La mia generazione” e lo ha fatto uscire oggi in anteprima .
Ce lo rivela il magazine Rolling Stone. E a noi piace che la band abbia dedicato a Giacomo questo brano: “Seguivamo Giacomo da molto e ci affascinavano le sue ricerche e sperimentazioni sulla possibilità della videoarte e il suo attivismo sociale”.
Un video che mixa immagini della Tv distorte e immagini flashanti, tra Berlusconi e il Colosseo mentre passa il ritornello “ROooooma con gli anni ho imparato ad amarti”; un video che gronda memoria analogica. Per chi conosce Giacomo non sarà difficile riconoscere in questi effetti assai semplificati, da vecchia tecnologia anni Ottanta, quasi aggiunti come in una sessione live, quelli che aveva usato per la sua prima opera assoluta di video arte monocanale: Fine fine millennio.
Con questo video partecipò a U-TAPE (rassegna di videoarte a cura di Lola Bonora a Palazzo dei Diamanti, Ferrara) nel 1984 con il “poetronico” Gianni Toti in giuria, ed è uno dei video-simbolo del lavoro di Verde degli anni Ottanta, quello a cui era più legato. Nel 1994 Verde parlava di Fine fine millennio come di un’opera in cui c’era già tutto il suo lavoro, la sua idea di arte: “Tutti gli altri video praticamente sono uno sviluppo, un approfondimento di Fine fine millennio“; come ricorda lo stesso autore, fu montato in macchina (cioè montato direttamente in fase di ripresa fermando e riattivando la registrazione) in mezza giornata nel 1984, recuperando video di guerra dai telegiornali, ricavandone raffigurazioni astratte, “pittoriche”. Fine fine millennio con la co-produzione Blow up audiovisivi di Gabriele Coassin, avrà più versioni (1984-1987-1988: la triplice datazione è ad opera dello stesso Verde). Sarà proiettato nelle rassegne: “Follia follia”, Roma, 1988; “Segnali all’orizzonte”, Padova, 1989; Lyogon Art Festival, Melbourne, 1989; Typocynet, Terni, 1990; Ti Video Novanta, Roma, 1990; TeleTime, videoarte 90, Messina, 1991.
Ecco come lo descriveva:
“Le immagini video si possono considerare come la memoria di questo fine millennio.L’amnesia diventa la via di scampo per superare una coscienza razionale troppo devastante, e per lasciare posto a una coscienza più profonda (biologica quasi) fatta di lampi pittorico-elettronici: piuttosto che di “telegiornali””.
Da chi abbia avuto l’idea della costruzione astratta di forme luminose, di puntare la telecamera sulla tv, di usare l’effetto “scia” del video come una pennellata veloce e altre tecniche di manipolazione “artigianale” dell’immagine, non è chiaro: credo però, che non sia azzardato ricordare quello che era il clima vivace e sperimentale degli anni Ottanta e del circuito dei Festival di arte elettronica, oggi – come sottolinea Sandra Lischi – completamente scomparso. I dialoghi tra artisti, critici, curatori e studiosi erano proficui e attivavano interferenze, connessioni, scambi, suggestioni: proprio al Centro Video Arte di Ferrara erano ospiti abituali artisti internazionali (dalla Abramovic a Paik ai Vasulka a Gianfranco Barrucchello) offrendo, come ricorda Francesca Gallo, “possibilità di sollecitazioni inarrivabili”.
S. Lischi, La lezione della videoarte. Carocci, Roma 2020
F. Gallo, La videoarte a Ferrara: ieri, oggi e domani, in B. Di Marino, L. Nicoli (a cura di), Elettroshock. 30 anni di video in Italia (1971-2001), Castelvecchi, Roma 2001