Il compositore e artista digitale Gabriele Marangoni ha abituato il pubblico a sorprendenti progetti dove live electronics, sound scape, videoarte e voci recitanti si amalgamano in modalità immersive straordinarie; ospite di Festival internazionali, da Ars electronica di Linz (è stato l’unico artista italiano a essere invitato nella stessa edizione per opening e closing) a I teatri di Reggio Emilia (dove ha portato nel 2019 Utera, un lavoro raffinato che giocava su aspetti sonori, coreografici e visivi interattivi) quest’anno approda a LUGANO il 15 dicembre. Il LAC di Lugano infatti, insieme con Tempo Reale di Firenze hanno prodotto il suo progetto METASTASIS, sequenza per voce e live electronics contro l’inquinamento umano, con Francesca Della Monica e Damiano Meacci e videoambienti.
Intervista al musicista e artista digitale Gabriele Marangoni
Come è nato il progetto di theatre music che ha un tema legato all’ambiente, al climate change?
MARANGONI: Come idea METASTASIS è nato da un’esigenza di affermare un ruolo sociale dell’arte. Siamo, è vero in un periodo storico senza precedenti come sensibilizzazione nei riguardi del Pianeta. Se ne parla ma non vediamo qualcosa di veramente efficace che ci porti a entrare in empatia con la rovina del Pianeta, dunque la sensibilizzazione va avanti per sfumature, ma l’arte ha il dovere di amplificare un messaggio, deve poter influenzare la coscienza delle persone laddove altri mezzi hanno fallito. L’Arte si fa carico del messaggio, di gettarlo in maniera dirompente tra le persone, e questo si lega all’estetica del progetto che è dar vita all’urlo del Pianeta, urlo che diventa elemento artistico e sonoro. Su questo urlo (interpretato da Francesca della Monica) si costruisce: è un urlo disperato, primordiale attraverso il linguaggio artistico e sonoro si vuole andare a scuotere le coscienze, è questa è una necessità artistica e etica insieme. Metastasis è cancro ma per me lo è prima di tutto gran parte dell’operato umano, non il Pianeta, che è ammalato perché siamo noi la sua malattia. Metastasis è un progetto sonoro incentrato sull’uso della voce e delle sue tecniche estese in dialogo con l’opera visiva.
Quali sono state le fasi di lavoro del progetto?
MARANGONI: C’è stato un arricchimento rispetto a un’idea unicamente acusmatica a cui mi ero dedicato inizialmente, c’è una sorta di polifonia, di linee, di linguaggi che si intrecciano, il principale, più strutturale ed emotivo è quello sonoro che viene elaborato elettronicamente: si parte dai suoni al limite della riproducibilità della voce umana (con Francesca Della Monica), elaborata in live electronics (con Damiano Meacci e Tempo reale). C’è poi, un’operazione che definirei di “ecologia sonora”, un uso limitato degli strumenti ridotti al minimo appunto, in un’ottica di ecologia; minimale è l’apparato scenico e tecnologico: non ci sono oggetti di scena, non vengono portati altri materiali al di fuori della dotazione del teatro stesso: l’apparato scenico è il teatro stesso, la sua struttura, le quinte, i tiri, le luci. Abbiamo aggiuno un dispositivo video con proiezioni zenitali sul palcoscenico, gigantesche: a queste immagini abbiamo attribuito un ruolo onirico. La linea estetica delle luci è stata ideata con grande precisione e cura da Luigi De Angelis. I video sono stati girati in Sardegna e sono la trama, quella pelle in cui vediamo stratificata la bellezza incontaminata in dialogo stridente con l’intervento dell’uomo, che devasta, che inquina. Musica e aspetto visivo sono parti di un elemento strutturale unico, un’unica grande a partitura. Dal punto di vista espressivo c’è un’interiorizzazione continua: l’opera inizia in maniera cruda e violenta , con un urlo amplificato dalle luci e dall’elettronica, ma procede verso un’intimità. La Madre Terra ferita urla disperazione ma conduce a un’intimità preziosa. Preziosità.
Come ti poni rispetto a determinate posizioni degli artisti anche di teatro che cercano soluzioni concrete per limitare nel loro lavoro, materiali inquinanti o energivori?
Marangoni. Senza ipocrisia bisogna accettare il fatto che per determinati aspetti non abbiamo rimedi; dobbiamo ammettere che la tecnologia che usiamo ha un impatto sull’ambiente, che certi materiali non saremo in grado di smaltirli. Possiamo però, limitarne l’uso, e questa cosa non è una riduzione, ma un ampliamento. Si usa quello che c’è già, ne amplifichiamo le possibilità. Certamente con lo spettacolo da questo punto di vista aderiamo a una campagna a impatto zero, e per ogni rappresentazione si calcola l’impatto dei consumi per riconvertirlo in verde.
Metastasis ha avuto una forma “primordiale” per LINGUA MADRE
MARANGONI: METASTASIS è stato concepito come un progetto con grande potere di metamorfosi che arriva dall’esperienza delle problematiche e delle conseguenze del Covid (l’isolamento forzato, l’uso del live streaming) e ha preso diverse forme, una di queste è stata l’installazione inclusa in Lingua madre il cui progetto firmato dal LAC ha vinto il Premio Hystrio. In quel formato era costituito da 6 capitoli, tre audiovisuali e tre solo sonori; il progetto che presentiamo al LAC continuerà in questa metamorfosi e diventerà installazione.