Le prime notizie si sa, si leggono la mattina sorseggiando un bel caffè nero (possibilmente bollente): prima di compiere le nostre faccende domestiche, lavorative, didattiche e sportive (nei limiti del DPCR: a ognuno il suo colore!) è sempre buona norma essere informati su quello che accade nel mondo. Abbiamo voluto giocare un po’ con il nome della rivista on line che presentiamo, The Black Coffee. Beh, in effetti le notizie le potete leggere in qualunque momento!
E’ sempre una bellissima sorpresa trovare un nuovo magazine on line con contenuti importanti e approfonditi, con una grafica accattivante e godibilissima, con sezioni di attualità, politica, cultura (tanto teatro ma non solo) e réportage dal mondo. D’altra parte chi lo firma, un po’ di mondo lo ha girato davvero, esplorato, indagato e fotografato! Sono Simona Frigerio e Laura Sestini, giornaliste professioniste con pubblicazioni e collaborazioni di alto profilo al loro attivo: sotto un po’ della loro storia.
La novità è che è indipendente: altro motivo per cui non solo ci piace moltissimo, ma aderiamo al loro progetto di crowdfunding che permetterà alla redazione di non fare come fanno tutti gli altri siti: applicare “pop up” commerciali a tutta pagina, vendere profilazioni a società di marketing. Insomma, viene da dire che una rivista così va difesa con le unghie e con i denti. E noi ci siamo attrezzati per farlo e vi proponiamo un racconto di questa bella storia con un’intervista. Ma prima cliccate qui per vedere la rivista (non è bellissima??)
E poi cliccate qui per dare il vostro contributo, come molti di noi hanno già fatto e continueremo a fare, per sostenere il progetto editoriale.
Intervista a SIMONA FRIGERIO:
1. Una nuova rivista indipendente Theblackcoffee.eu da poco anche con una grafica di grande impatto. Non si parla solo di cultura ma anche di attualità, di temi caldi in Italia e nel mondo. Puoi raccontarci da dove siete partite insieme a Laura Sestini per questo nuovo progetto di informazione indipendente?
«Laura Sestini è giornalista e fotografa professionista con una lunga esperienza anche in reportage dal Nord Africa e dal Medio Oriente, oltre a essere una collega in Persinsala.it. Alcuni anni fa decise di fondare un proprio blog nel quale raccontare quel mondo che da anni indagava ma che non trovava spazi adeguati sui mass media. Nel contempo, io cercavo di raccontare il mondo attraverso il teatro e le arti – dati anche i miei studi umanistici. Quando è esploso il Covid-19 in Italia ci siamo accorte, entrambe, di aver bisogno di affrontare quanto stava accadendo con un occhio critico, mantenendo la capacità di ragionare sui fatti senza farsi prendere dal panico o sposare alcuna tesi a priori. Lei si è ritrovata in prima fila con il volontariato in Protezione Civile e Croce Rossa (ricordo che abbiamo anche pubblicato un reportage dalla Rhapsody: https://www.theblackcoffee.eu/dalla-nave-quarantena-di-brahim-aissaoui-alla-quarantena-in-uno-sprar/). Io – senza più lo strumento delle arti per decifrare il mondo – ho deciso di tornare alla mia professione giornalistica e alle inchieste. E così dal blog, ideato tre anni prima, è nato Theblackcoffee.eu, che in breve tempo è diventato un Settimanale (l’abbiamo anche depositato come testata in Tribunale lo scorso 4 gennaio), dedicato sia a un estero che non inizi e finisca con gli States, sia a temi quali l’economia, la politica, l’ambiente e la cultura con articoli approfonditi – come accadeva nei Settimanali storici della carta stampata. Sempre orgogliosamente indipendenti».
2. La tua attività di giornalista spazia dal teatro a molti altri campi non strettamente teatrali. Da dove inizia l’ispirazione per un nuovo articolo?
«Mi sono sempre occupata di politica, anche attivamente, prima di diventare giornalista. Ero a Genova nel 2001 e a quelle giornate ho dedicato un doppio speciale qualche mese fa (https://www.theblackcoffee.eu/noi-credevamo/ e https://www.theblackcoffee.eu/noi-credevamo-seconda-parte/). Poi, con il tesserino di giornalista, ho smesso di fare la militante politica perché credo che le due cose non siano eticamente conciliabili. Fare informazione significa seguire i fatti, ovunque ti portino, aldilà dell’ideologia. Però, visto il mio costante interesse per la materia e il mio profondo amore per le arti sia figurative sia performative, ho continuato a tenermi aggiornata, leggo molto (e, grazie al fatto che conosco diverse lingue, posso spaziare anche su online stranieri) e mi lascio incuriosire. Quando poi la curiosità si fa interesse o mi accorgo che qualcosa non torna, ecco che si scatena in me la detective: voglio scoprire cosa c’è dietro un fatto e inizio – letteralmente – a investigare. È successo con l’inchiesta sul cancro infantile (https://www.theblackcoffee.eu/il-nemico-pubblico-numero-1/) e nei tre speciali dedicati al mercato dell’arte (https://www.theblackcoffee.eu/lo-stato-dellarte/); in questi giorni, si è ripetuto con la piattaforma ItsArt (https://www.theblackcoffee.eu/itsart-pillola-azzurra-o-pillola-rossa/) e il tema del femminicidio (inchiesta che dovrebbe uscire a fine mese)».
3. Credi che un progetto giornalistico sul web possa incidere sulla società, sulle persone, fornendo nuove prospettive, idee e nuovi punti di vista? E che tipo di pubblico è quello di The Black Coffee?
«Inutile nascondersi che un editore con i giusti mezzi finanziari potrebbe lanciare al meglio il Settimanale (che è aggiornato online ogni sabato), permettendoci di incidere maggiormente. Ma sentirsi (ed essere) indipendenti è una sensazione impagabile perché permette di seguire davvero tematiche che, sui normali mass media, sono sfruttate solo dal punto di vista sensazionalistico. Faccio un esempio. Il femminicidio è spesso argomento di cronaca nera e, specialmente, se può rivelare retroscena ‘scabrosi’. Io sto indagando, al contrario, il fenomeno dal punto di vista sociale, storico, psicologico e legale, intervistando donne professioniste che se ne occupano in tutti questi campi – perché noi donne non siamo solo delle vittime. Credo che l’indipendenza permetta di essere ‘scomodi’ e, forse non è un caso, il 16 gennaio siamo uscite con un pezzo dedicato alle energie rinnovabili, in cui abbiamo trattato i temi del solare termodinamico e dei trasporti pubblici (https://www.theblackcoffee.eu/dai-burger-al-golf-quando-il-green-diventa-moda/), che sono stati oggetto della puntata di Report, su Rai 3, due giorni dopo! Penso che questo impegno, nel tempo, possa gettare semi. Magari in altre e altri giovani che vogliano approcciarsi al giornalismo con lo stesso sguardo e impegno. Credo fermamente che un altro mondo sia ancora possibile e ognuno debba impegnarsi al suo meglio. E spero che i nostri lettori aspirino alla medesima visione, utopica in senso marxiano – non utopistica, ossia irrealizzabile».
4. Parte il crowdfunding, un’esigenza di indipendenza che è un unicum nel nostro settore di critica teatrale, per esempio, dove spesso c’è confusione o non si comprende il confine tra chi davvero scrive in maniera autonoma e chi viene “pagato per farlo”. Un limite che sarebbe bene chiarire per motivi etici.
«Fino a pochi anni fa i critici erano giornalisti assunti dai quotidiani o firme che vedevano retribuite le proprie collaborazioni. Poi i giornali hanno cominciato a preferire i cotillon ai contenuti e i teatri stessi hanno capito che era più facile offrire un bicchiere di spumante in conferenza stampa a un cronista, che avrebbe poi presentato la Stagione, che non invitare alle prime critici che potevano storcere il naso di fronte a una produzione. Oltretutto, la presentazione della Stagione era pubblicità gratis e, d’altro canto, il quotidiano non si doveva preoccupare di eventuali querele a causa di una critica troppo pungente. Però, alla fine, il gioco ha cominciato a incepparsi. Il critico oggi non è più retribuito, e finisce spesso per compiacere il teatrante per sentirsi dare una pacca sulla spalla, ossia per ottenere una sorta di riconoscimento a livello sociale, essere invitato a cena e a vedere uno spettacolo. Questo serve a qualcuno? Il pubblico non è un’entità abbindolabile che vede uno spettacolo attraverso le parole del critico e, se si sente preso in giro, finisce per non seguire più né il critico né l’artista. Inoltre, a quest’ultimo una critica ‘ammaestrata’ (aggettivo che mutuo da una bella canzone di Francesco Guccini) serve davvero? A parte autocompiacersi del complimento del critico, l’artista dovrebbe mirare a crescere, a comprendere se il suo lavoro nasce da una reale necessità creativa e se arriva davvero oppure langue nell’autoreferenzialità. In Persinsala.it, Daniele Rizzo (che ha ideato l’online oltre una decina d’anni fa) e io (che l’ho convinto e ho collaborato alla fondazione della sezione Teatro), abbiamo sempre detto agli artisti che, se ci invitavano, potevano contare sulla nostra competenza, onestà e presenza nel caso di battaglie per il lavoro o altre richieste legittime (penso, ad esempio, all’inchiesta che feci sulla querela che colpì il Teatro delle Albe qualche anno fa: https://teatro.persinsala.it/spazio-inchieste-julian-assange-il-teatro-delle-albe-paolo-barnard/55038/), ma non saremmo mai stati lo specchio del loro narcisismo. Una posizione scomoda ma, finora, non l’abbiamo mai rinnegata».
5. Qual è l’obiettivo del crowdfunding? Ho visto che chi partecipa ha un “dono”, un gesto di riconoscenza per la fiducia. Avete avuto molti feedback?
«Da ‘mina vagante’, come mi ha definita un collega, non mentirò per autocompiacermi! La maggior parte delle sottoscrizioni, al momento, sono di persone che conosciamo, che magari ci leggevano anche prima o ci stimano come individui. Però stanno arrivando anche adesioni inaspettate, soprattutto di colleghi giornalisti, artisti e alcuni lettori che vogliono sostenerci per solidarietà e perché ritengono che perseguire un’informazione libera e indipendente sia ancora un valore. Ma non è facile, anche perché si è indotti a credere che le fake news siano proprie della rete, mentre il giornalismo professionista viaggi su altri media. Al contrario, occorrerebbe rendersi conto che in un quotidiano ci sono interessi forti – dell’editore in primis – che prevalgono sulla libertà del giornalista. Il direttore stabilisce una linea editoriale e non si creda che le cose siano cambiate in meglio dai tempi di Bellocchio/Volontè di Sbatti il mostro in prima pagina. La rete permette maggiore libertà, anche se il potere che stanno esercitando alcuni social, YouTube e lo stesso Google nell’impedire ad alcuni soggetti di accedere a questi stessi mezzi, dovrebbe accendere una spia d’allarme nelle nostre menti: stiamo davvero rischiando di azzerare il più potente mezzo di democrazia diretta che attualmente esista. Del resto, nella Repubblica Popolare Cinese il controllo della rete è già una realtà. Ma che adesso sia la rete a decidere chi deve inviare un messaggio e quale debba essere il suo contenuto è persino più grave – perché la rete dovremmo essere tutti noi, non alcuni colossi statunitensi controllati da vertici industriali».
6. Parliamo della cultura e del portale che Franceschini ha voluto… Qual è la posizione o la vostra visione di questo e, in generale, cosa pensate stia accadendo al settore cultura in questo periodo, quali le prospettive?
«Ovviamente in TheBlackCoffee.eu ogni giornalista ha la propria visione. Per quanto mi riguarda, ho appena pubblicato un’inchiesta su ItsArt, la piattaforma voluta dal Ministro, e sono molto preoccupata dalla piega che sta prendendo l’intera situazione. Si è chiesto di fare adeguamenti, dovuti, per mantenere le distanze e garantire la salute degli spettatori e degli attori e poi si è deciso di chiudere nuovamente (e penso anche agli sportivi o al pubblico nei cinema e nei musei, agli studenti, agli universitari), anche se la causa ovvia dell’acutizzarsi della pandemia era l’affollamento sui mezzi pubblici nelle ore di punta e i focolai in ospedali e Rsa (come dimostrano i dati epidemiologici di ottobre). Il debito pubblico è lievitato di circa 200 miliardi in un solo anno. I finanziamenti pubblici alle arti, all’istruzione e alla cultura, già deficitari, non si sa se potranno essere garantiti con la crisi economica che dovremo affrontare. Pare quasi che si voglia inculcare nelle persone l’idea che possono e, anzi, devono fare a meno di tutto – tranne della fabbrica o dell’ufficio per produrre beni consumistici. La tivù, guarda caso, non è andata in lockdown. Al contrario, la cultura, la socializzazione (inclusa la ristorazione), lo sport e perfino l’educazione pare si ritengano in qualche modo superflui o comunque derogabili – e così anche la produzione di idee e bellezza. Credo che il rischio, soprattutto per i teatranti, sia quello di essere messi sotto naftalina insieme agli intellettuali e alla famosa classe operaia. Se manca la coscienza di esistere come classe di lavoratori, se non si è consapevoli dei propri doveri e diritti, se non si è presenti nella società e nelle sue dinamiche, se si è solo organici al potere ormai scaduto a piccoli personalismi, si scompare. Ma a luglio prossimo saranno 20 anni da Genova 2001: potremmo tornare in piazza anche perché i temi sono più scottanti che mai. A causa del Covid-19 il rischio di povertà sta invadendo Paesi e classi sociali che si credevano al sicuro. L’ambiente ha bisogno di scelte radicali: l’Italia era il Paese leader del solare termodinamico, e ora parliamo del ‘cappottino’ e dei recuperi IRPEF invece che di impianti e investimenti per assicurarci di poter ripagare i fondi che arriveranno con il PNRR. Le diseguaglianze si sono accresciute, la forbice retributiva si è allargata e le democrazie sono sempre più formali e sempre meno sociali. E l’artista, il performer, l’intellettuale dove sono? La rivista universitaria che hai fondato e dirigi è dedicata a Giacomo Verde. Ecco, io credo dovremmo ripartire da lì: dall’artivismo».
(Grazie Simona <3)
Bio Simona
Dopo alcuni anni all’estero per studio, rientro in Italia dove mi laureo cum laude in Lettere alla Statale di Milano. Lavoro nel settore comunicazione e marketing per alcuni clienti privati e una multinazionale dell’informatica prima di approdare al giornalismo e alla curatela e scrittura di libri. Inizio una collaborazione settennale come documentarista con l’Associazione Medica Italo-Cinese, fondata negli anni 70 da Zhou Enlai e dal Ministro degli Esteri italiano. Dopo varie esperienze giornalistiche nel settore travel e inchieste per agenzie stampa e trimestrali d’informazioni, arriva SkyLife – dove mi occupo per alcuni anni dei settori Cultura e Intrattenimento. Nel contempo, co-fondo teatro.persinsala.it, del quale divengo, prima, caporedattore della sezione milanese e, poi, di quella toscana. Nel 2020 pubblico The Global City, il libro dedicato all’esperienza di vita e lavoro di Instabili Vaganti. Nel tempo libero viaggio e scrivo racconti (Quadri d’Interno e Anche i critici nel loro piccolo… disponibili su Amazon, oltre a Vagabondaggi – in un’edizione speciale in omaggio ai sottoscrittori di TheBlackCoffeee.eu).
Bio Laura Sestini
Fin da giovanissima ho sempre ambito ad approfondire ciò che mi meravigliava del mondo – un fiore, una città mai visitata, una nuova conoscenza. La fotografia mi ha fornito lo strumento ineguagliabile per quello che andavo cercando. Lo scatto, spesso, contiene anche dettagli non rilevati mentre si guarda; alla fotografia non sfugge mai niente, anche se il fotografo è distratto. Tuttavia non è sempre scontato far vivere allo spettatore gli stessi attimi, le medesime emozioni che portano il fotografo a decidere di riprendere quel momento preciso. Allora giunge in aiuto la scrittura che, anche senza immagini, può trasportare in mondi lontani. Unire le due arti è una sfida, ed è questa la strada che sto percorrendo attualmente. Laureata in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione, sono interessata al rapporto essere umano-ambiente e alla sociologia. La natura è la più grande opera d’arte.