Tommaso Verde, game designer della società Dramatic Iceberg, offre ai lettori del numero monografico della rivista R(E)sistenze dell’Accademia Albertina, un breve sguardo ad alcuni videogame d’arte che trattano del rapporto Naturale/Artificiale.
Ne prendiamo alcuni estratti e vi rimandiamo alla lettura integrale sia del saggio che della rivista, scaricabile on line o acquistabile in stampa
Nei forum e nelle chat di gioco online, non è strano trovare la scritta Touch grass. Una abbreviazione
inglese della frase “Go outside and touch some grass” traducibile in “Esci e vai a toccare
dell’erba”. Normalmente viene utilizzata per indicare qualcuno che passa troppo tempo davanti
a uno schermo o per far riferimento a qualcuno che ha perso la connessione con ciò che è reale.
Questa frase, così semplice, si pone in maniera antagonista nella relazione tra l’uomo e tecnologia,
sostenendo che forse alcuni di noi dovrebbero passare più tempo a contatto con la natura. Ma
proprio grazie alla tecnologia possiamo creare e vivere esperienze uniche, che ci permettono di avvicinarci alla tanto agognata natura, in modi che altrimenti sarebbero impossibili. In particolare, è
grazie al medium videoludico, e la sua caratteristica chiave, l’interazione, che possiamo non solo
osservare dei petali di fiori danzare lungo vaste praterie cullati dal vento, ma essere
noi stessi a guidarli alla ricerca dei loro simili.
Tutto questo è possibile in Flower (thatgamecompany 2009), una esperienza floreale raccontata
senza parole ma solo attraverso la semplice e poetica interazione tra un turbinio di petali e i
suoi simili non ancora sbocciati. Navighiamo e viaggiamo tra distese di turbine eoliche e tralicci
elettrici, fino a raggiungere una giungla di cemento armato, ormai completamente grigia e
svuotata da ogni sorta di vita e significato. Flower è una magnifica avventura che non solo mira
a riappacificare il nostro rapporto con la natura in una maniera non convenzionale, ma anche a
raccontarci una lunga storia di coesistenza tra piante e uomini.