La Settimana delle Residenze Digitali è in programma dal 28 novembre al 1 dicembre 2024.
Abbiamo intervistato RUGGERO FRANCESCHINI autore del progetto vincitore RADIO PENTOTHAL, che “rianimerà” con l’IA la mitica Radio Alice, riportando in vita il modo di fare controinformazione degli anni Settanta “miscelando i discorsi del suo fondatore Franco Berardi “Bifo” con un archivio del Movimento del ‘77, hackerando le IA testuali e riappropriandosi della tecnologia, tutte le domande del pubblico troveranno risposta. Basterà solo connettersi alle frequenze di Radio Pentothal”.
Ruggero Franceschini si diploma nel 2014 alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano e lavora come attore in teatro e al cinema con Luca Ronconi, Declan Donnellan, Pappi Corsicato, Emilie Rousset, Federico Tiezzi, Giorgio Sangati, Rajeev Badhan, Francesca Merli… Nel 2016 consegue la laurea triennale in Lettere Moderne presso UNIMI, nel 2019 la magistrale alla CSM di Londra in Performance Design and Practice. Lavora come regista, sia in teatro che nello spazio pubblico, per TSV Teatro Stabile del Veneto, MALTE, eunemesi (IT), switchoffthelight (TW), Momentum (AT) e LUIT (FR).
1.Ruggero…sei tu o sto parlando con una AI language model?
Ruggero Franceschini: Quando, da spettatore, mi connetto a Radio Pentothal, vedo delle persone in carne e ossa che parlano con me dalla diretta video, e anche se mi limitassi all’ascolto, posso riconoscere chiaramente (per ora) delle voci umane. Quindi parlo con Ruggero e le sue collaboratrici e collaboratori. Al tempo stesso, vedo cosa stanno facendo, vedo i loro schermi, ho accesso al dietro le quinte, al procedimento con il quale immettono domande a loro scelta, alle quali posso contribuire anch’io, all’interno del LLM. Sento che leggono queste domande, e che interpretano le risposte, come fa un oracolo con le foglie, il volo degli uccelli, o i tarocchi.
2. Cosa c’entra la politica con un assistente di AI?
R.F: L’AI ha stravolto la politica. Tramite la massiccia connessione ai social media, siamo tutti influenzabili nelle nostre convinzioni, e l’AI fornisce le capacità tecniche per creare grandi quantitativi di materiale per rendere questo processo di manipolazione delle opinioni redditizio. Ma non è detto che debba essere così: negli anni ’90, il periodo più piratesco, di transizione alle nuove tecnologie, le persone erano più alfabetizzate sui loro dispositivi, sapevano come funzionavano. Radio Pentothal cerca di restituire alle persone senso critico, curiosità, diffidenza e interesse verso l’AI, anche in modo ludico e comico se vuoi, perché si rendano conto di come, lentamente, social media e AI hanno modificato il loro modo di vita – e decidano se gli va bene, o no. Quindi questo aspetto è molto politico. Radio Alice si riappropriava delle frequenze, Radio Pentothal dell’AI.
3. Ci racconti il tuo lavoro per Residenze Digitali? Come ci sei arrivato partendo dalla tua esperienza teatrale.
R.F. Se dovessi citare tre persone fondamentali nella mia formazione sarebbero Luca Ronconi, Maria Consagra e Declan Donnellan. Dal primo ho appreso la grammatica del testo, dalla seconda la grammatica del movimento, dal terzo la grammatica dello spazio. Ho applicato queste grammatiche in teatro, nello spazio pubblico, e con Radio Pentothal anche nell’iperspazio – che in fondo, sono o dovrebbero essere tutti degli spazi pubblici. Dunque sono arrivato a questo progetto come ai precedenti, partendo da una mia necessità di indagare e ricercare un tema, di provare a rispondere a delle domande – e come sempre, ho cominciato a usare la pratica performativa per farlo. In realtà è dal 2021 che esploro l’uso dell’AI in teatro, portai anche un progetto in Biennale College per giovani registi, ma forse quella volta era troppo presto. Nello specifico, Radio Pentothal viene da libri, graphic novels, audiocassette, contenute nella libreria di mio padre, provenienti dalla sua giovinezza universitaria nel 1977 a Bologna. Li avevo sempre trovati molto affascinanti, ma questo archivio stava là a prendere polvere, e quindi, chissà, forse per capire meglio mio padre? Beh, ho deciso di fare un re-enactment, una ri-messa in atto di questo archivio, utilizzando lo strumento tecnologico dell’AI, nello specifico un Large Language Model, che può essere addestrati con larghe quantità di testo. Il modo migliore per restituire a un pubblico questo re-enactment mi è parso quello di una radio, in una sorta di omaggio a Radio Alice, che era, nel 1977, un incredibile catalizzatore e diffusore della controcultura del Movimento.
4.La “tua” Radio Alice rivisitata è più divertente o più impegnata? In sostanza, quello che hai creato lo consideri più estetico o politico?
R.F. È sicuramente molto ironica, ma come mi ha detto Bifo quando gli ho parlato del progetto, l’ironia ha un estremo potere politico, se vuoi anche apocalittico, perché, oltre a essere divertente, in profondità è rivoluzionaria, è l’asserzione che nulla di ciò che esiste ha senso. “L’immaginazione al potere”era lo slogan del ’77, e io l’ho sempre interpretato letteralmente: il potere è immaginato. I re sono sempre stati nudi.
5. Il testo generato è drammaturgia vera e propria? Chat GPT può sostituire un drammaturgo? E come hai creato il giusto mix interpretativo di voci, cioé la regia?
R.F.Credo che il lavoro drammaturgico sia il terreno più affascinante in questo tipo di progetti. In sostanza si tratta di provare a costruire dei pattern di input umani e risposte digitali che permettano ai/alle performer di improvvisare, e saper reagire anche agli stimoli del pubblico. Per fare questo, ho selezionato un ampio materiale testuale per allenare l’AI, poi i creative developer Michele Cremaschi e Marcello Cualbu hanno allenato due AI, e con quelle AI ho improvvisato sia con i/le performer che con i musicisti. Il coordinamento di queste interazioni fra umani e non umani è la drammaturgia del progetto, che firmo io – e no, non avrei potuto essere sostituito da un’AI, perché non esiste un’AI nata negli anni ’90, che si ricordi il profumo della carta dei libri di mio padre venuti dagli anni ’70 e che si chieda cosa fare di quel materiale, e pensi di coinvolgere un’altra AI e dei performer e dei musicisti… spero di spiegarmi.
6. Il pubblico partecipa attivamente? Hai pensato a uno step successivo non più on line?
R.F Il pubblico può scrivere o chiedere di intervenire in diretta, sì. In questa fase, che è solo la restituzione della prima residenza (ti dico solo che per il mio progetto precedente ho fatto 18 – diciotto – residenze, ma era prodotto in Francia, forse avrei dovuto restarmene là…), vorrei vedere come gestire queste interazioni, che chiaramente possono depistare del tutto la trasmissione. Ma proprio in questa vulnerabilità del dispositivo performativo sta il mio interesse, nel mostrare una macchina di informazione potenziata dall’AI simbolicamente vulnerabile, e smascherare così tutte le macchine di informazione nel mondo reale, che si presentano, appunto, come le uniche detentrici della verità – quasi avessero del siero Pentothal a lubrificarne i meccanismi. Nelle prossime residenze vorrei sperimentare una modalità ibrida phygital, cioè physical and digital, e permettere al pubblico di essere presente nella stazione, magari di sgomberarla alla fine della performance, ma anche di connettersi semplicemente online come in questa prima restituzione.
7. Che peso hanno avuto per il tuo lavoro i padri fondatori dell’arte digitale italiana che alla fine degli anni 90 del 900 hanno iniziato ad hackerare i linguaggi? (da Jaromyl a Giacomo Verde allo stesso Bifo)
R.FCome accennavo prima, sono sempre stato attratto dalle sperimentazioni low tech con i nuovi media e tecnologie. Negli anni ’90 il lavoro di Giacomo Verde, che tu conosci benissimo, è un’ottimo esempio di pratica artistica che mi ha ispirato. Letteralmente, perché mia madre, che lavora con i bambini, all’epoca teneva dei laboratori di tele-racconto che mi affascinavano (per chi non lo conoscesse, semplificando si trattava di spettacoli di burattini creati con found objects, orizzontali, riportati in verticale da una videocamera proiettata in diretta in uno schermo televisivo). Negli anni ‘90 il mezzo di comunicazione di massa era la televisione, che in mano al presidente del Consiglio creava un conflitto di interessi in Italia che era solo il trailer di quanto sta succedendo oggi nel mondo.
Nella foto da sinistra Giacomo Verde, Massimo Cittadini Franco Berardi “Bifo”, Tommaso Tozzi e (con la cravatta) Perluigi Capucci
8. E’ difficile conciliare un messaggio di rivoluzione del linguaggio con questi sistemi automatizzati che alla fine, come dice Hito Steyerl, restituiscono “un mondo medio”, cioè sia mediocre che statisticamente medio…
R.F. Verissimo. Ma infatti ciò di cui mi sto rendendo conto è che se c’è una fiammella di speranza in un progetto come Radio Pentothal, non sta nell’aspettarsi tecno-soluzioni, anche solo linguistiche, al mondo in cui viviamo oggi, dove per qualche ragione in Occidente pensiamo di aver già passato l’apocalisse, e che non possa essercene un’altra – oppure al contrario, dove siamo paralizzati mentre la catastrofe si realizza davanti a noi. No, se c’è una speranza sta nello scoprire, connettendosi a questa sgarruppata radio, che in realtà ci sono molte altre persone che hanno le nostre stesse domande, la nostra stessa rabbia, la nostra stessa ironia, e che stanno provando a creare e difendere dei territori fisici o digitali, degli spazi pubblici, dei santuari come li chiama Shoshana Zuboff, dove avere una discussione sul nostro mondo, dove trovare delle strategie di adattamento creative, infine dove dare alla luce ed allevare il nostro sé, fuori dall’alveare.
Concept e regia Ruggero Franceschini
drammaturgia Ruggero Franceschini e Sonia Antinori
con le voci di Alberto Baraghini, Angelo Callegarin, Paula Carrara, Claudia Gambino, Samantha Silvestri
sound design I Fidanzati della Morte
set design Kinga Kolaczko
foto Tommaso Girardi
creative developer Michele Cremaschi
tutor Marcello Cualbu e Anna Maria Monteverdi
con il supporto di MALTE, Sineglossa
un ringraziamento speciale a Bifo e Frank Precotto
Info e programma: https://www.residenzedigitali.it/https://www.residenzedigitali.it/
Residenze Digitali nasce da un’idea del Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt), in partenariato con l’Associazione Marchigiana Attività Teatrali AMAT, il Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto – Teatro Dimora│La Corte Ospitale), l’Associazione ZONA K di Milano, Fondazione Piemonte dal Vivo – Lavanderia a Vapore, C.U.R.A. – Centro Umbro Residenze Artistiche, il Centro di produzione di danza e arti performative Fuorimargine in Sardegna e l’Associazione Quarantasettezeroquattro (In\Visible Cities – Festival urbano multimediale) di Gorizia.