La mostra Liberare Arte da Artisti al Camec della Spezia è stata concepita come una vera rivoluzione d’archivio, nel senso che le opere tecnologiche e grafiche di Giacomo Verde presenti nelle tre sale al piano zero del Museo, sono state l’occasione anche per reinvenzioni d’autore, riproposte, riletture, nuove interpretazioni ad opera di un gruppo di artisti selezionati. Oltre ai nomi famosi di Massimo “Contrasto” Cittadini e Clemente Pestelli (aka Guido Segni) e di Gianfranco Martinelli, aggiungiamo quello del giovane Lorenzo Antei che ha davvero trovato la giusta chiave di lettura per rendere “contemporanea” un’opera video tra le più famose di Giacomo Verde, Fine fine millennio (1989) utilizzando intelligenza artificiale e algoritmi. Facendo un’opera intelligente e concettualmente vicina al grande artista video, che per età anagrafica, non ha conosciuto. La sua opera video generativa sull’esperienza della guerra in Ucraina nei social media si chiama (mi)rage – you’re in an empty place for 24 hours a day, 7 days a week ed è possibile vederla nello spazio “omaggi d’artista” al Camec. La sua presenza è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra il CAMeC e l’Accademia di Belle Arti di Carrara (Scuola di Nuove tecnologie dell’Arte diretta da Domenico Quaranta).
Qua l’intervista con Lorenzo Antei:
A.M.M. Qual è il tuo percorso formativo e artistico?
Lorenzo Antei: Ho 28 anni (classe 1994). Mi piacciono le definizioni di computer art e di digital art ma tendo ad evitare le etichette. Diciamo che vivo immerso nel digitale e mi ritrovo spesso ad avere a che fare con un qualche tipo di computer; computer artist potrebbe quindi essere considerato appropriato (ammesso che l’artista non sia il computer).
Attualmente sto concludendo la mia tesi per il corso di Nuove tecnologie per l’arte dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. Prima di intraprendere un percorso artistico frequentavo Economia e commercio presso l’Università degli studi di Pisa. Il cambiamento è avvenuto rapidamente ed intorno all’inizio 2017. Mi avvicinai alla fotografia digitale acquistando una piccola reflex e facendo reportage concertisti per la radio universitaria. Con le prime prestazioni professionali abbandonai l’ambiente universitario per dedicarmi a quello accademico. Si può dire che l’accademia mi abbia aiutato a “sdoganare” il mio interesse nei confronti dei digitale e dell’informatica in generale.
A.M.M. Quanto l’Accademia ti ha indirizzato sul profilo artistico e lavorativo e in generale quanto le accademie oggi sono in grado di formare realmente le professioni richieste?
Lorenzo Antei: Ritengo il mio percorso accademico piuttosto atipico. Sono entrato in Accademia con delle condizioni di partenza differenti rispetto ai miei colleghi. Lavoravo nel settore fotografico/audiovisivo da più di un anno e sentivo di avere le idee chiare. Oltre a ciò, sono cresciuto in un ambiente che favoriva la curiosità nei confronti della tecnologia. L’Accademia, oltre alla formazione artistica, mi ha aiutato a scardinare molti preconcetti. E’ stato però soprattutto un percorso di approfondimento e di esperienze individuali, forse minato un po’ anche dalle varie quarantene, a solidificare le mie conoscenze. Nel complesso, per quanto molti studenti concludono il loro percorso insoddisfatti, ritengo che la nostra Accademia fornisca le fondamenta necessarie ma non sufficienti per le professioni tanto ricercate.
A.M.M. Qual è il tuo approccio in una dimensione estetico/etica e culturale delle Nuove tecnologie dell’Arte data la caratteristica dei lavori di Giacomo Verde che è stato docente in Accademia?
Lorenzo Antei: Premetto che non ho avuto l’occasione di conoscere personalmente Giacomo Verde e che sono venuto a conoscenza della sua ricerca in modo lento e diluito durante il corso degli anni accademici grazie a docenti come Clemente Pestelli (aka Guido Segni), Massimo Cittadini (aka Massimo Contrasto) e Domenico Quaranta. Ritengo che l’aspetto estetico/etico della sua ricerca sia ancora presente nella nostra scuola ma sembra non ricercato da molti studenti. Io sono nato nel 1994 e sono cresciuto con i VHS, i floppy e la connessione 56k mentre invece i miei colleghi sono dei nativi digitali “puri”. Non voglio fare polemica nei confronti del digitale, ma forse è anche questo che ci spinge alla ricerca della pulizia e della perfezione del rappresentato a tutti i costi. Sicuramente l’innovazione tecnologica e lo sviluppo del digitale hanno portato una grande ondata di democratizzazione di molti medium, rendendo il digitale un unico grande contenitore alla portata di tutti, ma ha portato anche il paradosso dell’avere infiniti modi di esprimersi e di non riuscire a trovare qualcosa da dire.
Un altro aspetto che vedo emergere è costituito dall’aumento dell’opacità dalle interfacce tecnologie causato dall’inarrestabile miniaturizzazione tecnologica e dallo scarso interesse nei confronti dell’open source software. Forse da questo punto di vista, che ritengo sia culturale che etico, l’Accademia non fa abbastanza.
A.M.M. Affinità e divergenze tra Fine fine millennio e (mi)rage – you’re in an empty place for 24 hours a day, 7 days a week
(mi)rage – you’re in an empty place for 24 hours a day, 7 days a week è nata dalla comparsa delle clip dell’invasione Ucraina su TikTok. Il suo tema principale è la F.O.M.O. (fear of missing out), l’ansia delle esperienze mancate che sembra caratterizzare la nostra generazione. Nonostante questa prima divergenza, mi piace notare parecchie affinità con l’opera di Giacomo. Lo “sporco” di Fine fine millennio è qui costituito dai video-meme generati dai miliardi di utenti sul social network. In (mi)rage, immagini del fronte bellico, pillole culturali ed interpretazioni di benessere vengono estrapolate dal social e amalgamate in un flusso audiovisivo continuo, puntuale e casuale. Il flusso potrebbe, per certi versi, essere paragonato all’idea originale di montaggio diretto in macchina di Verde.
Manca in (mi)rage il détournement, se non può essere rappresentato dall’apofenia nel rumore di fondo sonoro e visivo risultante.
A.M.M. Una tua considerazione sulle potenzialità dei musei oggi anche in riferimento al dilagare dei progetti tecnologici, immersivi, “esperienziali”.
Lorenzo Antei: Forse l’Italia, complice della sua preziosa eredità artistica, è condannata al suo settembre eterno. Come ci fece notare il Prof. Chini in una lezione, il museo è forse l’unica macchina del tempo che siamo riusciti a costruire e deve essere in grado di viaggiare in ogni epoca. E per quanto la pandemia, nel bene e nel male, abbia fatto (un po’ di) scuola, c’è ancora tanta strada da percorrere…