Alla mostra LIBERARE ARTE DA ARTISTI al CAMeC della Spezia sono state aggiunte due fotografie di Massimo Vitali e un testo critico della curatrice e studiosa Noemi Pittaluga. Il testo commenta in forma di diascalia 4 fotografie di Vitali che raccontano gli spazi di vita e di arte di Giacomo Verde a cui la mostra è dedicata. Riportiamo su concessione dell’autrice, il testo critico che commenta le fotografie:
“In seguito alla prematura scomparsa di Giacomo Verde, Massimo Vitali, fotografo famoso a livello internazionale soprattutto per la sua Beach series (inaugurata nel 1994), ha deciso di immortalare lo studio dell’amico artista. Le fotografie scattate sono un’importante testimonianza di come fosse organizzato lo spazio e l’archivio di Giacomo Verde presso la sua abitazione a Lucca e di come fossero catalogati i disegni in faldoni e le videocassette dei progetti video in una libreria. Osservando queste immagini, che inquadrano anche la biblioteca di Verde e oggetti ludici come una motocicletta giocattolo, lo spettatore è in grado di ricostruire l’ambiente creativo nel quale l’autore dava vita a nuove opere, spesso contraddistinte da un carattere giocoso e ironico. Queste fotografie, sebbene lontane per soggetto dal consueto lavoro di Vitali (principalmente interessato a indagare i comportamenti e le relazioni umane nei luoghi di svago – soprattutto spiagge), trattengono nell’impostazione visiva l’imprinting estetica del fotografo. La capacità di cogliere i dettagli, presenti nella stanza a partire dai quadri esplosi (lavori nati da una performance in cui digitando un numero di telefono venivano scoppiati dei palloncini di colore) o dal disegno appoggiato sulla scrivania relativo all’invenzione dei video-totem, rimanda all’abilità dell’autore di inquadrare i particolari che lo circondano e di ricreare attraverso lo scatto un microcosmo, racchiuso nel perimetro della fotografia.
Abituato a riprendere gruppi di persone e a mettere al centro della sua ricerca l’essere umano, nell’osservare queste fotografie non stupisce avvertire la presenza, seppur non corporea, di Verde e del suo pensiero intellettuale. Particolarmente evocativa della sua formazione teatrale è la spiga di grano sulla scrivania, che rimanda alla tradizione dei maggianti alla quale l’autore era profondamente legato per la sua esperienza di teatro di strada, e la fotografia, collocata vicino al computer, che lo ritrae come narratore dello spettacolo Lunga vita all’albero, realizzato con il Teatro delle Albe per il Festival di Santarcangelo. Massimo Vitali coglie con un solo colpo d’occhio, inquadrando l’elemento tecnologico a fianco a ricordi legati alla prima fase creativa dell’artista, il percorso poetico di Verde sottolineando quanto nella produzione video fosse viva l’esperienza teatrale. Lo spazio abitato, qui ricreato metaforicamente con queste grandi stampe che circondano il fruitore, per anni ha custodito e protetto il lavoro dell’artista, oggi oggetto di studio e di una catalogazione sistematica che prevede la digitalizzazione delle opere registrate in formati ormai in disuso (da tenere comunque sempre in considerazione perché le custodie spesso presentano disegni da esaminare come parte integrante dei video).
Con queste fotografie Massimo Vitali ci offre lo spunto per ragionare sull’importanza di archiviare i patrimoni artistici e pone la questione su come questo possa avvenire nel rispetto delle volontà degli autori e quali debbano essere le metodologie da adottare. Non è un caso, infatti, che lo stesso fotografo nell’ultimo periodo abbia intrapreso un progetto di digitalizzazione e archiviazione online di tutti i lavori realizzati negli ultimi trent’anni offrendo in futuro, a chi fosse interessato, la possibilità di visionare l’intero corpus artistico prodotto. Vitali omaggia Giacomo Verde e il suo percorso creativo dal carattere eclettico condividendo attraverso queste fotografie l’interesse per la costruzione dell’immagine (al di là del linguaggio specifico), per la sua creazione e struttura e soprattutto per la sua capacità di veicolare in maniera stratificata diversi messaggi al fruitore.
Significativa è la presenza in queste fotografie dell’autoritratto, nato dal progetto Spara allo Zombie. Artist=Zombie, che attraverso il titolo pungente, sottolinea come la poetica di un artista sia immune dalla morte fisica. Secondo la legge del “buon vicinato”, introdotta da Aby Warburg, possiamo osservare in questi scatti come il background culturale di Verde abbia infranto le rigide barriere tra le diverse discipline permettendo allo spettatore di rintracciare le connessioni del suo pensiero creativo che, insieme con le opere, sono la sua eredità immortale e preziosa.
Noemi Pittaluga